Se il gioco di squadra può salvarci
La crisi economica e finanziaria europea scoppiò nel 2009. I leader nazionali reagirono con lentezza e solo nel 2012 arrivarono misure incisive per scongiurare la fine dell’euro. Con tali misure —di natura spiccatamente restrittiva — venne però anche la grande recessione e, con essa, una diffusa crisi sociale: disoccupazione e povertà crescente, soprattutto fra i più giovani, e graduale impoverimento del ceto medio. L’euroscetticismo e la nascita dei partiti populisti sono anche legati al peggioramento della situazione socio-economica degli elettori.
Già nel 2014 era evidente che la Ue dovesse assumere più responsabilità in campo sociale. Come segnala l’analisi di Euvisions, anche su questo versante si sono registrati ritardi e debolezza propositiva. Non possiamo dunque che
rallegrarci del fatto che i partiti europei siano diventati oggi più attenti e coraggiosi sui temi sociali. Su queste colonne negli ultimi mesi abbiamo illustrato l’urgenza di istituire una vera e propria Unione sociale europea accanto all’unione economica e monetaria. I Verdi hanno menzionato questo obiettivo nel loro ambizioso programma. Speriamo che questo gruppo entri nella maggioranza parlamentare che si sta formando in queste settimane.
I partiti al governo nel nostro paese sono fuori dai giochi. Recenti affermazioni del Presidente del Consiglio Conte indicano tuttavia che il nostro governo sarebbe favorevole a un rafforzamento della dimensione sociale. E’ un segnale positivo non solo per la sostanza, ma anche sul piano politico. Potrebbe fornire risorse preziose in seno al Consiglio, che resta l’istituzione chiave della Ue. Siccome anche il PD e (in misura minore( Forza Italia) si sono espressi a favore di una Europa più attenta al welfare, c’è da augurarsi che su questo fronte si possa fare gioco di squadra. Un’alleanza con le formazioni e i governi sovranisti non porterebbe infatti da nessuna parte.