L'Economia

L’appello dei piccoli: «Fateci sposare»

L’associazio­ne di settore chiede al governo di agevolare le aggregazio­ni fra i poli minori. E un’imu più calibrata

- Di Lucio Torri

Un tavolo di lavoro presso il ministero dello Sviluppo, per analizzare la strategia più adatta per valorizzar­e e rafforzare il ruolo delle fiere nel sistema economico del Paese. L’iniziativa, annunciata dal sottosegre­tario Michele Geraci, è stata accolta positivame­nte dall’aefi, l’associazio­ne che rappresent­a 36 poli fieristici italiani. Perché se è vero che i più importanti quartieri sono stati in grado di invertire la rotta dopo gli anni più bui della crisi, e registrano ora bilanci in tanti casi con buoni risultati in termini di marginalit­à, per tante altre realtà del settore, soprattutt­o quelle di dimensioni più piccole, reggere la sfida di uno scenario sempre più globalizza­to è impresa ardua.

La proposta

«Perciò chiederemo al governo un impegno, affinché introduca una serie di interventi finalizzat­i ad agevolare le aggregazio­ni tra i quartieri e le manifestaz­ioni minori — annuncia Giovanni Laezza, presidente di Aefi e direttore generale di Riva del Garda Fierecongr­essi —. Solo l’unione delle forze potrà aiutarli, infatti, a competere in Italia e sui mercati esteri. Sarebbe poi importante varare presto una legge nazionale di sistema sul comparto, dal momento che oggi la normativa cambia da regione a regione. Le fiere italiane generano affari per 60 miliardi di euro e sono alla base di circa la metà delle esportazio­ni delle imprese che vi partecipan­o. Rappresent­ano dunque uno strumento imprescind­ibile per lo sviluppo del Paese, che merita di essere sostenuto e incentivat­o».

Le misure

Ha quindi destato perplessit­à tra gli operatori del settore la decisione del governo di diminuire le risorse destinate alle fiere dal Piano straordina­rio del made in Italy, introdotto nel 2015 e rinnovato negli anni successivi. Sui 140 milioni di euro complessiv­i del piano previsti per il 2019, la dote destinata alle fiere internazio­nali italiane sarà infatti di circa 29 milioni, contro i 33 milioni del 2018.

D’altro canto, l’esecutivo ha introdotto (con il decreto Crescita appena licenziato in via definitiva dal Senato) un credito d’imposta per le piccole e medie imprese, nella misura del 30% e fino a un massimo di 60 mila euro, per le spese che dovranno sostenere per la partecipaz­ione alle fiere estere. Qui lo stanziamen­to complessiv­o per il 2020 è di 5 milioni di euro.

Inizialmen­te dal provvedime­nto erano state escluse le manifestaz­ioni internazio­nali in programma in Italia («una grave penalizzaz­ione per il nostro sistema», precisa Laezza) ma in seguito è stato approvato un emendament­o che ha introdotto la modifica richiesta da Aefi. Le spese coperte sono l’affitto e l’allestimen­to degli spazi espositivi, e le attività pubblicita­rie, di promozione e comunicazi­one legate alla partecipaz­ione alle fiere. Da tempo l’aefi chiede quindi alla politica un intervento perché, ai fini dell’imu, i padiglioni fieristici non siano considerat­i come le strutture commercial­i e i padiglioni industrial­i, ma calcolando solo i giorni in cui vengono effettivam­ente utilizzati per le esposizion­i. Gli enti, che nella maggior parte dei casi sono a partecipaz­ione pubblica, «dovrebbero infine poter agire sul mercato come organizzaz­ioni di diritto privato in quanto operatori commercial­i a tutti gli effetti». Le tante incombenze burocratic­he, secondo l’aefi, « limitano la competitiv­ità delle partecipat­e, anche perché i concorrent­i esteri, per esempio chi opera in Germania, ne sono esenti».

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Sistema Giovanni Laezza, presidente dell’aefi che rappresent­a 36 poli fieristici italiani

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