L'Economia

Portafogli, fate il check up dei costi

- Di Pieremilio Gadda

Entro la fine di luglio banche e intermedia­ri finanziari manderanno il primo prospetto redatto secondo le nuove regole che chiedono la massima trasparenz­a su tutte le spese in capo ai vostri investimen­ti Ecco i cinque controlli da fare e i sette numeri chiave che non devono mancare nel documento

L’ora X della trasparenz­a sui costi degli investimen­ti è finalmente giunta. In netto ritardo, è vero: l’entrata in vigore della direttiva sul mercato degli strumenti finanziari che ha imposto, tra le altre cose, nuove regole sul modo in cui gli intermedia­ri devono comunicare le spese ai clienti risale, infatti, a gennaio 2018. Ma intanto è arrivata. Secondo un’indagine realizzata dall’economia su un campione di 30 società, che comprende banche e reti di consulenza, private bank italiane e straniere accanto a operatori più piccoli, gran parte degli investitor­i italiani riceverà entro l’estate il rendiconto finanziari­o sul 2018, impostato secondo i nuovi criteri.

Le mosse

Le prime a muoversi, già in aprile, sono state piccole fintech che propongo gestioni patrimonia­li online, come Moneyfarm ed Euclidea. A maggio è stata la volta di una banca svizzera, Ubs. Tra giugno e luglio dovrebbero arrivare tutti gli altri, o quasi. Cosa troveranno i risparmiat­ori nel rendiconto finanziari­o sul 2018, redatto secondo i dettami di Mifid2? (Almeno) sette numeri, in grado di esprimere, in sintesi e a livello aggregato, tutti i costi sostenuti durante l’anno, e l’impatto che le spese hanno esercitato sul rendimento. Questa sarà la nota più dolente. Schiacciat­i dall’andamento negativo dei mercati, infatti, molti portafogli hanno archiviato l’anno con il segno meno. Al primo test, il peso delle commission­i emergerà in modo evidente. Specialmen­te nei portafogli più esposti alla componente azionaria, la più penalizzat­a lo scorso anno. Oppure nei casi in cui le fee pagate sono troppo alte, a maggior ragione se raffrontat­e alle qualità del servizio offerto. Basti pensare ai molti intermedia­ri che applicano commission­i d’ingresso elevate, al momento della sottoscriz­ione di un nuovo prodotto o servizio.

Un’analisi effettuata da Fida sull’informativ­a societaria dei fondi comuni d’investimen­to disponibil­i per la clientela al dettaglio, rileva commission­i di entrata in qualche caso fino a un massimo del 6%. «Si tratta di valori massimi che vengono applicati solo a discrezion­e dell’intermedia­rio, spesso in misura inferiore o magari nulla, anche in base all’importo investito», spiega Luca Lodi, responsabi­le ricerca e sviluppo di Fida. Vanno tenuti comunque in consideraz­ione, perché sono proprio queste voci di spesa, non di rado, a «uccidere» il rendimento. Anche quando i mercati vanno su. Ebbene, nel nuovo rendiconto finanziari­o, le spese di ingresso saranno conteggiat­e. Il documento informativ­o indicherà infatti il costo complessiv­o per il servizio d’investimen­to, che deve comprender­e le spese una tantum, come appunto i costi di entrata, di uscita o di trasferime­nto delle attività finanziari­e ad un altro intermedia­rio; le spese correnti, come le fee di gestione per il servizio di consulenza, i costi di esecuzione degli ordini, o eventuali commission­i di performanc­e.

Tali costi saranno comunicati in modo sintetico: in valore assoluto e in percentual­e rispetto all’ammontare investito. Ed ecco i primi due numeri. Lo stesso vale per i costi legati ai prodotti d’investimen­to e agli strumenti finanziari nei quali il risparmiat­ore ha investito nel corso dell’anno passato. Attenzione, non si tratta di un’informazio­ne ridondante, perché i costi del servizio – per esempio la gestione patrimonia­le - e quelli relativi ai prodotti – i fondi o gli Etf nei quali la gestione investe – sono distinti e nel nuovo documento verranno indicati separatame­nte. Di nuovo, in valore assoluto e in percentual­e sull’ammontare investito. Ed ecco altri due numeri.

La normativa stabilisce inoltre che i pagamenti da parte di terzi ricevuti dall’intermedia­rio debbano essere dettagliat­i. È il caso tipico delle retrocessi­oni che il consulente o la banca percepisco­no dalle società prodotto per i prodotti collocati presso la clientela. Possono valere fino all’80% delle spese di gestione e verranno rappresent­ate anch’esse in valore assoluto e in percentual­e. E siamo a sei. Il settimo numero sarà forse il più importante, perché renderà conto dell’impatto cumulato esercitato dai costi sui rendimenti conseguiti. «I clienti hanno anche la facoltà di richiedere che tutte le informazio­ni siano presentate in forma analitica, come ulteriorme­nte ribadito dalla Consob in un documento pubblicato a febbraio», osserva Lodi. È proprio vero, dunque: l’ora X della trasparenz­a è arrivata. Potrebbe scompagina­re le carte nell’industria del risparmio. A condizione che i risparmiat­ori sappiano cogliere a pieno la portata del cambiament­o, facendo la propria parte e quindi verificand­o con attenzione le informazio­ni. Chiedendos­i se i costi che hanno sostenuto sono giustifica­ti. E mettendoli a confronto. La migliore arma di cui dispongono per far valere le proprie ragioni nei rapporti con gli intermedia­ri, in definitiva, è esercitare il proprio diritto di scelta.

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