C’è un’azienda (in salute) posseduta da cani e gatti
Pier Giovanni Capellino ha ottenuto dall’agenzia delle Entrate il riconoscimento della proprietà alla Fondazione
Capita un po’ in tutte le aziende di dover fare spazio a nuovi padroni. Alla Almo Nature serviranno però parecchie poltrone, perché da fine giugno i proprietari hanno quattro zampe.
L’agenzia delle Entrate infatti ha ufficialmente riconosciuto, per la prima volta in Italia, la possibilità che l’impresa produttrice di pet food possa essere posseduta a tutti gli effetti da una Fondazione, la Fondazione Capellino, e che quindi tutti i profitti siano a disposizione per difendere cani, gatti e per salvaguardare la biodiversità. «Per la legge italiana, classificandosi come ente commerciale, ora la Fondazione ha diritto a gestire la società di cui ha la proprietà e ad essere finanziata dalla stessa senza penalizzazioni — spiega Pier Giovanni Capellino, titolare di Almo Nature. — In alternativa avrei dovuto vendere l’azienda e trasformare il capitale in rendita mentre volevo non dividere la solidarietà dalla produzione della ricchezza e coinvolgere
dipendenti e clienti». Almo Nature — con i suoi 100 addetti e un giro d’affari di 80 milioni (l’ebitda raggiunge i 16) — a 19 anni dalla sua fondazione oggi può considerarsi a tutti gli effetti una «multinazionale tascabile», con una sede centrale a Genova e filiali in Germania, Svizzera, Regno Unito, Francia, Olanda, Canada e Stati Uniti.
A Capellino la tenacia non manca. Lui si definisce un autodidatta: «La molla è sempre stata la necessità — racconta —, mi sono iscritto all’università, ma non mi sono mai laureato, non volevo diventare imprenditore, la vita mi ha spinto a diventarlo. Così ho aperto una partita Iva e mi son messo a vendere il mio collare antiparassitario, poi per 10 anni ho venduto lettiere per gatti». Tornando indietro a quei tempi Capellino si descrive come una persona dedita a valori materiali.
Poi l’incontro in Salento con un randagio è stato il suo fulmine sulla via di Damasco. «Mi ha fatto capire che c’erano anche altre virtù. Poiché dovevo cercare gli alimenti giusti per nutrirlo, questo cane ha preparato l’avvento di Almo Nature e mi ha portato a riflettere sull’importanza dell’accumulo non oltre una certa quantità. Così ho scelto di restituire quello che avevo e ho cominciato con l’azienda».
Nel gennaio 2018 Capellino ha deciso di destinare i risultati della sua azienda agli animali, ma tra il dire e il fare ci passa la burocrazia italiana. Aiutato dalla squadra dell’avvocato Succi dello studio legale Bonellierede, l’imprenditore a novembre ha sottoposto un interpello all’agenzia delle Entrate che il 10 giugno ha risposto riconoscendo di fatto un nuovo modello economico-solidale (duale) nel quale la proprietà dell’azienda e i suoi frutti possono non appartenere a un umano, ma a uno scopo, che nel caso specifico di Almo Nature-fondazione Capellino coincide con la protezione dei cani, dei gatti e della biodiversità. Con questa decisione l’accertatore fiscale permette di realizzare un nuovo modello di azienda a «capitalismo solidale» ovvero, di realizzare la prima impresa «posseduta interamente da animali». Il modello è quello della fondazione holding, perché detiene in toto Almo Nature, che prima paga fornitori, dipendenti e debiti, fa investimenti e infine mette i dividendi nella fondazione. Ogni anno verranno pubblicati un bilancio, nonché i risultati ottenuti. «Con il passaggio ufficiale alla fondazione, dal 28 giugno ho delegato un dirigente e sono diventato un semplice dipendente: mi consacro ai tre progetti della fondazione. Creare case senza gabbie per cani e gatti in attesa di adozione; creare le condizioni per una pacifica coesistenza tra allevatori e lupi; e ristrutturare la futura sede della Fondazione, Villa Fortuna, a San Salvatore Monferrato».