La cultura fa crescere il Pil
Stimare quanto patrimonio culturale abbia l’italia è difficile. Siamo stati recentemente raggiunti dalla Cina nel numero di siti tutelati dall’unesco (55). Ma nella classifica delle migliori nazioni stilata da Us News & World Report, l’ Italia è prima al mondo per influenza e patrimonio culturale. Un concetto che ci appare scontato. Ma del quale ci rendiamo conto solo in occasione di disastri naturali, vandalismo o, peggio, furti. Ed è in quei frangenti che si comprende quanto poco facciamo e lavoriamo non solo per preservare quel patrimonio, ma anche per intervenire in caso di danneggiamenti.
Danni culturali si aggiungono a danni economici (e non solo in Italia). Se ne è avuta una prova drammatica lo scorso aprile. Un incendio ha messo a serio rischio Notre-dame de Paris. E cioè la seconda
chiesa più visitata d’europa dopo San Pietro. In quelle ore pomeridiane — era il 15 aprile — le fiamme divampate hanno rischiato di distruggere la cattedrale.
La dichiarazione
Pochi giorni prima, 25 Paesi dell’unione europea avevano firmato una «Dichiarazione di cooperazione per una digitalizzazione avanzata del patrimonio culturale». Che se fosse già stata in atto, probabilmente avrebbe potuto rendere meno lungo e complicato il processo di restauro della cattedrale parigina, nonostante i danni siano stati inferiori a quanto temuto.
Invece oggi ci si deve basare solo sulle ricostruzioni in 3D, grazie alla tecnologia laser, create dallo studioso recentemente scomparso, a soli 49 anni, Andrew Tallon. Ma pensiamo a cosa sarebbe accaduto se avessimo avuto soltanto mappe, foto e planimetrie. Vale a dire su immagini a due sole dimensioni.
L’europa, grazie alle tecnologie digitali e a quella «Dichiarazione», potrà contribuire enormemente al processo di conservazione e intervento. Non appaia come un discorso di nicchia. Si tratta invece di uno dei fondamenti per fare sì che concretamente la crescita di Paesi come l’italia possa contare sulle nuove tecnologie per poter puntare su uno dei volani individuato come perno dello sviluppo: il turismo culturale.
Un elemento che per un Paese come il nostro, che non dispone di risorse fisiche come il petrolio, è centrale.
Il giro d’affari legato al turismo culturale, secondo i dati del Ciset (Centro internazionale di studi di economia turistica), è ammontato a 21 miliardi nel 2018. Ben 55 milioni di visitatori si sono recati in musei, monumenti storici o siti archeologici, con un aumento negli ultimi cinque anni del 44%. L’aspetto economico è solo forse quello più evidente. Ma eventi come il terremoto dell’aquila ci ricordano quanto alla perdita già tragica di vite umane si sommi anche quella culturale e delle comunità che nei monumenti vedono l’emblema dello sviluppo collettivo. Anche se proprio in occasione di quel terremoto abbiamo capito, come spesso accade, che l’italia non è affatto all’anno zero. In quell’occasione abbiamo avuto esempi di come moderni progetti di restauro possano usare le tecniche di 3D scanning, riassemblaggio virtuale, analisi delle fonti visive.
Il caso
Un caso emblematico, e che ha fatto il giro del mondo, è stato quello della Madonna di Pietranico, una statua di terracotta rinascimentale, danneggiata e frammentata in molti pezzi per colpa del sisma. Grazie ai fondi europei, alla Sopraintendenza culturale della Regione Abruzzo, è stato possibile prima catturare i vari frammenti in 3D, la loro digitalizzazione ha permesso poi di non doverli maneggiare fisicamente al momento di ri-assemblarli ma di simulare varie strade, fino a scegliere la migliore. Processo che peraltro ha visto al lavoro assieme diversi scienziati, dagli storici, ai conservatori agli informatici. Il lavoro in team ha permesso un soddisfacente recupero del manufatto. La digitalizzazione del patrimonio culturale non può fare affidamento però su iniziative dei singoli enti o scienziati per quanto avanzatissime.
Al momento un certo comune, regione, museo, paga una campagna per fare la mappa digitale 3D di una chiesa, spesso utilizzando qualche fondo europeo e in modo circoscritto, dopo di che il modello rimane in qualche archivio, inaccessibile o, peggio, dimenticato. E anche se si mettessero insieme i modelli fatti, ci sarebbe sicuramente un problema di leggibilità, perché manca la standardizzazione.
Sul web
È per questo che iniziative come Europeana (www.europeana.eu) possono rappresentare il punto di svolta. Si tratta di una piattaforma creata dall’europa e che lavora con migliaia di archivi, biblioteche, musei dei Paesi membri dell’unione, nata proprio con l’intento di condividere il patrimonio culturale.
Fornisce l’accesso a oltre cinquanta milioni di oggetti digitalizzati che vanno da libri, film, musica, statue, manufatti artistici in genere. Oltre che a collezioni di arte, moda, fotografia. È solo un primo passo verso la creazione di un centro di competenze per la conservazione di monumenti e siti. Lo scopo è quello di mettere assieme e permettere alle varie organizzazioni culturali europee di sviluppare, e anche qui condividere, le competenze tecnologiche necessarie anche allo sviluppo della fruizione del patrimonio. Le nuove frontiere mostrate dall’hi-tech aprono prospettive anche a nuove esperienze di utilizzo. Si pensi solo alla realtà virtuale, ma in generale l’offerta di prodotti digitali legati al patrimonio culturale è sicuramente tutt’altro che elevata. È un campo dove si è iniziato ad arare solo minimamente.
La strada resta quella dell’uso dell’hi-tech per valorizzare e rendere le potenzialità, come nel caso del patrimonio culturale italiano, una realtà.
Sapendo che l’europa può essere la carta vincente.
Gli Stati dell’ue hanno firmato un’intesa per la conversione tecnologica del patrimonio culturale per preservarlo e valorizzarlo. Un accordo che può favorire la crescita di Paesi come l’italia che, tra le sue risorse, annovera proprio il turismo artistico Non si può fare affidamento sui progetti dei singoli enti o scienziati. Così è nata la piattaforma Europeana, che connette online archivi, biblioteche, musei