L'Economia

Grandi opere al palo? Questione di soldi

Lo Sbloccacan­tieri deve far ripartire i lavori, ma le cause dello stallo sono spesso finanziari­e E non si sa che cosa sia strategico. Tav in testa

- Di Antonella Baccaro

Quale sarà l’efficacia dello Sbloccacan­tieri sulle tantissime opere rimaste ferme così a lungo? La domanda è lecita, visto che la pressione esercitata sul governo e il Parlamento affinché il decreto fosse convertito senza indugi al fine di accelerare i lavori, è stata fortissima. Ci sono due filoni operativi lungo i quali si muove la nuova normativa: il primo è quello delle grandi opetranvia­rie

re, rispetto alle quali il legislator­e, allo scopo di superare alcuni ostacoli spesso di natura politico-amministra­tiva, si è orientato all’utilizzo del vecchio strumento del commissari­amento, variamente modificato. L’altro filone è quello delle opere ordinarie, per le quali il Codice ridisegna una cornice normativa che dovrebbe semplifica­rne l’iter.

Occorre sgombrare il campo da un equivoco: non è vero che la maggioranz­a delle cause di blocco delle opere pubbliche sia addebitabi­le a eventi che si realizzano prima dell’apertura dei cantieri, e che perciò non potranno essere risolte dalla nuova normativa, sempre che questa ne abbia le capacità. O almeno non è vero per le opere medio-piccole.

L’indagine

Un’analisi più approfondi­ta condotta dall’ance (Associazio­ne nazionale dei costruttor­i) sulle 70 opere di maggiori dimensioni estratte dall’elenco delle 630 che l’osservator­io ha censito come bloccate, ha individuat­o nelle regole del mercato degli appalti la causa che per ben il 42% dei casi le tiene ferme. A questo risultato l’associazio­ne è giunta verificand­o che a molte delle 70 opere contenute nell’elenco, e finora conteggiat­e come un unico cantiere, in effetti ne corrispond­evano molti di più. È il caso, per fare qualche esempio, del «potenziame­nto delle linee lombarde» oppure dell’«adeguament­o sismico delle scuole del Friuli».

In tutto perciò i cantieri analizzati dall’ance arrivano a essere circa 230. Molti di questi, come dicevamo, sono medio-piccoli. Ebbene, proprio questa tipologia sembra essere stato maggiormen­te penalizzat­a dalle regole farraginos­e del vecchio Codice degli appalti, alcune delle quali sono state rimosse.

Quanto alle altre cause individuat­e dall’ance, per il 43% dei cantieri sono di tipo finanziari­o; per il 33% sono procedural­i-amministra­tive. Seguono, con una percentual­e limitata al 6%, le decisioni politico-amministra­tive in fase di gara e per il 3% quelle in corso di esecuzione. Solo il 2% dei cantieri ha problemi legati alla concession­e o al contenzios­o in fase di gara. Infine l’1% si ferma per problemi finanziari dell’impresa esecutrice o per carenze tecnicopro­gettuali (varianti) e contenzios­i. Rispetto al totale delle opere analizzate, circa i due terzi presenta una criticità principale che ne ha determinat­o il ritardo. Per l’altro terzo, le cause principali sono almeno due. Resta da capire se lo Sbloccacan­tieri sarà in grado di sciogliere questi nodi. Per ora l’ance segnala una «proliferaz­ione di strutture con ruoli ridondanti a tal punto che servirebbe istituire un Coordinato­re dei coordinato­ri». Il riferiment­o è alle nuove strutture del governo: Investital­ia, Strategia Italia, Struttura tecnica di progettazi­one. Ma anche alla società in house Italia Infrastrut­ture spa, creata presso l’omonimo ministero. E al nuovo dipartimen­to dell’economia dedicato agli investimen­ti.

Il commissari­amento

Per le opere di maggiori dimensioni è evidente che lo stallo ha spesso una causa politica. Basta vedere quello che è successo e sta succedendo alla Tav Torino-lione. Per questo tipo di opere lo Sbloccacan­tieri sceglie la strada del commissari­amento. La legge indica solo alcuni cantieri da commissari­are, per poi rifarsi genericame­nte a quelli che verranno indicati via via dal presidente del Consiglio dei ministri tramite decreto.

I dubbi

Alcuni dubbi sull’indetermin­atezza di questa procedura sono già stati espressi dai tecnici di Camera e del Senato nel dossier preparato per i lavori parlamenta­ri. Il problema, si osserva, è che non si capisce quali siano queste opere da commissari­are, poiché un elenco esplicito nel testo approvato non c’è.

Nel dossier i tecnici ricordano che dal 2015, essendo ministro Graziano Delrio, è stata avviata una fase di revisione della programmaz­ione delle infrastrut­ture strategich­e attraverso una selezione di priorità, che sono state individuat­e negli allegati al Documento di economia e finanza (Def) in vista dell’approvazio­ne di uno strumento più organico: il primo Documento pluriennal­e di pianificaz­ione (Dpp). Che però non è mai stato varato. Nelle more, «valgono come programmaz­ione degli investimen­ti» gli strumenti già approvati secondo le procedure vigenti all’entrata in vigore del vecchio Codice.

Se così fosse, il governo Conte dovrebbe rifarsi all’allegato al Def 2017, nel quale erano stati inclusi programmi e interventi prioritari con un contratto approvato o oggetto di accordi internazio­nali (dunque di certo la Tav), più ulteriori interventi prioritari non inclusi nella vecchia programmaz­ione, ma contenuti nei contratti di programma Anas e Rfi e nel Piano del ministero delle Infrastrut­ture finanziato dal Fondo per lo sviluppo e la coesione.

I tecnici del Parlamento sollecitan­o un chiariment­o: lo Sbloccacan­tieri attribuisc­e al presidente del Consiglio la facoltà di ritenere prioritari interventi infrastrut­turali non classifica­ti come tali nel Def 2017? E se sì, quali? Il punto andrebbe chiarito ma il dibattito in corso su opere come la Tav all’interno della coalizione sembra rendere difficile rispondere a questa semplice domanda. Basterebbe trovare un accordo sulle priorità infrastrut­turali. Che al momento non c’è.

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Dossier Gabriele Buia, presidente dell’ance, che raduna costruttor­i e ha vagliato 230 cantieri

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