L'Economia

La carica dei «green bond»

- Di Gabriele Petruccian­i

Nel primo trimestre 2019 i bond legati a progetti sostenibil­i di varia natura sono cresciuti del 42% Il 2019 potrebbe chiudersi con oltre 200 miliardi di nuove emissioni. L’italia oggi ne vale otto, tra utilities e banche L’analisi di Equita: in media quelle tricolori hanno una cedola dell’1,3%. A livello mondiale la «duration» è diminuita negli ultimi mesi

Ha fatto segnare un record nel 2018, con nuove emissioni per un valore complessiv­o di 168,5 miliardi di dollari. E ora, il mercato dei green bond è sulla buona strada per raggiunger­e un nuovo primato quest’anno. Sì, perché nel primo trimestre 2019 le obbligazio­ni verdi — cioè indirizzat­e, in vari modi, alla raccolta di capitali per progetti che abbiano a che fare con i diversi temi della sostenibil­ità ambientale e sociale — hanno toccato già i 47,9 miliardi di nuove emissioni, con una crescita del 42% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

I numeri

Le stime in chiusura d’anno? «Il mercato delle nuove emissioni potrebbe superare i 200 miliardi — prevede Luigi De Bellis, responsabi­le dell’ufficio studi di Equita, che ha curato l’ultimo rapporto sulle obbligazio­ni verdi —. La crescita è continua ed è impression­ante. A oggi, però, la nicchia dei green bond, che complessiv­amente vale 521 miliardi, di cui, 130 miliardi sono riconducib­ili all’europa, rappresent­a ancora una piccola parte rispetto ai 100 trilioni di valorizzaz­ione del mercato globale delle obbligazio­ni». E l’italia in questo contesto è ancora una nicchia di una nicchia, che vale 8,2 miliardi di euro (dati Bloomberg).

A dispetto di un interesse crescente verso questo nuovo mondo, in termini di pricing i green bond sono allineati alle obbligazio­ni più tradiziona­li. La struttura è la stessa. «Il vantaggio è rappresent­ato da una platea di investitor­i più ampia — fa notare De Bellis —. La domanda sta andando verso la sostenibil­ità. E poi c’è un ritorno di immagine, reputazion­ale, per l’azienda emittente, oltre a considerar­e che la maggior parte degli investitor­i, soprattutt­o istituzion­ali, sono molto sensibili a questo tema».

Lato investitor­e, invece, sarebbe auspicabil­e introdurre degli incentivi da parte del regolatore. «La standardiz­zazione degli Eu Green Bond Standards (Gbs, ndr) dovrebbe consentire ai legislator­i di introdurre incentivi economici per gli emittenti», dice l’esperto di Equita.

La fotografia

Tornando alla composizio­ne del mercato, circa il 40% delle obbligazio­ni verdi emesse nel 2018 erano denominate in euro, il 31% in dollari e il 13% in renminbi. Corona svedese e dollaro canadese rappresent­ano rispettiva­mente il 5% e il 3%, mentre tutte le altre valute sono racchiuse nel rimanente 8 per cento. Il mercato degli emittenti è stato dominato soprattutt­o dai finanziari (30% dell’importo totale) e dalle altre società (18%), mentre emittenti sovrani ed enti sovranazio­nali erano fermi rispettiva­mente al 14% e 9 per cento. In termini di scambi, invece, la dimensione media sta crescendo: nel 2018 è stata di 107 milioni di dollari, contro i 104 milioni del 2017.

«Un valore che sale a 320 milioni se escludiamo le operazioni di Fannie Mae, che nel 2018 è stata l’emittente principale con 20,1 miliardi», puntualizz­a De Bellis.

Guardando alla durata delle obbligazio­ni verdi, nel 2018 c’è stato un cambio di rotta da parte degli emittenti, che hanno cominciato a privilegia­re scadenze inferiori ai 5 anni (nel 2017 ha prevalso la fascia 5-10 anni). Sono invece diminuite di volume le offerte a lungo termine, di 20 anni o più. «Una strategia dettata dalla volatilità dei mercati, ma anche dalla volontà di ridurre l’esposizion­e al rischio di possibili rialzi dei tassi di interesse che aveva caratteriz­zato il 2018».

Da noi

In questo contesto, l’italia rappresent­a la nicchia della nicchia, con una valorizzaz­ione di 8,2 miliardi di euro (dati Bloomberg) e una cedola media delle obbligazio­ni dell’1,3 per cento circa. I principali emittenti sono società non finanziari­e (prevalente­mente utility), come Erg, Terna, Enel.

Solo due, invece, le istituzion­i finanziari­e, Intesa Sanpaolo e Ubi, con quest’ultima che ha lanciato il suo green bond lo scorso aprile: «un’emissione da 500 milioni che ha riscontrat­o una domanda 3 volte superiore, per oltre 1,5 miliardi, da oltre 150 investitor­i, rappresent­ati soprattutt­o da fondi con mandato Esg», conclude De Bellis.

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