Grandi opere al palo? Questione di soldi
Lo Sbloccacantieri deve far ripartire i lavori, ma le cause dello stallo sono spesso finanziarie E non si sa che cosa sia strategico. Tav in testa
Quale sarà l’efficacia dello Sbloccacantieri sulle tantissime opere rimaste ferme così a lungo? La domanda è lecita, visto che la pressione esercitata sul governo e il Parlamento affinché il decreto fosse convertito senza indugi al fine di accelerare i lavori, è stata fortissima. Ci sono due filoni operativi lungo i quali si muove la nuova normativa: il primo è quello delle grandi opetranviarie
re, rispetto alle quali il legislatore, allo scopo di superare alcuni ostacoli spesso di natura politico-amministrativa, si è orientato all’utilizzo del vecchio strumento del commissariamento, variamente modificato. L’altro filone è quello delle opere ordinarie, per le quali il Codice ridisegna una cornice normativa che dovrebbe semplificarne l’iter.
Occorre sgombrare il campo da un equivoco: non è vero che la maggioranza delle cause di blocco delle opere pubbliche sia addebitabile a eventi che si realizzano prima dell’apertura dei cantieri, e che perciò non potranno essere risolte dalla nuova normativa, sempre che questa ne abbia le capacità. O almeno non è vero per le opere medio-piccole.
L’indagine
Un’analisi più approfondita condotta dall’ance (Associazione nazionale dei costruttori) sulle 70 opere di maggiori dimensioni estratte dall’elenco delle 630 che l’osservatorio ha censito come bloccate, ha individuato nelle regole del mercato degli appalti la causa che per ben il 42% dei casi le tiene ferme. A questo risultato l’associazione è giunta verificando che a molte delle 70 opere contenute nell’elenco, e finora conteggiate come un unico cantiere, in effetti ne corrispondevano molti di più. È il caso, per fare qualche esempio, del «potenziamento delle linee lombarde» oppure dell’«adeguamento sismico delle scuole del Friuli».
In tutto perciò i cantieri analizzati dall’ance arrivano a essere circa 230. Molti di questi, come dicevamo, sono medio-piccoli. Ebbene, proprio questa tipologia sembra essere stato maggiormente penalizzata dalle regole farraginose del vecchio Codice degli appalti, alcune delle quali sono state rimosse.
Quanto alle altre cause individuate dall’ance, per il 43% dei cantieri sono di tipo finanziario; per il 33% sono procedurali-amministrative. Seguono, con una percentuale limitata al 6%, le decisioni politico-amministrative in fase di gara e per il 3% quelle in corso di esecuzione. Solo il 2% dei cantieri ha problemi legati alla concessione o al contenzioso in fase di gara. Infine l’1% si ferma per problemi finanziari dell’impresa esecutrice o per carenze tecnicoprogettuali (varianti) e contenziosi. Rispetto al totale delle opere analizzate, circa i due terzi presenta una criticità principale che ne ha determinato il ritardo. Per l’altro terzo, le cause principali sono almeno due. Resta da capire se lo Sbloccacantieri sarà in grado di sciogliere questi nodi. Per ora l’ance segnala una «proliferazione di strutture con ruoli ridondanti a tal punto che servirebbe istituire un Coordinatore dei coordinatori». Il riferimento è alle nuove strutture del governo: Investitalia, Strategia Italia, Struttura tecnica di progettazione. Ma anche alla società in house Italia Infrastrutture spa, creata presso l’omonimo ministero. E al nuovo dipartimento dell’economia dedicato agli investimenti.
Il commissariamento
Per le opere di maggiori dimensioni è evidente che lo stallo ha spesso una causa politica. Basta vedere quello che è successo e sta succedendo alla Tav Torino-lione. Per questo tipo di opere lo Sbloccacantieri sceglie la strada del commissariamento. La legge indica solo alcuni cantieri da commissariare, per poi rifarsi genericamente a quelli che verranno indicati via via dal presidente del Consiglio dei ministri tramite decreto.
I dubbi
Alcuni dubbi sull’indeterminatezza di questa procedura sono già stati espressi dai tecnici di Camera e del Senato nel dossier preparato per i lavori parlamentari. Il problema, si osserva, è che non si capisce quali siano queste opere da commissariare, poiché un elenco esplicito nel testo approvato non c’è.
Nel dossier i tecnici ricordano che dal 2015, essendo ministro Graziano Delrio, è stata avviata una fase di revisione della programmazione delle infrastrutture strategiche attraverso una selezione di priorità, che sono state individuate negli allegati al Documento di economia e finanza (Def) in vista dell’approvazione di uno strumento più organico: il primo Documento pluriennale di pianificazione (Dpp). Che però non è mai stato varato. Nelle more, «valgono come programmazione degli investimenti» gli strumenti già approvati secondo le procedure vigenti all’entrata in vigore del vecchio Codice.
Se così fosse, il governo Conte dovrebbe rifarsi all’allegato al Def 2017, nel quale erano stati inclusi programmi e interventi prioritari con un contratto approvato o oggetto di accordi internazionali (dunque di certo la Tav), più ulteriori interventi prioritari non inclusi nella vecchia programmazione, ma contenuti nei contratti di programma Anas e Rfi e nel Piano del ministero delle Infrastrutture finanziato dal Fondo per lo sviluppo e la coesione.
I tecnici del Parlamento sollecitano un chiarimento: lo Sbloccacantieri attribuisce al presidente del Consiglio la facoltà di ritenere prioritari interventi infrastrutturali non classificati come tali nel Def 2017? E se sì, quali? Il punto andrebbe chiarito ma il dibattito in corso su opere come la Tav all’interno della coalizione sembra rendere difficile rispondere a questa semplice domanda. Basterebbe trovare un accordo sulle priorità infrastrutturali. Che al momento non c’è.