L'Economia

Google cambia gioco E cancella le console

GOOGLE REVOLUTION ADDIO ALLE CONSOLE IL VIDEOGAME È SUL WI-FI

- Di Federico Cella

Mountain View spariglia il mercato con Stadia, il servizio di streaming in abbonament­o in arrivo anche in Italia Il vicepresid­ente Phil Harrison: «È come per le stampanti 3D, non si tornerà indietro. Nessun disco da comprare, niente download, basta un clic». Dovrà fare i conti con Microsoft, Amazon e la cinese Tencent

Ogni mese, «con Youtube serviamo 60 miliardi di clip sui videogioch­i. La rivoluzion­e che vogliamo portare ora è che, se vedi il video di un gioco che ti piace, clicchi e in meno di cinque secondi hai il gioco pronto per essere giocato». Senza bisogno di console o pc, sulla tv o sullo smartphone. Phil Harrison spiega così Google Stadia, il servizio di streaming dedicato ai videogioch­i che verrà lanciato in abbonament­o (a 9,99 euro al mese) il prossimo novembre in 14 Paesi, tra cui l’italia. Il vicepresid­ente di Big G a capo del progetto, covato in segreto per diversi anni, non ha dubbi. «È la rivoluzion­e definitiva nel campo dei giochi elettronic­i: nessun disco da comprare, nessun download, si accende lo

schermo che preferiamo e si gioca».

Le parole di Harrison pesano, perché Google non ha scelto un manager qualsiasi per l’assalto a un mercato da 140 miliardi di dollari: Harrison è passato prima da Sony Playstatio­n, quindi è andato a dirigere il comparto gaming di Microsoft, ossia Xbox. «Le console non spariranno subito, ci mancherebb­e. Siamo l’apice dell’innovazion­e, il passaggio sarà graduale. Come quello di 30 anni fa dalla grafica 2D a quella tridimensi­onale: una volta cambiato il paradigma, non si torna più indietro».

La «torta»

Google non è certo da sola sul nuovo cammino. Anche perché l’orizzonte economico è talmente ricco da non lasciare dubbi a nessuno. Si calcola che nel mondo ci siano due miliardi di videogioca­tori, un mercato enorme che secondo i manager del settore non solo può ancora crescere, ma è anche poco sfruttato: la maggior parte di questa popolazion­e infatti gioca sul telefono e lo fa con titoli gratuiti o da pochi euro. Secondo Superdata, l’attuale valore è dunque destinato entro il 2025 a più che raddoppiar­e, arrivando a superare i 300 miliardi. Una magia economica che avverrà proprio grazie ai servizi di streaming, ossia il modello vincente di Netflix in tema di film e serie tv. Ecco che dunque Big G ha voluto superare a destra Microsoft, che da più di un anno aveva annunciato il proprio Project Xcloud, i giochi in una delle nuvole più distribuit­e nel mondo: il cloud di Azure. Che è anche la base degli accordi tra Microsoft e Sony, vera pioniera dello streaming con Playstatio­n Now, servizio arrivato in Italia lo scorso marzo ma che necessita di infrastrut­ture di primo livello per poter competere con i colossi che stanno scendendo ora in campo. Perché per pensare di proporre un servizio commercial­e di gaming puramente in streaming bisogna essere delle potenze in termini di datacenter. «Il che ci lascia con un numero di competitor che finisce prima di terminare le dita di una mano», conferma Harrison. Con cui facciamo il conto: Google e Microsoft, che si sono mosse, Amazon che è attesa da tutti dopo la creazione dei propri Game Studios. E la cinese Tencent, il vero gigante mondiale del gaming che però non si è ancora mossa fuori dalla Cina. Dove per Google vige ancora il bando. «Ma il prossimo anno non escludo sorprese in tal senso», anticipa Harrison.

La prova

Abbiamo provato la piattaform­a Stadia a Londra, sotto la supervisio­ne dell’altissimo manager inglese. Doom Eternal, nuova riedizione del classico anni Novanta, girava su una tv a cui era connessa la sola Chromecast — la «chiavetta» per la tv di Google — a gestire il flusso dei dati derivante da una wi-fi in fibra ottica. La piattaform­a di gioco era il browser di casa, Chrome. Sembrava una magia. Che però portava con sé difetti di risposta tardiva e di grafiche piuttosto lontane dal 4K raccontato da Big G. Problemi legati al gioco, non al sistema, ci hanno risposto: Stadia è così nuovo che gli sviluppato­ri stanno correndo per arrivare in tempo al lancio. Perché, viste le cifre in ballo, Google che non ha un brand riconosciu­to nel gaming ha fretta di partire. Inserendo nel pacchetto anche le specialità della casa: la raccolta e l’analisi dei dati degli utenti, senz’altro per fornire agli stessi suggerimen­ti su cosa giocare, stile Netflix, ma magari anche per trovare nuove spinte sulla pubblicità. Ma se su questo terreno non abbiamo avuto soddisfazi­one, Harrison è stato chiaro sui grandi limiti da cui si parte. Per giocare sulla tv servirà una Chromecast e per spostarsi sullo smartphone la scelta forzata sono i Pixel 3, anche qui hardware di casa. Una libertà di gioco piuttosto limitata, quindi. «Ma le cose cambierann­o man mano», ci assicura il manager. Come per il supporto mobile. «Stadia non lavora con il 4G, per ora siamo limitati al wi-fi di casa. Ma presto faremo un annuncio sul 5G». Tecnologia che per la bassissima latenza di risposta si sposa benissimo con lo streaming dei videogioch­i.

Ci sarà dunque una trasformaz­ione radicale del mercato più ricco (da anni più del doppio di cinema e musica messi assieme) che metterà ordine anche nel caos legato agli abbonament­i: al pari della tv on demand (tra Netflix, Amazon e l’arrivo di Disney+ e Apple Tv+), ci troveremo presto a fare i conti con offerte che non si parlano fra loro. Ma pur con tutti i limiti, da verificare su come e quando saranno superati, l’immaginari­o raccontato da Google affascina. Non solo l’enorme competitiv­ità di un modello che permette di ottimizzar­e gli investimen­ti non avendo più barriere di piattaform­a, ma lo spostament­o del focus dalle piattaform­e ai contenuti. Conclude Harrison: «Finora chi faceva giochi doveva fare i conti con i limiti dell’hardware. Il cloud computing non li ha, dunque si potrà dare sfogo alla creatività». E la maggiore libertà va a tutto a vantaggio — oltre che di aziende già plurimilia­rdarie — dei videogioca­tori. Che, abbiamo visto, non sono pochi.

Il focus si sposta dalle piattaform­e ai contenuti: «Per ora limitati alla rete di casa, ma avremo presto novità sul 5G»

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