PERCHÉ A VOLTE CONVIENE INVESTIRE SUI BOND CON I TASSI SOTTO ZERO
Investire in bund e altre emissioni «blasonate» brevi e con un segno meno davanti può avere vantaggi fiscali Ma anche un costo opportunità programmato in anticipo, da valutare in caso di grande incertezza sui mercati
Più motivi concorrono a sostenere una scelta operativa che potrebbe apparire contraddittoria. Perché si tratta di immettere in portafoglio strumenti obbligazionari dai quali si otterrà certamente un rendimento negativo. «Incappare» in minusvalenze, investendo in titoli obbligazionari o in titoli azionari, non piace, ma accade. Soprattutto nelle fasi di panico, quando le quotazioni dei titoli scendono in misura rilevante. E, proprio per via della paura, una grossa fetta di risparmiatori vende, magari subendo perdite in conto capitale. Ma l’opzione minusvalenza può anche essere invece una strategia ragionata. Vediamo perché. Orientarsi verso uno dei titoli riportati in tabella, sia di emittenti governativi, sia di emittenti definiti sovranazionali, consente, in primo luogo, di far sì che il loro valore nominale non concorra a costituire base imponibile soggetta ad imposta di successione. I ministeri dei Tesoro dell’eurozona, come la Banca europea per gli investimenti, Bei, o la Banca mondiale, Birs, che comprende la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e l’agenzia internazionale per lo sviluppo, sono destinatarie, assieme ad altri enti, di questa non trascurabile esenzione, in fase di apertura di testamenti.
L’alternativa conto
Ma perché investire in strumenti che producono una minusvalenza, quando si possono lasciare depositati nei conti correnti bancari? Un popolo di risparmiatori, com’è ancora quello italiano, dispone molto spesso di somme ingenti nei conti correnti. Per quanto sia ben nota ai risparmiatori la presenza del Fondo interbancario di tutela dei depositi, è opportuno ricordare che superare la soglia dei 100 mila euro a testa all’interno di un conto corrente espone al rischio di vedersi decurtato il capitale, nel caso la banca presso cui il rapporto di conto corrente è attivo dovesse avere problemi seri. Si potrebbe ancora ricordare che il bollo trimestrale sui depositi è assai più costoso rispetto a quello applicato sul contante. Ma, in fasi di incertezza, mettere in sicurezza una parte del capitale risparmiato vale ben più di una tassazione applicata al deposito titoli. Sicurezza e tranquillità: due aspetti legati all’emotività dell’investitore italiano che già da molti anni convive con situazioni di incertezza tutt’altro che trascurabili legate alla dinamica del debito pubblico.
Tranquillità che può derivare, anche se può apparire paradossale, dall’investire in titoli dai quali ricavare una minusvalenza certa. Non soggetta quindi a possibili incrementi della perdita stessa, salvo che, per cause di forza maggiore, si dovessero cedere anzitempo a mercato i titoli immessi in portafoglio.
Come si rileva chiaramente dalla tabella, infatti, la durata massima dei titoli che la compongono è di circa quindici mesi, arco temporale particolarmente contenuto.
La distanza
L’ultimo aspetto, interessante al pari degli altri, è la differenza negativa che intercorre tra i prezzi di mercato riportati in tabella e il valore di rimborso a scadenza, fissato al valore nominale, 100. La minusvalenza che si patirà sarà utilizzabile per i quattro anni successivi, fino a tutto il 2024, poiché le emissioni riportate verranno tutte rimborsate entro il 2020. Esse potranno essere portate a riduzione delle eventuali plusvalenze che si dovessero realizzare nel corso dei quattro anni ricordati, sia che il guadagno abbia luogo per operazioni effettuare nel comparto obbligazionario, sia in quello azionario.
Un esempio. Il calcolo più semplice riguarda l’acquisto del titolo emesso dal Tesoro tedesco. La perdita massima è di 425 euro, nel caso di un investimento di 50 mila euro di valore nominale: 50.000 per 100,85/100=50.425. A questo importo andranno aggiunti poco più di 100 euro, dovuti all’applicazione dei bolli sul deposito titoli. Unico neo, ma che si concretizzerà in un addebito non rilevante, è la tassazione pari al 12,50% della differenza tra prezzo di emissione e il valore di rimborso, 100, che caratterizza tutti i titoli ad eccezione dell’emissione tedesca e della Banca Mondiale. Non va poi sottovalutato che le commissioni applicate dagli intermediari bancari sono dovute in ogni caso, se il rendimento è pari a zero o negativo. Gli unici esentati in caso di segno meno sono i Bot.
Puntare 50 mila euro su un titolo della Germania che scade entro il 2020 può costare circa 500 euro. I pro e i contro dell’operazione «tranquillità»