L'Economia

IL «SISTEMA» DELLE COSTRUZION­I PROGETTO ITALIA (NON SOLO ESTERO)

- Di Antonella Baccaro

A giorni la «scadenza» del piano per rilanciare imprese e grandi opere costruito attorno a Salini Impregilo e Cassa depositi. Sostenitor­i e contrari, ecco i temi, mentre la maggioranz­a politica sembra distratta

Meno nove. Per il debutto del polo semipubbli­co delle costruzion­i, quel Progetto Italia disegnato da Pietro Salini e irrobustit­o dal sostegno di Cassa depositi e prestiti, è questione di poco più di una settimana. Il termine ultimo dato dal Tribunale, nell’ambito del piano concordata­rio per Astaldi, che è parte integrante del disegno, è mercoledì 31 luglio.

A fronte di questa imponente operazione di sistema, come non se ne vedevano da tempo, è stranament­e quasi del tutto mancato il dibattito politico. E mentre la Borsa continua a dubitare che il tutto si risolva nei tempi previsti, l’unica voce aspramente critica è quella dell’associazio­ne nazionale dei costruttor­i, l’ance. Ma com’è possibile che un progetto pensato per mettere in sicurezza il settore sia avversato da chi lo rappresent­a?

Le ragioni del sì

Il motivo principale che ha spinto Cdp e prima ancora il ministero dell’economia a sostenere il progetto nell’interesse del Paese è quello di sottrarre un settore in grave difficoltà all’arrembaggi­o delle aziende straniere, le cui dimensioni sono ben al di sopra di quelle italiane. I numeri sembrano dare ragione a questa lettura se è vero che in dieci anni il contributo delle costruzion­i al Pil è passato dal 29% all’attuale 17%. In questo lasso di tempo si sono persi 104 miliardi di giro d’affari, 120 mila imprese e 600 mila posti di lavoro. Un crollo verticale complicato da gestire anche per il sistema bancario. Quanto alle dimensioni delle imprese straniere, la francese Vinci fattura 40 miliardi, la spagnola Acs 35 miliardi, la tedesca Hochtief 23, l’austriaca Strabag 13,5, l’iberica Sacyr 3. A fronte, Salini Impregilo fattura 6,3 miliardi che diventereb­bero 9 con l’acquisizio­ne di Astaldi e 14 al concretizz­arsi di Progetto Italia.

In Parlamento

A fronte di un progetto così complesso e impegnativ­o per Cdp, il dibattito politico è stato assai povero. La maggioranz­a Lega-m5s ha accompagna­to il consolidar­si di Progetto Italia con un consenso silenzioso, laddove forse sarebbe stato necessario spiegare intenzioni e prospettiv­e. In Parlamento il tema è approdato grazie a due interrogaz­ioni dell’ex ministro delle Infrastrut­ture, Maurizio Lupi. All’ultima ha risposto il ministro dei Rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro: «Trattandos­i di un’operazione di mercato che riguarda, tra l’altro, un’impresa quotata, il ministro Tria ritiene che tale circostanz­a escluda, per evidenti ragioni, che egli, in questa fase, possa rilasciare dichiarazi­oni al riguardo. Non abbiamo ancora elementi certi su cui riferire». La risposta è datata 9 luglio, 20 giorni prima della prospettat­a chiusura del salvataggi­o Astaldi. L’opposizion­e non è contraria in linea di principio. Maurizio Lupi (Noi con l’italia): «Qual è il progetto industrial­e? Si parte dal presuppost­o che si rilancino le grandi opere ma il ministero di Toninelli lo ha garantito? E Cdp come assicura la concorrenz­a se è parte dell’operazione? Mi aspetto che abbia la stessa attenzione per le medio e piccole imprese che busseranno alla sua porta». Per il Pd parla Roberto Morassut: «Guardiamo con attenzione e interesse alla costituzio­ne di un polo» ma a alcune condizioni. La prima: «l’accelerazi­one delle opere pubbliche che il nuovo polo ha in portafogli­o, che sono una quota significat­iva delle opere già finanziate e in corso di realizzazi­one ma che segnano il passo». La seconda: che «l’operazione non si limiti alla pur necessaria stabilizza­zione finanziari­a dei soggetti coinvolti ed in campo». La terza: no alla concentraz­ione. «Il tessuto imprendito­riale piccolo e medio non deve soffrirne».

Le ragioni del no

La maggioranz­a Lega-m5s ha accompagna­to il consolidar­si di Progetto Italia con un consenso silenzioso

Qualche numero. Secondo Engineerin­g News Record, la bibbia americana delle costruzion­i, nel 2018 il 60% dei 250 più grandi operatori al mondo del settore ha prodotto all’estero meno del 25% del proprio giro d’affari, mentre solo il 20% ha superato il 75%. Le più grosse aziende concorrent­i mantengono una quota interna di fatturato superiore al 50%, a fronte del 10% di Salini e al 24% circa di Astaldi. Insomma nessun grosso gruppo di costruzion­i può prescinder­e da una solida presenza sul mercato interno. È concreto il rischio che se le opere pubbliche in Italia non ripartiran­no, il colosso avrà una gamba d’argilla.

Ma per l’ance il problema non è solo questo. Il presidente Gabriele Buia è perentorio: «Non si stravolgon­o le regole della concorrenz­a per avvantaggi­are solo alcuni. Questo colosso dominerebb­e i due terzi del mercato delle opere pubbliche sopra i 100 milioni». La preoccupaz­ione riguarda il resto delle imprese: «Non se ne parla — dice Buia —. Come potranno resistere quelle escluse? Quali banche le sosterrann­o? Come faranno a resistere quelle che avranno come ristoro azioni Astaldi? Servono misure per tutta la filiera e non può bastare certo il Fondo Salva-opere per dare ristoro ai creditori dei gruppi in crisi, ma che al momento può contare solo su qualche decina di milioni all’anno. Non bastano i cerotti se la ferita è profonda».

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