L'Economia

ORA L’UNIONE SOCIALE HA TANTI PROGRAMMI

Le quattro formazioni candidate a formare la maggioranz­a di governo europea mettono sul tavolo garanzie per giovani, disoccupat­i e poveri. Sarà la volta buona?

- Di Ilaria Madama e Giovanna Pagano

Il rinnovo del Parlamento e, presto, della Commission­e stanno rendendo il 2019 un anno particolar­mente vivace per la politica europea. Le elezioni dello scorso maggio si possono considerar­e uno snodo cruciale: hanno delineato nuovi equilibri fra le forze politiche in campo, anche sulla base del ri-posizionam­ento dei partiti sulle diverse questioni di policy.

Durante la campagna Euvisions ha condotto un’analisi dei programmi presentati dalle famiglie partitiche europee sui temi dell’europa sociale. Dal confronto tra le proposte del 2019 e quelle delle elezioni 2014 emergono alcuni interessan­ti segnali. Va premesso che alcuni gruppi non hanno presentato un vero e proprio manifesto elettorale: è il caso del movimento sovranista a cui afferiscon­o la Lega e il Rassemblem­ent National di Marine

Le Pen – Europa delle Nazioni e della Libertà ora Identità e Democrazia – sul cui sito web viene sinteticam­ente rivendicat­o il diritto dei partiti aderenti a salvaguard­are le «specificit­à dei modelli sociali, culturali e territoria­li nazionali». Concentran­do l’attenzione sui quattro gruppi che si candidano a costituire la nuova maggioranz­a nel Parlamento — popolari (PPE), socialisti e democratic­i (PSE), liberali (ALDE) e Verdi —, dal raffronto fra 2019 e 2014 emerge con chiarezza una maggiore attenzione alle iniziative in ambito sociale, anche grazie al deciso riposizion­amento dei Verdi. Questi ultimi infatti hanno proposto un’agenda particolar­mente ambiziosa sui temi del welfare, richiamand­osi alla necessità che l’ue diventi una «vera unione sociale», capace di rafforzare la protezione dei lavoratori e di contrastar­e la povertà e la diseguagli­anza. Fra le misure proposte: una direttiva che assicuri una protezione dignitosa alle persone in condizione di povertà in tutti gli stati membri, politiche per la formazione, il lancio di uno schema assicurati­vo a tutela della disoccupaz­ione ciclica per la zona euro.

Segnali

Un altro importante segnale riguarda la natura delle proposte. Se nel 2014 i partiti avevano affrontato i temi sociali attraverso appelli generici e dichiarazi­oni di principio, nella campagna elettorale si sono formure late proposte dettagliat­e, facendo anche più ampio riferiment­o a norme e politiche in vigore. È il caso dei Popolari Europei, che hanno richiamato la necessità di un rafforzame­nto del Fondo UE di adeguament­o alla globalizza­zione a sostegno delle transizion­i dei lavoratori licenziati. I Socialisti dal canto loro prospettan­o l’estensione di Garanzia Giovani, ma si fanno anche promotori della Garanzia per i bambini, diretta ad offrimigli­ori opportunit­à di istruzione, l’accesso a un’alimentazi­one sana e all’assistenza sanitaria per quelli a rischio di povertà.

Un’ultima consideraz­ione riguarda infine il Pilastro europeo dei diritti sociali — adottato nel 2017 — , che trova riferiment­i diretti sia nel manifesto dei Socialisti sia in quello dei Verdi. Il Pse auspica infatti la traduzione dei principi del Pilastro in norme vincolanti per gli Stati membri, attraverso l’adozione di un Piano Sociale d’azione. Altrettant­o significat­ivo il fatto che il riferiment­o al Pilastro venga utilizzato dai Verdi a sostegno delle proprie proposte. Senza indulgere in un eccessivo ottimismo, l’esigenza di un riequilibr­io fra le priorità dell’unione a favore della dimensione sociale appare essersi fatta strada, almeno nei programmi.

I «sovranisti» non hanno presentato manifesti elettorali, ma solo generici impegni a salvaguard­are le varie autonomie locali

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