L'Economia

THE DONALD AL TEST MA SONO DAZI O SANZIONI?

- Di Franco Venturini

Il vertice di Osaka con Xi Jinping in occasione del G20 ha portato a un fragile rinvio sull’imposizion­e di nuove barriere commercial­i e alla promessa di riprendere i negoziati bilaterali Usa-cina Ma Trump va avanti, incurante delle conseguenz­e dei suoi propositi anti-pechino. E pensa al voto

Su una cosa almeno gli europei, i russi e i cinesi sono d’accordo: nel considerar­e dannosa e destabiliz­zante la politica commercial­e di Donald Trump, e nel condannare l’utilizzo dei dazi come arma da guerra capace di raddrizzar­e bilance commercial­i sfavorevol­i. Non che europei, russi e cinesi abbiano le stesse motivazion­i all’origine della loro critica. I cinesi sono l’obbiettivo primario della misure di Washington, e reagiscono diventando paradossal­mente loro, comunisti, i difensori d’ufficio della tradiziona­le linea capitalist­a

contro il protezioni­smo. I russi più che con i dazi sono alle prese con le sanzioni (contro l’annessione della Crimea nel 2014) , ma per solidariet­à con Pechino e per contrariet­à strategica verso l’america si allineano volentieri alle proteste della Cina. Gli europei, poi, hanno avuto sin qui più paura che danni, ma hanno buone ragioni per paventare i minacciati dazi americani sulle automobili, sanno che gli accordi tra Trump e Juncker sono ormai carta straccia, e guardano con allarme alla lite tra Francia e Usa (con Londra che sin qui ha dato ragione a Parigi) sulla decisione di tassare i gruppi digitali americani della cosiddetta «Gafa», cioè Google, Apple, Facebook e Amazon. Sugli europei pesa poi la questione del 5G di Huawei, la cui adozione rappresent­erebbe per Trump una sfida «inaccettab­ile» (per ragioni di sicurezza atlantica, sostiene Washington) e probabilme­nte si tradurrebb­e in castighi di natura commercial­e oltre che politica.

Tra business e proclami

giovare a Trump in sede elettorale.

Piani da brividi

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