Quello che Di Maio non dice su Ilva e Atlantia
Il governo sembra essere molto in contatto con la pancia del Paese, poco con i fondamentali che tengono in piedi una comunità. I conti pubblici restano nebulosi. Lo spread viene tenuto basso non dall’azione di risanamento dell’esecutivo, ma dalle condizioni mondiali dell’economia fatta di tassi minimi, molta liquidità in cerca di rendimenti e una Bce che vigila solidamente sull’euro. Questo fa da anestetico rispetto alla reale situazione di un bilancio statale costruito al momento solo di spese e possibili incrementi di tasse (Iva). Sul fronte dell’economia reale, il tanto sbandierato «Decreto crescita» era uscito dal consiglio dei ministri necessitando di ben 39 decreti attuativi. Con il passaggio in Parlamento ha visto salire quel numero a 75. E tra questi ci sono quelli che ripristinano misure dei governi precedenti che erano state improvvidamente cancellate, con tutte le conseguenze del caso per le imprese lasciate nella piena confusione normativa. Ma questo purtroppo non meraviglia. Le aziende non sono tra le priorità del governo. La scorsa settimana si è assistito ad attacchi inusitati nei confronti di gruppi industriali importanti del Paese. Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, si è spinto a definire un gruppo come Atlantia, una delle poche multinazionali italiane, come un’impresa «decotta». Nello stile che caratterizza l’attuale esecutivo, la Lega ha fatto dichiarazioni esattamente opposte. Con il risultato che il danno è stato fatto comunque, aggiungendo incertezza a incertezza. E che dire della vicenda Ilva? Si stanno minando alle basi la capacità competitiva del Paese che non può contare solo sul «piccolo è bello» (che certo garantisce fortunatamente la sopravvivenza), quanto sulle grandi aziende come chiaramente delineato da Roger Abravanel sul «Corriere» del 28 giugno scorso. Purtroppo la sensazione che si registra tra imprese e investitori è che quella campagna elettorale che doveva fermarsi con le elezioni europee, stia continuando a spese del Paese.