La parità? Mettiamola nel business plan E riparte il confronto sulle donne nei board
L’inclusione di genere diventa una voce del business plan, entra nella sala dei comandi, la C-suite delle aziende, e quel 17% di donne che oggi sono ai vertici esecutivi in Italia sfonda finalmente il soffitto di cristallo e va verso medie europee. Sono i «desiderata» nel cassetto di Paola Mascaro, vice presidente communications e public affairs di Ge Italy e Avio Aero e nuova presidente di Valore D, la prima associazione di imprese in Italia (200 a oggi, con un giro d’affari di oltre 500 miliardi), impegnata nell’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle imprese. Succede, dopo il consueto triennio al timone, a Sandra Mori.
Quest’anno Valore D compie dieci anni «e dopo l’impegno nella formazione, a tutti livelli, e un’attività di sensibilizzazione per l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro, è tempo di mettere a terra ciò che abbiamo fatto – dice Mascaro – per accelerare la trasformazione e far crescere i numeri. Dieci anni fa di questi temi non si discuteva, oggi se ne parla tanto: vuol dire che abbiamo fatto bene, e che quindi possiamo andare avanti. Per me si tratta
di un tema che non riguarda le donne, ma tutta la business community». Un po’ come è accaduto con la sostenibilità: da parola fumosa (e noiosa) relegata ai convegni, oggi è diventata una bandiera per le aziende e i loro manager, che ne fanno una questione non solo di reputazione, ma di sopravvivenza: il successo globale, da qui a dieci anni, si gioca anche su questo fronte.
Per Valore D lo stesso si può dire dell’inclusione di genere. Anche per questo, nell’inclusion Impact Index, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano e disponibile online per le aziende associate («Ma lo apriremo anche ad altre», dice la presidente), alcuni indicatori si basano sui criteri di sviluppo sostenibile per il 2030 individuati dall’onu, tra i quali inclusione e uguaglianza. «Già 60 aziende lo hanno compilato — racconta Mascaro —: aiuta a verificare il proprio grado di maturità su questi temi». Il risultato medio, a oggi, è di 58,6 su cento: significa che le imprese italiane affrontano l’argomento con serietà e rigore, ma ci sono ancora linee da tracciare. Da dove cominciare? «Intanto c’è un problema di prime linee: troppi stereotipi bloccano l’accesso delle donne, per esempio, alle carriere Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics ndr)», spiega Mascaro. I numeri le danno ragione: oggi in Italia solo uno su tre, tra i laureati in ambito tecnico-scientifico, è una ragazza, e le donne iscritte nelle facoltà Stem sono appena il 36%. «Per far crescere queste percentuali, bisogna agire in maniera olistica: se continueremo a investire su modelli aziendali pensati da uomini, non chiuderemo mai il cerchio — prosegue —. Perché, per esempio, oggi il 22,4% delle donne occupate all’inizio della gravidanza a due anni dalla nascita di un figlio non lavora più?». Mascaro sarà aiutata dal nuovo consiglio direttivo (29 membri) che ha scelto per accompagnarla nel viaggio. «Composto da uomini e donne, la maggior parte con responsabilità di business, sarà ingaggiato in campagne di comunicazione e non solo — dice la presidente —. Saranno veri e propri ambasciatori». Intanto tocca a lei. Mercoledì Mascaro debutterà alla commissione Finanze di palazzo Madama nell’ambito degli incontri avviati dall’organismo presieduto da Alberto Bagnai per il «rinnovo» della legge Golfomosca sulle cosiddette quote rosa. In discussione sono due proposte di Lega e Forza Italia per prolungare a sei mandati (tre attuali) l’operatività delle norme sulla parità di genere nell’accesso ai board delle quotate.