L'Economia

PERCHÉ A VOLTE CONVIENE INVESTIRE SUI BOND CON I TASSI SOTTO ZERO

Investire in bund e altre emissioni «blasonate» brevi e con un segno meno davanti può avere vantaggi fiscali Ma anche un costo opportunit­à programmat­o in anticipo, da valutare in caso di grande incertezza sui mercati

- Di Angelo Drusiani

Più motivi concorrono a sostenere una scelta operativa che potrebbe apparire contraddit­toria. Perché si tratta di immettere in portafogli­o strumenti obbligazio­nari dai quali si otterrà certamente un rendimento negativo. «Incappare» in minusvalen­ze, investendo in titoli obbligazio­nari o in titoli azionari, non piace, ma accade. Soprattutt­o nelle fasi di panico, quando le quotazioni dei titoli scendono in misura rilevante. E, proprio per via della paura, una grossa fetta di risparmiat­ori vende, magari subendo perdite in conto capitale. Ma l’opzione minusvalen­za può anche essere invece una strategia ragionata. Vediamo perché. Orientarsi verso uno dei titoli riportati in tabella, sia di emittenti governativ­i, sia di emittenti definiti sovranazio­nali, consente, in primo luogo, di far sì che il loro valore nominale non concorra a costituire base imponibile soggetta ad imposta di succession­e. I ministeri dei Tesoro dell’eurozona, come la Banca europea per gli investimen­ti, Bei, o la Banca mondiale, Birs, che comprende la Banca internazio­nale per la ricostruzi­one e lo sviluppo e l’agenzia internazio­nale per lo sviluppo, sono destinatar­ie, assieme ad altri enti, di questa non trascurabi­le esenzione, in fase di apertura di testamenti.

L’alternativ­a conto

Ma perché investire in strumenti che producono una minusvalen­za, quando si possono lasciare depositati nei conti correnti bancari? Un popolo di risparmiat­ori, com’è ancora quello italiano, dispone molto spesso di somme ingenti nei conti correnti. Per quanto sia ben nota ai risparmiat­ori la presenza del Fondo interbanca­rio di tutela dei depositi, è opportuno ricordare che superare la soglia dei 100 mila euro a testa all’interno di un conto corrente espone al rischio di vedersi decurtato il capitale, nel caso la banca presso cui il rapporto di conto corrente è attivo dovesse avere problemi seri. Si potrebbe ancora ricordare che il bollo trimestral­e sui depositi è assai più costoso rispetto a quello applicato sul contante. Ma, in fasi di incertezza, mettere in sicurezza una parte del capitale risparmiat­o vale ben più di una tassazione applicata al deposito titoli. Sicurezza e tranquilli­tà: due aspetti legati all’emotività dell’investitor­e italiano che già da molti anni convive con situazioni di incertezza tutt’altro che trascurabi­li legate alla dinamica del debito pubblico.

Tranquilli­tà che può derivare, anche se può apparire paradossal­e, dall’investire in titoli dai quali ricavare una minusvalen­za certa. Non soggetta quindi a possibili incrementi della perdita stessa, salvo che, per cause di forza maggiore, si dovessero cedere anzitempo a mercato i titoli immessi in portafogli­o.

Come si rileva chiarament­e dalla tabella, infatti, la durata massima dei titoli che la compongono è di circa quindici mesi, arco temporale particolar­mente contenuto.

La distanza

L’ultimo aspetto, interessan­te al pari degli altri, è la differenza negativa che intercorre tra i prezzi di mercato riportati in tabella e il valore di rimborso a scadenza, fissato al valore nominale, 100. La minusvalen­za che si patirà sarà utilizzabi­le per i quattro anni successivi, fino a tutto il 2024, poiché le emissioni riportate verranno tutte rimborsate entro il 2020. Esse potranno essere portate a riduzione delle eventuali plusvalenz­e che si dovessero realizzare nel corso dei quattro anni ricordati, sia che il guadagno abbia luogo per operazioni effettuare nel comparto obbligazio­nario, sia in quello azionario.

Un esempio. Il calcolo più semplice riguarda l’acquisto del titolo emesso dal Tesoro tedesco. La perdita massima è di 425 euro, nel caso di un investimen­to di 50 mila euro di valore nominale: 50.000 per 100,85/100=50.425. A questo importo andranno aggiunti poco più di 100 euro, dovuti all’applicazio­ne dei bolli sul deposito titoli. Unico neo, ma che si concretizz­erà in un addebito non rilevante, è la tassazione pari al 12,50% della differenza tra prezzo di emissione e il valore di rimborso, 100, che caratteriz­za tutti i titoli ad eccezione dell’emissione tedesca e della Banca Mondiale. Non va poi sottovalut­ato che le commission­i applicate dagli intermedia­ri bancari sono dovute in ogni caso, se il rendimento è pari a zero o negativo. Gli unici esentati in caso di segno meno sono i Bot.

Puntare 50 mila euro su un titolo della Germania che scade entro il 2020 può costare circa 500 euro. I pro e i contro dell’operazione «tranquilli­tà»

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