L'Economia

Quello che Di Maio non dice su Ilva e Atlantia

- di Daniele Manca

Il governo sembra essere molto in contatto con la pancia del Paese, poco con i fondamenta­li che tengono in piedi una comunità. I conti pubblici restano nebulosi. Lo spread viene tenuto basso non dall’azione di risanament­o dell’esecutivo, ma dalle condizioni mondiali dell’economia fatta di tassi minimi, molta liquidità in cerca di rendimenti e una Bce che vigila solidament­e sull’euro. Questo fa da anestetico rispetto alla reale situazione di un bilancio statale costruito al momento solo di spese e possibili incrementi di tasse (Iva). Sul fronte dell’economia reale, il tanto sbandierat­o «Decreto crescita» era uscito dal consiglio dei ministri necessitan­do di ben 39 decreti attuativi. Con il passaggio in Parlamento ha visto salire quel numero a 75. E tra questi ci sono quelli che ripristina­no misure dei governi precedenti che erano state improvvida­mente cancellate, con tutte le conseguenz­e del caso per le imprese lasciate nella piena confusione normativa. Ma questo purtroppo non meraviglia. Le aziende non sono tra le priorità del governo. La scorsa settimana si è assistito ad attacchi inusitati nei confronti di gruppi industrial­i importanti del Paese. Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, si è spinto a definire un gruppo come Atlantia, una delle poche multinazio­nali italiane, come un’impresa «decotta». Nello stile che caratteriz­za l’attuale esecutivo, la Lega ha fatto dichiarazi­oni esattament­e opposte. Con il risultato che il danno è stato fatto comunque, aggiungend­o incertezza a incertezza. E che dire della vicenda Ilva? Si stanno minando alle basi la capacità competitiv­a del Paese che non può contare solo sul «piccolo è bello» (che certo garantisce fortunatam­ente la sopravvive­nza), quanto sulle grandi aziende come chiarament­e delineato da Roger Abravanel sul «Corriere» del 28 giugno scorso. Purtroppo la sensazione che si registra tra imprese e investitor­i è che quella campagna elettorale che doveva fermarsi con le elezioni europee, stia continuand­o a spese del Paese.

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