Stand da esportazione e sempre più digitali
Nel 2018 fatturati su dell’8/10%. Ma il 2019 è iniziato con una frenata, anche se salgono i visitatori. Rimedio: internazionalizzare e investire in tecnologia
Dopo un 2018 in crescita, il sistema fieristico italiano registra una frenata nella prima parte del 2019 dovuta in primo luogo al rallentamento dell’economia nazionale ed europea. Secondo i dati dell’osservatorio Fiere Bocconi, lo scorso anno gli organizzatori italiani di fiere hanno aumentato i metri quadrati venduti agli espositori e hanno visto così crescere il fatturato con percentuali importanti, tra il +8% il +10%, a parità di perimetro rispetto al 2017.
Ma, dice Francesca Golfetto, docente al Marketing department dell’università Bocconi, «nelle ultime settimane l’incertezza economica ha provocato una frenata dei ricavi,
con una riduzione in media fra il 2% e il 4%. Alcune realtà crescono, soprattutto quelle che organizzano manifestazioni dal respiro internazionale, legate dunque all’export. Quelle più legate al mercato domestico, però, attraversano una fase di maggior difficoltà. Per la fine del 2019, a meno di un ulteriore peggioramento dell’economia, il mercato dovrebbe dunque chiudere con un risultato leggermente negativo o, nella migliore delle ipotesi, in pareggio».
L’ultima rilevazione trimestrale sulle tendenze del settore fieristico italiano, condotta dall’osservatorio congiunturale di Aefi, l’associazione esposizioni e fiere italiane, conferma, pur in un quadro complessivo in continuo miglioramento nel periodo in esame (gennaio-marzo 2019), tra gli operatori coinvolti dalla ricerca un atteggiamento meno ottimistico e più prudente sul prossimo futuro, proprio alla luce dell’incertezza economica. Nei primi tre mesi dell’anno, a ogni modo, l’indagine qualitativa che ha coinvolto 27 poli fieristici italiani associati ad Aefi ha evidenziato una tendenza positiva per tutti gli indicatori considerati: numero di manifestazioni, espositori e visitatori complessivi, superficie occupata. Il 55% dei quartieri che hanno partecipato all’analisi ha infatti ospitato nei primi tre mesi dell’anno più rassegne, mentre il resto degli enti è equamente diviso tra chi ha segnalato stazionarietà e chi diminuzione.
I flussi
Aumenta il numero degli espositori per il 48% degli interpellati (diminuisce per il 26%), con un contributo crescente delle aziende italiane, a caccia evidentemente di nuove opportunità sui mercati esteri e, dunque, pronte ad investire per essere alle fiere internazionali. Calano invece le presenze delle imprese del resto d’europa e, soprattutto, esterne all’ue. Risulta positivo il flusso dei visitatori, in crescita del 61,56% per chi ha risposto al sondaggio mentre è in diminuzione per il 26,91%. Ultimo capitolo, la superficie occupata. È un indicatore in crescita per il 67% degli associati coinvolti dall’indagine, risultato conseguente all’aumento del numero di manifestazioni e degli espositori, in particolare italiani.
Agli enti associati l’osservatorio congiunturale di Aefi chiede anche di fornire indicazioni sull’andamento del fatturato. Anche qui, il saldo è positivo rispetto ai trimestri precedenti. Più del 55% degli interpellati segnala infatti un incremento e solo il 18,5% una diminuzione. Le previsioni per il resto dell’anno sono invece più improntate al pessimismo in relazione a tutti gli indicatori analizzati.
Al di là della congiuntura economica, la strategia che enti ed organizzatori fieristici italiani hanno da tempo messo in atto per aumentare la propria competitività, chi in modo più deciso, chi meno, si basa da un lato sull’internazionalizzazione, dall’altro sulla digitalizzazione. «Gli operatori aumentano gli investimenti per portare le aziende del made in Italy sui mercati esteri — dice ancora Golfetto —. È un percorso che può, certo, essere agevolato dai progetti di aggregazione tra gli enti. Ma questa via, che alcune realtà hanno già imboccato, rimane per molti complicata per il prevalere di radicati interessi locali. Inoltre, molti stanno affiancando progetti di digitalizzazione dei quartieri ai piani di espansione delle superfici espositive».
Oggi l’organizzatore di una fiera, infatti, non può più proporre soltanto lo stand, ma deve vendere al cliente una gamma di servizi ad alto valore aggiunto: possibili, appunto, con la digitalizzazione. «Sono informazioni di qualità — dice Golfetto — perché permettono alle aziende di mettere in atto le proprie politiche di marketing non solo nei giorni della manifestazione, ma nel corso di tutto l’anno».