Piastrelle star globali Ora il formato 4.0
La terra della ceramica (7 miliardi di fatturato) sfida la concorrenza cinese con 500 milioni di investimenti
Oltre il 91% della produzione nazionale di ceramica si concentra in Emilia-romagna. Da Sassuolo a Faenza, la vocazione di questa terra per la lavorazione di vasi, piastrelle e manufatti è centenaria. E traina un settore che in tutto il Paese ha investito, nel 2018, oltre 500 milioni di euro in innovazione tecnologica, più di due miliardi nel corso dell’ultimo quinquennio.
Sono i numeri che ha dato Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramica, durante l’ultima assemblea, che si è tenuta proprio a Sassuolo e durante la quale è stata anche annunciata l’incorporazione di Andil, l’associazione che riunisce i produttori italiani di laterizi. «Sono investimenti importanti, destinati principalmente a trasformare le nostre fabbriche in un’ottica di Industria 4.0, e a sviluppare le più innovative tipologie di prodotto, come ad esempio le grandi lastre in ceramica». La digitalizzazione aiuta anche a creare ambienti di lavoro «adatti ai giovani di ogceramica,
gi, sempre più preparati e in grado di gestire sistemi computerizzati con tecnologie digitali», ha detto ancora Savorani.
Le sfide
L’assemblea è stata anche l’occasione per presentare i dati relativi al 2018 dei diversi comparti (ceramica, porcellana, sanitari, laterizi). Alcuni indicatori registrano qualche flessione rispetto all’anno precedente, dalla produzione alle vendite, ma in compenso aumentano gli addetti. Nessun allarme, secondo Savorani. «I dati del primo trimestre del 2019 già manifestano una tendenza al recupero. Fondamentale anche quest’anno è l’export, vero elemento trainante del settore, che assorbe l’85% della produzione made in Italy — nota il presidente —. I mercati più ricettivi si riconfermano Europa e Nord America».
Le 228 industrie di piastrelle, ceramica sanitaria, stoviglie e materiali refrattari attive in Italia e all’estero, che occupano oltre 28 mila addetti, hanno fatturato nel 2018 più di sette miliardi di euro complessivi. Di queste, 137 sono quelle che producono solo piastrelle in che impiegano circa ventimila mila addetti (+0,9%, 177 in più rispetto all’anno precedente). Nel corso del 2018 hanno prodotto 415 milioni di metri quadrati (-1%), tali da consentire vendite per 410 milioni di metri quadrati. In flessione i volumi esportati, ora pari a 327 milioni di metri quadrati. Il fatturato totale delle aziende ceramiche che producono in Italia raggiunge così i 5,4 miliardi di euro, derivante per 4,5 miliardi dalle esportazioni e da 834 milioni di euro in Italia.
Sul fronte dell’internazionalizzazione, sono invece 16 le società di diritto estero, controllate da nove gruppi ceramici italiani, che nel 2018 hanno occupato 3.151 addetti in fabbriche estere e che hanno prodotto 86 milioni di metri quadrati di piastrelle. Le vendite totali hanno generato un fatturato di 858 milioni di euro (-0,4%), frutto di vendite per 483 milioni di euro. «Per ridare slancio al settore, sarà indispensabile difendere la qualità del nostro Made in Italy dalle politiche aggressive dei competitor cinesi, responsabili di uno spietato dumping, dal quale ci hanno protetto di dazi stabiliti in sede europea», continua Savorani.
Secondo il presidente, le opportunità date dalle misure di Industria 4.0, colte appieno dalle aziende del settore, il recupero di competitività attraverso tecnologie più evolute, l’ammodernamento degli stabilimenti e delle linee produttive, e la conseguente fiducia sulle prospettive del settore hanno dato i loro frutti. Ora, «è sul fronte della persistente crisi dell’edilizia e all’incertezza sui mercati che bisogna intervenire», dice Savorani. Ecco perché Confindustria Ceramiche auspica in tempi breve un intervento legislativo, «una legge sull’adeguamento antisismico — conclude il presidente — che farebbe ripartire il settore e darebbe nuovo slancio alla produzione di piatti, porcellane, piastrelle, pavimenti e stoviglie italiane». Dall’emilia Romagna e verso il mondo.