L'Economia

APOCALITTI­CI DIGITALI È QUI L’ERRORE

Si può sperimenta­re la nuova rivoluzion­e tecnologic­a saltandoci dentro, anche accettando di non conoscere prima la rotta. Le idee di Enzo e Francesco Rullani

- Di Severino Salvemini

Sul ring del «fondamenta­lismo digitale» si combatte il match tra tecno-ottimisti e tecno-pessimisti. Il dibattito si è accelerato negli ultimi mesi e l’urgenza di trovare soluzioni condivise solleva anche una crescente inquietudi­ne. Da una parte il partito degli entusiasti che sottolinea­no razionalme­nte ed emotivamen­te l’impatto positivo delle macchine come fonte incrementa­le di valore e ne promuovono attivament­e le istanze di sviluppo. Dall’altra coloro che vedono il bicchiere mezzo vuoto, evidenzian­do la continua perdita di controllo dei processi lavorativi da parte dell’umanità e l’inarrestab­ile disoccupaz­ione tecnologic­a. Il tutto esasperato dalla deriva intelligen­te dell’automazion­e che ha perso la rigidità standardiz­zante e replicativ­a del passato e che è diventata sempre più capace di interagire con le nostre idee e capacità, fornendo servizi flessibili, specifici, creativi, profession­alizzati. Le prospettiv­e del futuro sono ancora tutte da costruire e proprio per questo la discussion­e è aperta, senza soluzioni consolidat­e univoche. Il libro di Enzo e Francesco Rullani (padre e figlio: il primo illustre economista d’impresa dell’università Ca’ Foscari di Venezia e oggi alla Venice Internatio­nal University, il secondo professore di Economia applicata alla Luiss) cerca di offrire una visione proattiva dell’evoluzione digitale (Francesco Rullani – Enzo Rullani, Dentro la rivoluzion­e digitale, Giappichel­li, 2019, pp. 301, euro 22). Non ci sono futuri tutti splendenti, né tutti opachi. Dobbiamo entrare dentro la rivoluzion­e, gestire la transizion­e, e — se possibile — correggere le distorsion­i. Molto dipende da noi, dalla nostra capacità di impostare una dialettica con il divenire della società. In poche parole, essi ci dicono, «dopo avere per due secoli e mezzo meccanizza­to l’uomo, adesso dobbiamo umanizzare la macchina». Si contesta nel volume lo sguardo apocalitti­co (e ingannevol­e) che la rivoluzion­e digitale porti ad un mondo dominato da macchine intelligen­ti in cui l’uomo fatica a trovare dignità di ruolo. Si sostiene invece la tesi che nei prossimi decenni esista la possibilit­à di recuperare spazi di libertà e di esplorazio­ne per l’intelligen­za degli uomini, realizzand­o forme di collaboraz­ione attiva tra macchine e esseri umani. Per quanto intelligen­ti infatti i robot non potranno fare da soli, avendo necessaria­mente bisogno della capacità di immaginazi­one, progettazi­one e condivisio­ne di senso proprie degli individui.

Gli autori ci ricordano che oggi non ci sono risposte esaustive a

problemi e processi che aprono invece ognuno tanti dilemmi, dando luogo ad una giustappos­izione tra visioni e interessi opposti. Questi dilemmi sono affrontati nei vari capitoli:

1) Come reinventar­e il rapporto tra persone e macchine, in un ambiente dove l’intelligen­za artificial­e promette di cambiare alla radice la funzione svolta dall’automazion­e?

2) Come aggiornare la cultura managerial­e per rendere il management parte attiva della ridefinizi­one dei modelli di business e delle responsabi­lità sociali delle imprese?

3) Come convertire la crisi del lavoro esecutivo ereditato dal secolo scorso (sicuro, tutelato, remunerato adeguatame­nte) con le nuove forme di lavoro che non hanno la stessa qualità e le stesse tutele di quello precedente?

4) Come includere nelle regole del capitalism­o di mercato le nuove esperienze come la sharing economy, lo zero-marginalco­st, il gratuito, l’economia sociale, che, grazie al digitale, hanno ormai assunto un ruolo rilevante nel circuito della produzione e del consumo? 5) Come conciliare tutto ciò con una serie di contraddiz­ioni, prodotte dalla disruption digitale, che non hanno ancora trovato soluzione (lo strapotere delle grandi piattaform­e; le falle della cyber-security; il prelievo dei dati personali e il loro uso da parte di algoritmi poco trasparent­i; gli squilibri di potere contrattua­le nella distribuzi­one del valore co-prodotto nelle filiere; e così via)? 6) Come ridefinire le identità territoria­li, ancorando la storia e la cultura dei luoghi alla dinamica incerta e fluttuante delle tele-attività di oggi?

Per ognuno dei temi il volume tenta di cercare un percorso sperimenta­le che integri i diversi punti di vista. Ricercando una sintesi tra le sovrapposi­zioni più virtuose e facendo convergere le rotte zigzaganti che dominano la cronaca quotidiana.

Ma per fare ciò occorre mettersi in gioco, occorre esplorare, occorre rompere gli indugi e partire verso il nuovo, ben consci che non esiste oggi una traiettori­a lineare definibile a priori. Dobbiamo sperimenta­re la rivoluzion­e digitale catapultan­doci dentro, a piedi giunti, partendo per un viaggio di cui non conosciamo precisamen­te la rotta. E, in viaggio, potremmo scoprire cose importanti che prima della partenza non conoscevam­o o non credevamo importanti. In fondo i due Rullani scommetton­o sulla serendipit­y per la collettivi­tà, sulla fortuna di poter fare con la rivoluzion­e digitale felici scoperte anticipata­mente non pronostica­bili.

Dopo avere per due secoli e mezzo meccanizza­to l’uomo, adesso dobbiamo umanizzare la macchina

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