Emilia-romagna, una ricetta da copiare
Domani a Bologna l’incontro con i Champions e le eccellenze della Regione. Bonaccini: siamo la locomotiva del Paese. Qui l’export cresce più velocemente che in Lombardia e Veneto. Ora vogliamo attirare più capitali stranieri
Manifattura, conoscenza, turismo. Ovvero, fare, sapere e divertire. La ricetta del successo sta nella declinazione di questi tre principi. Almeno in Emilia-romagna. Dal momento più nero, quello immediatamente successivo al terremoto, che si intersecava con una congiuntura internazionale particolarmente pesante sul fronte dell’interscambio, le imprese di questa regione hanno saputo uscire puntando proprio sulle esportazioni e sulla qualità.
«Oggi ci troviamo a vivere un momento straordinario di crescita, soprattutto verso i mercati più lontani — dice Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-romagna, esponente del Pd, eletto nel novembre 2014 —. Da quattro anni siamo diventati la locomotiva del Paese e i dati ufficiali evidenziano come la crescita delle esportazioni da parte delle imprese di questo territorio sia più che doppia rispetto ai trend delle imprese di Lombardia e Veneto. È un risultato importante, non tanto per saper correre più di altri, quanto perché il nostro modello di sviluppo, focalizzato sul sapere del fare, sulla conoscenza e su un territorio con bellezze naturalistiche davvero uniche, ha dimostrato di essere competitivo anche in un mondo che cambia rapidamente, diventando anche attrattivo nei confronti della platea estera».
Terra di motori e di moda, ma anche ideale localizzazione della packaging valley e regno delle più celebrate imprese della mattonella e della meccatronica, l’emilia-romagna ha costruito la propria identità imprenditoriale nel saper fare le cose. «Soprattutto — evidenzia Bonaccini — le imprese di questo territorio hanno capito che non era possibile sopravvivere in un’epoca dominata dalla globalizzazione se si fosse abdicato sul fronte della qualità. Così, anziché stringere sui salari per comprimere il prezzo d’offerta, si è giocato la partita opposta, quella delle produzioni di qualità, di alta qualità, che permettono di fronteggiare il confronto con mercati di produzione a basso valore aggiunto. In Emilia-romagna il costo del lavoro è più alto che altrove, ma la capacità produttiva non ha uguale e questo è stato pienamente compreso dai mercati e dai clienti delle nostre imprese».
Saper fare e saper guardare oltre. Il successo emiliano-romagnolo passa necessariamente attraverso una stretta intersezione tra il mondo di chi produce e l’universo di chi studia. Le quattro università della regione sono centro propulsivo d’innovazione. Dai modelli di organizzazione ai nuovi materiali, alle tecnologie applicate all’impresa, passando per i Big Data.
Modelli
«Abbiamo ottenuto — spiega Bonaccini — un finanziamento da 120 milioni di euro dall’unione europea per realizzare a Bologna un supercalcolatore che verrà gestito da una fondazione pubblica che aprirà la partecipazione al progetto ai privati e, prima di tutto, alle quattro università regionali, per dare vita al Big Data Technopole. Una base di lavoro aperta alle imprese, ai progetti di ricerca e sviluppo, all’analisi del territorio e alla medicina, che contribuirà in maniera significativa a cambiare il profilo imprenditoriale della nostra regione, aprendo i cancelli delle imprese alle nuove tecnologie». L’apertura ai mercati è una delle linee guida dell’imprenditoria regionale. «Vogliamo essere attrattivi per l’estero — dice Bonaccini —, vogliamo offrire alle migliori imprese straniere la possibilità di venire a produrre da noi. Per questo abbiamo presentato la terza edizione di un bando che punta ad attirare investimenti stranieri sul nostro territorio, facendo leva su tre aspetti sostanziali: una buona rete infrastrutturale, un basso livello di burocrazia e un welfare a un livello particolarmente elevato». Resta il turismo che, soprattutto se abbinato all’enogastronomia, è una delle immagini più ricorrenti di una regione che ha saputo ricollocarsi ai livelli più elevati per qualità della vita in Italia. «Negli ultimi quattro anni — sottolinea il presidente della Regione — l’emilia-romagna ha visto aumentare le presenze turistiche da 45 milioni a circa 60 milioni. Un incremento superiore al 30% di quelle che sono le notti dormite che hanno permesso al settore del turismo di aumentare il proprio contributo al Pil regionale dall’8,5% al 12%. Così, anche se siamo sinceramente preoccupati per la frenata dell’economia nazionale, siamo anche convinti che il nostro modello basato sulla qualità dell’offerta sappia essere più resiliente di altri alla congiuntura. Lo dimostrano i dati sulla disoccupazione, scesa nel periodo dal 9 al 5,9 per cento. È questa la sfida più grande e impegnativa. Noi siamo convinti che solo il lavoro possa dare dignità, non un assegno o un sussidio, ma il lavoro vero. Per cui il nostro impegno va proprio in questa direzione: elevare la qualità del lavoro, estendere i diritti a tutti i lavoratori e contrastare il precariato, che è un modo per estendere i risultati ottenuti dalle imprese alla più ampia fascia di persone possibile». Partendo ancora una volta dall’export.