Ritratto di Christian, il giovane Benetton
Figlio di Carlo e rugbista di formazione, Christian è l’uomo dell’industria e dei filati. Appena rientrato nel consiglio di Edizione, affronta la nuova fase. E dice: «Il cambio di strategia è un’opportunità. Per migliorarsi»
Di formazione è uomo d’impresa e rugbista. Ha giocato nella squadra giovanile di famiglia targata Benetton Rugby. Naturale quindi che quando si parla del ruolo — attuale e futuro — che deve svolgere il board di Edizione, la cassaforte della dinastia di Treviso, Christian Benetton, 48 anni, figlio di Carlo si ispiri alla palla ovale. «Il consiglio di amministrazione è come una squadra di rugby. Puoi anche avere il fenomeno in campo, ma l’essenziale è che ci sia il collettivo. Il pacchetto di mischia detta il ritmo e la strategia ma è consapevole che dietro di lui c’è un gruppo che lo sostiene. Non sono individualista. Ho giocato per 12 anni sempre con la certezza di far parte di una squadra forte e unita. Saremo azionisti, ci metteremo la faccia, e alle nostre spalle ci saranno manager che fanno il lavoro gestionale, aziendale; tutti di grande livello. Penso, solo per fare un esempio, a Gianmario Tondato, il ceo di Autogrill. È entrato nel gruppo da giovane — ed è anche un appassionato di rugby come me — è un manager di grande fiducia, lui come gli altri con cui lavoriamo», dice Benetton. Da lunedì 24 giugno è stato eletto nel nuovo consiglio di Edizione. Ne faceva già parte dalla primavera del 2018, quando nel momento tragico della scomparsa di suo padre è stato chiamato al suo posto nella cabina di regia del gruppo. Ma aveva già svolto quel ruolo in passato, dal 2007 fino al 2015, quando la famiglia aveva optato per un cda più ristretto con soli quattro componenti della famiglia. Ora il suo compito — e quello degli altri cugini — sarà diverso.
Il consiglio eletto dall’assemblea della scorsa settimana vede infatti per la prima volta impegnata unicamente la nuova generazione di imprenditori che governano interessi storici come Benetton group, e investimenti più nuovi, frutto della strategia di diversificazione come Atlantia, Autogrill, il settore immobiliare e la new entry Cellnex. Un gruppo che vale 13 miliardi di ricavi. «Ci vorrà tempo per disegnare il nuovo profilo di Edizione — dice — ma sarà fatto con consapevolezza e tranquillità».
I telai
Christian Benetton, si differenzia tra gli eredi dei fratelli fondatori — Luciano, Carlo, Gilberto e Giuliana — è l’uomo degli impianti produttivi, dei telai. Già, perché nel gruppo la produzione di abbigliamento è l’unica attività strettamente manufatturiera. Per 17 anni ha lavorato nell’anima tessile della United Colours. È presidente di Olimpias, la società che governa gli otto centri di produzione del gruppo, tra Italia ed estero. Dal 2001, insomma, ha affiancato il padre Carlo, esponente importante di quel ramo della dinastia che si è sempre occupata della fornitura di materie prime e della produzione. Si è laureato in Business administration alla Boston University nel 1997. E forse gli Stati Uniti non li avrebbe lasciati — aveva lavorato due anni in Deloitte e per un anno e mezzo a una startup nel software — se suo padre non lo avesse richiamato a Ponzano Veneto. Scaduti i tempi, era ora di lavorare in azienda.
La svolta
La discontinuità nel suo lavoro Christian l’ha già vissuta, imposta dalla concorrenza di realtà come Zara, la pressione sui margini, la concorrenza della produzione a basso costo. Il cambiamento lo ha vissuto in prima persona. Ha attraversato la fase in cui Olimpias era per l’80% fornitrice di materie prime per Benetton group, ora rifornisce per il 70% il mercato e solo per il 30% gli United Colours. Poi quella fase in cui la famiglia, per reagire alla concorrenza, aveva deciso lo spin-off di Benetton group in tre entità: i negozi, l’immobiliare e, appunto, Olimpias che anche nell’abbigliamento avrebbe dovuto guardare al mercato dei terzi. Poi è tornato in azienda lo zio Luciano. Ha ripreso le redini e rifatto una nuova cabina di regia comune per rilanciare la United Colours e Olimpias si è rifocalizzata nella produzione di abbigliamento per Benetton. Christian nella produzione guarda anche all’ambiente: ha per esempio fortemente voluto il primo impianto europeo di depurazione con la capacità di recuperare fino al 100% delle acque nelle attività di tintoria (Wasatex-water Saving Process for Textile).
«In generale, un cambio di strategia è sempre un’opportunità per migliorarsi, anche se le scelte non sono magari, subito, condivise al 100%», spiega guardando al lavoro che aspetta lui e i suoi cugini Sabrina (figlia di Gilberto, scomparso lo scorso mese di ottobre), Franca Bertagnin Benetton (figlia di Giuliana) e Alessandro (figlio di Luciano). «È un cambio epocale, marcato
Il dialogo è sincero, a volte scomodo. Ma con la certezza condivisa che lo scopo è la salvaguardia delle aziende
dalla necessità di dare centralità al consiglio di amministrazione. Ed era naturale che ci volesse una figura di riferimento come quella di Gianni Mion, che incarna gli ideali con i quali è stato costruito il gruppo. E lo ha fatto a fianco di Gilberto Benetton. Chi meglio di lui poteva in questa fase avere quel ruolo di ‘facilitatore’ del dialogo tra i vari rami familiari?».
Questo dialogo è già iniziato dopo l’assemblea del 24 giugno, in modo aperto e sincero, nel bene e nel male. A volte scomodo e diretto ma con la certezza condivisa che lo scopo finale è la salvaguardia delle aziende con l’obiettivo di fare anche meglio di chi li ha preceduti. Assieme dovranno trovare la nuova formula di governo di Edizione.
Christian con il padre Carlo condivide una grande passione per lo sport. È presidente di Verdesport, la società che gestisce gli investimenti del gruppo nel settore: dall’impegno in campo professionistico (con le squadre di Benetton Basket e Sisley Volley fino al 2012 e con Benetton Rugby) a quello più sociale dove lo sport è inteso come mezzo di trasmissione di valori positivi, specialmente per i giovani.
Il suo fiore all’occhiello è il Master in Strategie per il Business dello Sport, in collaborazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia, un corso universitario di primo livello che porta a La Ghirada ogni anno 35 studenti neolaureati che vogliano intraprendere un percorso lavorativo nel mondo dello sport, italiano ed internazionale.