Luxottica e Gucci i Paperoni della moda
La maison ora di Lvmh, Aeffe e Moncler brillano per i tassi di crescita. Vanno bene anche i brand più «accessibili». Pambianco: siamo sempre troppo piccoli
La moda italiana nel 2019? Da gennaio a marzo di quest’anno il comparto, compreso tessile e accessori ,migliora sui mercati esteri: l’export cresce del 5,6%, per un valore complessivo di 16,6 miliardi di euro (l’import vale 9,1 miliardi, +2,3%: un saldo commerciale di 7,4 miliardi). Una ripresa rispetto al primo trimestre 2018. «Una situazione 2018 che si è riflessa nei bilanci delle singole maison con, per fortuna, alcune buone eccezioni: penso a Luxottica che totalizza 8.929 milioni di fatturato e si colloca, seguito da Gucci e Prada, in testa alla classifica per fatturato. O a Moncler e Aeffe (con Gucci) ai primi posti per variazioni di fatturato», nota David Pambianco commentando i dati dei fatturati del 2018. Le eccezioni si chiamano Gucci (8.285 milioni di fatturato, +33,4% sul 2017 e soprattutto una variazione dell’ebitda del 42,4%), ormai un caso di successo costante, o Moncler (1.420 milioni, +19%, Ebitda di 35,2%), Cucinelli (553 milioni, +8,1%) e ancora Dolce & Gabbana (1.345 milioni, +4,3%). E Valentino con 1.200 milioni mette a segno un +3,1%.
I «democratici»
Ma vanno bene anche gruppi del cosiddetto lusso democratico, come la holding Pianoforte (Yamamay, Carpisa, Jacked). Guidata da Gianluigi Cimmino, Pianoforte con 312 milioni di fatturato mette a segno un +3,2%. Aeffe (352 milioni +11,2%) è ripartita di slancio, con un incremento della marginalità e dell’utile di gruppo. Nel caso di Prada (3.142 milioni +2,8% rispetto al -13,8% dell’anno prima), si capisce che la curva della flessione ora si è invertita.«la maison milanese, con il suo flagship store in Galleria Vittorio Emanuele, ha elaborato il cambiamento di gusto e stili imposto da Gucci, e forse adesso beneficia anche del contributo che sta fornendo in azienda la nuova generazione: penso a Lorenzo Bertelli che si è speso specie nella sfida digital», aggiunge Pambianco. Da ultimo, la casa di moda di Miuccia Prada ha fatto pure rotta sulla sostenibilità. Impiegando l’econyl, il filato in nylon rigenerato sviluppato dalla multinazionale italiana di Arcotrento, Aquafil, lancia infatti ora una linea di borse in nylon rigenerato con il progetto Re-nylon. Lancio sostenuto anche da una partnership con «National Geographic», per una serie di cortometraggi che racconteranno il viaggio sostenibile della maison.
Anche Aeffe capitalizza su alcune scelte di campo sostenibili fatte nelle ultime stagioni. Da ultimo, il gruppo famoso per la maison che prende il nome dalla designer e imprenditrice Alberta Ferretti ma che vuole dire anche marchi come Moschino, Pollini e Philosophy di Lorenzo Serafini, Jeremy Scott e Cédric Charlier, ha infatti scommesso sulla sfida green. Non solo, il 2018 è stato caratterizzato per il gruppo da consistenti investimenti in ricerca stilistica, dal rafforzamento della rete wholesale e da una calibrata presenza retail, come ha spiegato Massimo Ferretti, fratello di Alberta e presidente esecutivo di Aeffe. Per il 2019 si pensa a un percorso di ulteriore sviluppo dei brand in portfolio, anche nel segmento degli accessori, assieme all’ottimizzazione della presenza in mercati a elevato potenziale, specie nell’estremo Oriente. In Cina la maison ha già messo a segno nell’ultimo anno risultati considerevoli, con vendite in crescita di quasi il 30%.
Dimensioni e online
Il gruppo di Brunello Cucinelli, che molto si identifica nel suo fondatore, negli anni ha saputo conquistare un posizionamento alto, la stampa Usa spesso l’ha accostato a Hermès. «Rispetto ai francesi, Cucinelli deve ancora sviluppare borse e accessori, solo questione di tempo, credo — nota Pambianco —. Di certo, presidia bene la sua fascia di mercato. E poi, passando dal mondo del lusso a quello più propriamente della moda, c’è il caso Liu Jo, gruppo in predicato per un’operazione per ora saltata, con Blufin. Mi aspetto un certo dinamismo nei prossimi mesi».
E Moncler? «È il frutto di una precisa strategia, fatta di collaborazioni con designer e serie limitate in boutique, che si è rivelata una strategia vincente. Di contro per altre realtà come per esempio Furla, i dati di fatturato indicano che dopo il balzo di quasi il 50% un anno fa ora c’è un certo rallentamento— aggiunge Pambianco —. Guardando ai fatturati, insomma, il quadro è indicativo di una situazione generale della moda italiana non così ottimistica. La riflessione da fare è che il modello del business italiano del fashion è ancora troppo piccolo per dimensioni in un mercato competitivo globale, e forse sconta anche una certa inesperienza da un punto di vista della digitalizzazione del business».
E se il modello italiano è molto diverso da quello d’oltralpe, con big del lusso come Lvmh o Kering che contano ciascuno diverse maison, lo è pure da quello americano. I numeri per esempio non rilevano ancora l’operazione Michael Kors-versace conclusa quasi un anno fa. «Versace con 684 milioni di fatturato cresce del 2,4%, è stabile, ma per vedere gli effetti benefici dell’operazione Michael Kors occorrerà aspettare il 2020. Mi aspetto però già qualche segnale a fine 2019».