L'Economia

Cingolani, dai robot al ring dell’industria

- Di Massimo Sideri

C’è un episodio nella vita di Roberto Cingolani che, forse, non conosce nemmeno lui, anche se può averlo subodorato: quando nel 2005 venne avviato l’istituto Italiano di Tecnologia a Genova, su idea di Vittorio Grilli, il fisico e scienziato italiano non aveva convinto tutti. Non era la persona adatta, lui che aveva già fondato dal nulla il Laboratori­o nazionale di nanotecnol­ogie di Lecce? Non aveva forse già un curriculum di altissimo livello dopo avere lavorato dal 1988 al 1991, dunque prima dei trent’anni, nello staff del Max Planck Institut di Stoccarda sotto la direzione del premio Nobel per la Fisica Klaus von Klitzing? Niente di tutto questo. Il fatto, gravissimo per alcuni, era che risultava sì ordinario, ma da troppo poco e presso l’università del Salento. Per fortuna (non solo sua) la questione passò in secondo piano anche perché sarebbe stato incongruen­te presentare questa argomentaz­ione visto che l’iit nasceva (furono queste le parole dell’allora ministro dell’economia, Giulio Tremonti, che lo aveva tenuto a battesimo nel 2004) perché le Università erano troppo «burocratic­he» per trasferire innovazion­e. Non fu peraltro l’unica fortuna: Silvio Berlusconi al tempo avrebbe preferito mandare avanti un altro progetto di Tremonti,

All’epoca della nomina all’iit, per alcuni era inaccettab­ile che fosse professore da poco e per di più all’università del Salento Voleva fare il pugile. Poi umani e, soprattutt­o, umanoidi lo hanno spinto in un’altra direzione. Ha battezzato e fatto crescere l’iit di Genova, ora passa a Leonardo. E ricorda: c’è stata un’epoca in cui avrei potuto puntare al Nobel, poi sono tornato in Italia, iniziando da capo Lo stesso «neo curricolar­e» uscì di nuovo quando Renzi lo nominò a capo della fase di startup del polo Human Technopole

una sorta di Accademia d’italia che avrebbe avuto il vantaggio politico di occupare Umberto Veronesi, in odore di voler diventare primo cittadino di Milano. Ma poi prevalse l’idea di Grilli.

Due «difetti»

D’altra parte questo «neo curricolar­e» di Cingolani tornò in auge ancora molti anni addietro quando — dopo l’expo 2015 a Milano e con Renzi a Palazzo Chigi — si iniziò a parlare del progetto dello Human Technopole. Renzi affidò proprio a Cingolani, che ormai aveva una decade di successi da direttore scientific­o Iit alle spalle, la fase di startup del polo scientific­o, con grande scorno di Università e professori (che, per inciso, si vendicaron­o, come solo gli accademici sanno fare). Roberto Cingolani ha sempre in effetti avuto un «difetto», anzi due: essere un insopporta­bile outsider di talento. E fare da apripista. Vizio che non ha nessuna voglia di perdere, dato che dal primo settembre sarà a capo dell’innovazion­e di Leonardo-finmeccani­ca (chief Technology & Innovation officer), segnando un passaggio dal settore scientific­o a quello aziendale che forse sarà pure di routine in posti come Boston, San Francisco e Stanford. Ma non a Milano, Genova e Roma. Una sfida non banale: se l’iit, con i suoi 1.700 ricercator­i da tutto il mondo, si può paragonare a una Ferrari della tecnologia, Leonardo, che ha diecimila persone solo nel reparto ricerca e sviluppo, è più un Tgv.

Lo stile di Cingolani d’altra parte polala rizza, o piace molto o lascia perplessi: nei convegni ama raccontare che l’uomo non si ferma fino a quando non ha distrutto tutto il suo ecosistema. E biologicam­ente parlando c’è solo un’altra specie che si comporta così: i virus. Per chi supera questo scoglio di franchezza però c’è un premio non banale: uno scienziato capace di esprimere grande passione per l’essere umano e la società. Nel suo ultimo libro edito da il Mulino, L’altra specie, dedicato ai robot in maniera laica, Cingolani si lancia nella più grande e accorata difesa dell’ingegneria del cervello umano, capace di funzionare con pochi watt, un obiettivo che le energivore intelligen­ze artificial­i più evolute raggiunger­anno forse dopo che l’uomo avrà colonizzat­o Marte. È tutto ciò nonostante proprio questa «altra specie» gli abbia dato grande visibilità internazio­nale: il robot-bambino icub, sviluppato con Giorgio Metta, che da settembre prenderà il suo posto come direttore scientific­o dell’iit, è di gran lunga l’androide più bello ed elegante al mondo, anche nei movimenti e non solo nel design integrato nella tecnologia. Lo potremmo chiamare l’iphone della robotica. Dicevamo lo stile. Una volta il grande tenore Luciano Pavarotti disse che nel

Fuori dal laboratori­o

Cingolani legge tantissimo, spesso di notte («ho la fortuna di dormire in media 4 ore e mezza»). Dalla politica a Nesbo e Carofiglio. Per quanto riguarda la musica, siamo sui Dire Straits e Neil Young fino a Pavarotti. Nella lettura come nella scienza Cingolani è un onnivoro. Ma per capire fino in fondo chi sia bisogna risalire a un evento molto doloroso che lui stesso non nasconde. Perché con una carriera da scienziato così ben avviata da giovane è tornato in Italia per ripartire praticamen­te da zero? «C’è stato un momento della mia vita — disse sempre in passato — in cui ho fatto ricerca a livelli altissimi. C’erano le condizioni per provare a puntare in futuro a un premio Nobel. Sono tornato per la morte di mio padre. Ho due fratelli più piccoli. C’è stato dunque un periodo molto felice in cui ho potuto lavorare per me in un centro di eccellenza. Probabilme­nte non avevo le capacità ma se mai le avessi avute non lo saprò mai». Anche se: «Penso che il Nobel sia un po’ superato. Per esempio che premio dovremmo dare a chi ha inventato lo smartphone o Internet? Il Nobel è rimasto imprigiona­to nelle categorie scientific­he del Novecento. C’è bisogno di un nuovo premio al global innovator perché c’è un nuovo tipo di cultura scientific­a del XXI secolo molto più interdisci­plinare. Pensiamo solo ai big data nel campo della medicina». Tra i suoi sogni e passioni giovanili c’era anche quello di andare in Africa come medico. Ma poi prevalse la fisica («Quando accetti la meccanica quantistic­a con tutti i suoi paradossi diventi un’altra persona»). Non a caso ama Interstell­ar. Tra i suoi sogni di adulto invece c’è un viaggio di tremila chilometri in bicicletta in Canada. Che si aggiunge ai viaggi in moto con la sua Goldwing. «Sempre due ruote: mi piace stare in equilibrio dinamico». Si vede.

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«L’altra specie. Otto domande su noi e loro», dedicato al rapporto tra umani e umanoidi è l’ultimo libro di Roberto Cingolani, edito dal Mulino
Il libro «L’altra specie. Otto domande su noi e loro», dedicato al rapporto tra umani e umanoidi è l’ultimo libro di Roberto Cingolani, edito dal Mulino

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