Banche, la frenata degli istituti esteri
Guido Rosa, presidente dell’aibe: «L’italia ha bisogno di rinnovare le proprie regole, non di nuovo debito» Ma resta centrale il ruolo degli istituti stranieri: detengono un terzo del risparmio e dei titoli pubblici
Vista con gli occhi delle banche estere che operano sul territorio italiano, la Penisola continua ad essere un territorio profittevole per il business, anche se meno che in passato. Le annunciate riforme strutturali non sono state realizzate neppure da questo governo e per le imprese l’ambiente risulta sempre meno favorevole al business. Il clima, per l’impresa e per l’investitore industriale, appare a tratti quasi ostile. E i riflessi sugli affari, ovvero sulla presenza e sull’impegno dei grandi gruppi creditizi internazionali sul mercato italiano è oggettivamente in flessione, come si nota dalla tabella di questa pagina.
«Best practice»
«L’italia ha bisogno di riforme – dice Guido Rosa, presidente dell’aibe, l’associazione italiana delle banche estere – non di nuovo debito. E senza riforme, senza allineare il Paese alle migliori practice internazionali, l’italia risulta poco appetibile, ha una bassa attrattività». Gli aspetti dolenti sono noti da anni, decenni: burocrazia, funzionamento della pubblica amministrazione, giustizia, certezza del diritto, continuità e uniformità delle norme. Fattori che contribuiscono a ridurre la fiducia nel Paese. «Le banche estere hanno agito in Italia in un contesto dominato dall’incertezza, che ha visto i mercati finanziari, non solo in Italia, ridursi in dimensione – dice Rosa -. Questa diminuzione di fiducia, che l’aibe con il Censis ha fotografato recentemente, si è concretizzata in una riduzione degli acquisti di quote del debito pubblico nel momento in cui sono andate disattese le aspettative di riforma. Negli ultimi dieci anni l’economia del mondo è cresciuta a ritmi particolarmente sostenuti, ma l’italia non ha saputo sfruttare queste opportunità, quasi non se ne è accorta. Di certo non ha saputo agganciare a pieno la locomotiva della crescita e le opportunità offerte dalla politica espansiva della Banca centrale europea. Di questo non si possono incolpare i vincoli imposti dall’unione europea, la globalizzazione e il sistema finanziario internazionale, è necessario guardare al nostro interno, anche perché altri paesi, come la Spagna, il Portogallo e l’irlanda, sottoposti alle medesime regole, hanno saputo fare molto meglio di noi».
Credito al consumo
I riscontri numerici, raccolti nella nona edizione del Report annuale dell’aibe appena presentato, confermano che le banche estere continuano a svolgere, in Italia, un ruolo importante a supporto dell’economia e della finanza. «L’apparente forte riduzione in alcuni settori di operatività – spiega Rosa – come i prestiti sindacati, il capital market e le fusioni e acquisizioni, si giustifica in parte perché confrontati con il forte aumento registrato nel 2017 e, in parte, perché alcune importanti operazioni, iniziate nel 2018, sono andate a concretizzarsi nei primi mesi del 2019».
Il report dell’aibe evidenzia come le 79 banche estere operanti in Italia, abbiano un ruolo che resta importante nell’economia domestica: controllano la totalità del mercato delle cartolarizzazioni, hanno una quota di mercato del 68 per cento nei prestiti sindacati, del 51 per cento nel project finance italiano, l’81 per cento del controvalore delle emissioni sul Debt capital market con la partecipazione di book runner esteri, il 34 per cento degli asset under management, ovvero del risparmio degli italiani affidato a strumenti professionali come le gestioni collettive, di portafoglio o i fondi pensione, oltre al 45 per cento del mercato italiano del ricchissimo segmento del credito al consumo. «Nel complesso – conclude Rosa – gli operatori stranieri presenti in Italia continuano a svolgere un ruolo importante, qualificato e, al momento, insostituibile. I 79 operatori nel loro complesso controllano circa i due terzi del mercato italiano dell’investment banking, con punte dell’80 per cento in taluni settori specifici. Sono, queste banche, punto di riferimento essenziale per il grande flusso di investimenti esteri che continua ad arrivare nel nostro Paese. Lo stock, secondo gli ultimi dati disponibili, ammonta a 413 miliardi di dollari, in crescita del 20 per cento sul periodo precedente». Un dato confortante, riforme a parte.