Investire sul mattone (con pochi capitali)
Le «collette» in rete consentono di puntare anche su operazioni immobiliari. Quanto rendono e che cosa si rischia
Èla soluzione per chi desidera investire in beni immobili ma non ha capitali sufficienti per farlo in autonomia. Il real estate crowdfunding è nato con le prime cinque piattaforme al mondo nel 2012. Nel 2017 erano già cento. In Italia fino all’anno scorso ne erano attive tre. Oggi sono tre quelle di equity (Walliance, Concrete investing, House4crowd) e cinque di lending (Housers, Trusters, Recrowd, Crowdestate, Rendimento Etico).
Due formule
Nel primo caso (equity) chi investe lo fa nella società che sviluppa l’operazione immobiliare, diventandone socio dopo la sottoscrizione delle quote tramite la piattaforma. «A tutti gli effetti c’è un immobile nella società, quindi diventi socio di un patrimonio tangibile — commenta Giacomo Bertoldi, fondatore di Walliance, che in un anno e sette mesi di vita ha raccolto 11 milioni e ha chiuso due progetti, che hanno restituito i capitali con un rendimento medio del 13,2% —. Il rischio di perdita dell’intero capitale è mitigato dalla presenza di un bene tangibile e dal fatto che gli imprenditori stessi investano in gran parte risorse proprie nell’operazione e raccolgano con il crowdfunding solo una parte dei capitali; è dunque difficile che il 100% del valore del bene venga azzerato». In questo caso il rendimento si riceve alla fine dell’operazione immobiliare, a seconda dell’esito della stessa. Essendo vincolato per un periodo di tempo con il mantenimento del capitale nell’operazione (12-36 mesi), generalmente il ritorno dell’investimento è più alto delle operazioni concluse con il lending.
In questo caso, invece, l’investitore presta denaro a una società che sviluppa l’operazione immobiliare, diventando prestatore dopo la sottoscrizione del finanziamento tramite la piattaforma di crowdfunding. Si può ricevere il tasso di interesse sul prestito anche trimestralmente, a seconda dell’esito dell’operazione. Una sorta di social lending per prestiti che vengono poi utilizzati in campo immobiliare. Insomma, la prima è un’operazione puramente immobiliare, la seconda finanziaria. Si tratta di un buon investimento? «Paragonandolo con il resto dell’equity crowdfunding, che solitamente investe in startup innovative, gli investimenti in real estate crowdfunding hanno prima di tutto una durata molto più limitata (non è un caso che le operazioni svolte su Walliance meno di un anno fa sono già chiuse con una remunerazione, ndr) e il rischio intrinseco del business è ridotto», commenta Giancarlo Giudici, direttore dell’osservatorio Crowdinvesting del Politecnico di Milano. Certamente il rendimento del crowdfunding immobiliare non è a tre cifre, come può esserlo l’investimento in una startup innovativa: «Difficilmente si raddoppia il capitale — prosegue —. Si tratta di un investimento più moderato sia in termini di rischio che di rendimento atteso».
Ma è anche il comparto immobiliare a dare una spinta a tutto il settore del crowdfunding: la maggiore piattaforma presente in Italia, Housers, nata in Spagna e attiva in Italia, Spagna e Portogallo ha raccolto da fine 2015 a oggi 87 milioni di euro con una rendita di quasi 30, ha sviluppato 855 progetti e conta quasi 110 mila utenti registrati.
Oltre a crescere, ora le piattaforme si stanno differenziando. Una delle ultime nate, Rendimento Etico, per esempio, permette di guadagnare, investendo da 6 a 18 mesi in crediti deteriorati, aiutando chi è in difficoltà e rischia di perdere la casa all’asta. Trusters, invece, offre opportunità di investimento solo sul suolo italiano, con particolare interesse alla città di Milano e del suo primo hinterland, con un orizzonte temporale molto breve, dai 9 ai 18 mesi. Concrete, altra new entry del settore opera, come Walliance, nell’equity crowdfunding con autorizzazione di Consob. Il portale si avvale della partnership di Banca Sella e Osborne Clark e propone progetti immobiliari sia in Italia sia all’estero.