L'Economia

DA PALMIRA AL MUSEO EGIZIO AFFARI IN 3 DIMENSIONI

- Di Francesca Gambarini

Si chiama Tryeco 2.0 l’azienda di Ferrara che ha ricostruit­o, in versione hitech, il soffitto di uno dei templi della città distrutta dall’isis. «In Italia scarso accesso al credito, l’artigianal­ità è determinan­te». Prossimo step: mettere in rete gallerie & Co.

APalmira, nel museo del sito archeologi­co Patrimonio dell’umanità sfregiato dall’isis tra il 2015 e il 2016, e oggi al centro di un dibattito internazio­nale sui modi della sua ricostruzi­one, c’è anche un po’ d’italia. Di recente è infatti approdata in Siria la copia del soffitto del tempio di Bel, uno dei monumenti principali e più scenografi­ci dell’area, ricostruit­o prima tramite un modello digitale, completo di tutti gli elementi decorativi, da cui poi è stato ricavato il duplicato fisico in scala reale.

A crearlo è stata un’azienda di Ferrara, Tryeco 2.0, quattro soci quarantenn­i e due dipendenti, nata nel 2011 grazie alle competenze della precedente Tryeco snc, che operava nei servizi integrati alle imprese. L’idea è venuta a un gruppo di architetti specializz­ati in restauro che «ha intuito che la tecnologia può essere applicata con successo anche ai beni culturali — racconta il ceo Matteo Fabbri, tra i fondatori —. Il primo impiego? Un architetto londinese aveva bisogno di fare molti modelli in poco tempo. Per aiutarlo, l’unica cosa che ci è venuta in mente è stata provare con la stampante 3D. Ce la siamo fatta prestare: all’epoca non l’avevamo. Siamo partiti con un investimen­to di diecimila euro, non sapevamo cosa fosse un business plan». Da allora l’azienda, che si definisce

A sinistra e nel tondo, l’iscrizione del Pont d’ael in Val d’aosta: sull’acquedotto non si legge la scritta originale ma una copia, realizzata con scansione in 3D da Tryeco 2.0. A destra, la fresatura di una copia della dea Hathor ricreata dall’azienda per una campagna di comunicazi­one del Museo Egizio di Torino

una «creative maker farm», dove un’anima artigiana incontra le tecnologie, è cresciuta fino a ottenere anche venti commesse l’anno, tra pubblico e privato, per la maggior parte in Italia. Dalla campagna di comunicazi­one per la riapertura del Museo Egizio di Torino nel 2015 alle ricostruzi­oni per il Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara, dai doccioni riprodotti per il castello di Fenis alla copia dell’iscrizione del Pondel–pont d’ael in Val d’aosta, alla riproduzio­ne con videomappi­ng del sepolcro di Nureyev, le tecniche utilizzate spaziano dalla prototipaz­ione rapida al digital manufactur­ing, gli strumenti impiegati vanno dai laser scanner 3D, a tecnologie di realtà aumentata, stampa 3D.

«Ora stiamo realizzand­o una cinquantin­a di copie di reperti per il nuovo allestimen­to del Museo del Termalismo a Montegrott­o Terme — racconta Fabbri —, ci impegneran­no per cinque-sei mesi. Per ogni progetto lavoriamo con funzionari pubblici, curatori, archeologi: il confronto è la chiave del successo». Un aspetto importante se si tratta di comunicare e valorizzar­e il patrimonio, senza cedere alla tentazione della mera esposizion­e o piuttosto della spettacola­rizzazione. Ma con la cultura in Italia si mangia? «Negli anni buoni abbiamo fatturato anche 300 mila euro, oggi siamo un po’ scesi. È un mercato instabile, dove l'accesso al credito è ancora più difficile della norma — prosegue Fabbri —. Ma qualcosa si muove: le banche del credito cooperativ­o dell’emilia-romagna hanno investito nell’azienda, dopo che abbiamo partecipat­o al loro percorso di accelerazi­one per startup ad alto impatto sociale “Battiti”». Il futuro, però, per Fabbri e soci non sarà solo nei prototipi digitali. «Abbiamo fondato una startup, in fase di sperimenta­zione, che si chiama Mix (Museum interactiv­e experience)», dice l’imprendito­re. Si tratta di una piattaform­a che metterà in rete tanti musei, che pagando un abbonament­o, caricano contenuti digitali e in realtà aumentata che accompagna­no il visitatore nel percorso e saranno visibili tramite app. Insomma, il business è in piena trasformaz­ione. «Le tecnologie saranno sempre più accessibil­i, ma a prevalere sarà la capacità del saper fare», è convinto Fabbri.

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Trova l’originale
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Matteo Fabbri, architetto, è ceo e fondatore di Tryeco 2.0. È anche docente all’accademia delle Belle Arti di Bologna
Visioni Matteo Fabbri, architetto, è ceo e fondatore di Tryeco 2.0. È anche docente all’accademia delle Belle Arti di Bologna
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La ricostruzi­one del soffitto del tempio di Bel di Palmira, sito Unesco dal 1980
In Siria La ricostruzi­one del soffitto del tempio di Bel di Palmira, sito Unesco dal 1980

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