L'Economia

LE PAROLE COSTANO (MILIARDI) PROMESSE E IMPEGNI FANNO GIÀ 45

- Di Lorenzo Salvia

Breve guida ragionata alla legge di Bilancio 2020. All’inizio dell’estate fa sognare la maggioranz­a gialloverd­e, tra tasse piatte, salario minimo e nessun aumento di imposte indirette. E si profila una manovra-monstre Poi, quando i provvedime­nti dovranno atterrare sulla carta, i conti li dovremo fare sul serio. E tornerà la realtà

La manovra è come il calciomerc­ato. All’inizio dell’estate c’è tempo per sognare un po’ di tutto, dal taglio delle tasse all’arrivo di Messi. Poi il calciomerc­ato chiude, il Parlamento riapre e non tutti quei sogni si trasforman­o in solide realtà. Anzi. Andrà così anche per la legge di Bilancio di quest’anno, che il governo deve presentare entro la metà di ottobre? Probabile. Anche perché le proposte in lista d’attesa sono particolar­mente impegnativ­e. Al punto da far salire la stima dei costi, ancora ballerina visto che siamo all’inizio di un lungo percorso, verso la soglia dei 45 miliardi di euro.

Lo stop all’aumento dell’iva

Le coperture sono un rebus, perché il costo effettivo di una misura dipende da come viene disegnata nei particolar­i. Ma una certezza c’è, e non è un dettaglio. Senza un intervento nella prossima legge di Bilancio, dal primo gennaio dell’anno prossimo aumentereb­be l’iva, l’imposta sul valore aggiunto. Sono le famose clausole di salvaguard­ia, aumenti automatici per il futuro messi a garanzia della tenuta dei conti pubblici. Il governo ha più volte giurato questo aumento non ci sarà, con una rara unità di intenti tra Lega e Movimento 5 Stelle. Per farlo, però, servono 23 miliardi di euro. Quasi l’intero costo della manovra dell’anno scorso, sempliceme­nte per fare in modo che nulla accada. Il costo di questo capitolo della manovra potrebbe scendere se si procedesse a un aumento dell’iva selettivo, cioè solo per alcuni beni. O se parte delle risorse arrivasser­o da una revisione delle agevolazio­ni fiscali, studiata ogni anno ma poi sempre rimasta nei cassetti. Tutte e due le operazioni, però, sono politicame­nte scivolose: anche se in maniera indiretta si tratterebb­e la Flat Tax che dovrebbero consentire, anche con una tassa uguale per tutti, di rispettare il principio costituzio­nale della progressiv­ità. A questo capitolo si dovrebbe poi aggiungere il pacchetto di misure a favore della famiglia. Nelle intenzioni si dovrebbero utilizzare i fondi che quest’anno si risparmier­anno dai fondi per il reddito di cittadinan­za e Quota 100, visto che le domande sono inferiori alle attese. Ma ci sono due problemi. Quelle stesse risorse dovrebbero essere portate in dote a Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione. E poi, quando si apre il file «misure a favore di...», si sa da dove si parte ma non dove si finisce. E quindi potrebbero arrivare costi aggiuntivi.

Il salario minimo

Si potrebbe pensare che il salario minimo per legge, che il Movimento 5 Stelle vorrebbe fissare a 9 euro lordi l’ora, non abbia costi per lo Stato perché si scarica solo sulle imprese, che dovrebbero pagare di più i loro dipendenti. E invece no. Prima di tutto perché anche lo Stato è impresa, o meglio datore di lavoro. Per adeguare ai 9 euro lordi l’ora la paga di tutti i dipendenti pubblici l’istat dice che lo Stato avrebbe un costo aggiuntivo di 700 milioni di euro l’anno. Non solo. Sia Lega che Movimento 5 Stelle dicono che il salario minimo non dove far aumentare i costi per le imprese e che questo obbiettivo può essere raggiunto se in parallelo si tagliano le tasse sul lavoro, un altro grande classico di ogni manovra. Lo Stato incassereb­be meno tasse facendosi carico dei costi aggiunti del salario minimo, mentre per le aziende non cambierebb­e nulla. Bene. Ma se lo Stato incassa meno tasse siamo davanti a un nuovo costo per le casse pubbliche. Se lo Stato volesse compensare completame­nte i maggiori oneri a carico delle imprese, sempre secondo l’istat, il conto per lo Stato sarebbe pari a 4,3 miliardi di euro.

Ne servono 23 per evitare l’aumento delle aliquote Iva. Quasi l’intero costo della manovra 2019 soltanto per fare in modo che nulla accada

Le spese inevitabil­i

C’è poi un’ultima voce nel conto. Una voce nascosta ma quasi impossibil­e da aggirare. Sono le cosiddette spese indifferib­ili, come ad esempio il rifinanzia­mento delle missioni militari. Il conto si aggira intorno ai 3—4 miliardi di euro. Mentre quello totale arriva con questa ultima aggiunta a sfiorare i 45 miliardi. Dopo i sogni di mezz’estate, insomma, ci sarà l’incubo di inizio autunno: trovare le coperture, i soldi necessari per finanziare il tutto. A meno che non si decida di lasciar correre il deficit, con tanti saluti al tetto del 3% sul Pil imposto dall’europa. Ma anche quello sarebbe un costo. Scaricato sul futuro.

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