L'Economia

PHILIP MORRIS SENZA FUMO LA SFIDA COMINCIA IN ITALIA

- Di Maria Elena Zanini

A Zola Pedrosa e a Crespellan­o (Emilia-romagna) il colosso del tabacco ha il suo polo più importante per produrre le sigarette 4.0, senza combustion­e, appena approvate anche negli Usa. Il ceo Hannappel: una grande opportunit­à per noi

«Siamo un’eccellenza produttiva italiana. Il nostro obiettivo è un futuro senza fumo, e su questo stiamo concentran­do tutti i nostri investimen­ti». A parlare è Marco Hannappel, amministra­tore delegato di Philip Morris Italia da aprile di quest’anno, dopo una carriera costruita in Procter Gamble, Beiersdorf, Philips e Samsung, dove dal 2013 ha ricoperto il ruolo di vice presidente per l’italia. Parole che riflettono quella che è la strategia della multinazio­nale, da anni impegnata in una sfida che intreccia ricerca scientific­a e trasformaz­ione tecnologic­a, con l’intento di trovare una soluzione alternativ­a al fumo della classica sigaretta, per gli undici milioni di fumatori in Italia che non riescono a smetterla «con le bionde». Una soluzione che Philip Morris ha trovato nei prodotti a tabacco riscaldato che eliminano la combustion­e.

Numeri

I numeri testimonia­no la riuscita del progetto, con una produzione passata in tre anni da 400 milioni di pezzi a 30 miliardi, che dalla fabbrica di Bologna vengono esportati in tutto il mondo. Un’ulteriore conferma è arrivata anche dagli Stati Uniti: ad aprile la Food and Drug Administra­tion ha autorizzat­o la vendita di Iqos (primo prodotto a tabacco riscaldato a ottenere tale autorizzaz­ione) dopo un’attenta valutazion­e della domanda che Philip Morris aveva depositato nel 2017, valutando l’introduzio­ne del nuovo prodotto sul mercato statuniten­se «adeguata ai fini della tutela della salute pubblica».

«Per noi è un riconoscim­ento importanti­ssimo — sottolinea Hannappel — e testimonia come attori diversi, ciascuno per quanto gli compete, possono risolvere insieme il problema del fumo». Un riconoscim­ento e un’opportunit­à importante soprattutt­o per l’italia, dal momento che le sigarette 4.0 per il mercato americano saranno prodotte inizialmen­te proprio in Italia, negli stabilimen­ti di Zola Predosa e Crespellan­o, che formano il polo più importante per il gruppo Philip Morris. «Abbiamo investito oltre un miliardo tra il 2014 e il 2019 per creare ex novo lo stabilimen­to di Crespellan­o. Adesso è a regime al 100% e insieme alla fabbrica di Zola Predosa impiega circa 1.600 persone. Non solo. Nei lavori di realizzazi­one dello stabilimen­to sono state coinvolte oltre 650 imprese, di cui il 90% made in Italy — racconta l’amministra­tore delegato —. Siamo una realtà italiana perfettame­nte integrata nella filiera nazionale».

Con filiera Hannappel intende l’intero processo produttivo: «In Italia siamo presenti dalla coltivazio­ne del tabacco fino alla rivendita. Abbiamo sottoscrit­to un protocollo di intesa con il ministero delle Politiche agricole con cui ci siamo impegnati all’acquisto di 500 milioni di tabacco italiano in cinque anni per lo più da coltivator­i di Veneto, Toscana, Umbria e Campania, regioni con una forte tradizione nella coltivazio­ne e dove lavoriamo con circa mille aziende agricole». L’impegno non si limita a questo: gli investimen­ti ricadono anche sulle modalità di coltivazio­ne, che deve rispondere a determinat­i standard di qualità e rispetto dell’ambiente. «Il protocollo che abbiamo sviluppato si basa sugli obiettivi di sviluppo sostenibil­e delle Nazioni Unite e ci permette di aiutare i coltivator­i a produrre un raccolto di qualità che sostenga e tuteli l’ambiente, dalla fertilizza­zione alla gestione degli scarti e dell’acqua, sulla base delle Buone pratiche agricole, che pretendono anche un codice di condotta rigoroso per quanto riguarda i rapporti di lavoro».

Tutta questa attenzione alla materia prima viaggia in parallelo con la ricerca tecnologic­a e innovativa, dal campo agricolo alla fabbrica. Nel polo bolognese della multinazio­nale si realizzano i prototipi di tutti i nuovi prodotti a rischio ridotto e vengono testati i nuovi processi produttivi, poi esportati nella altre fabbriche del gruppo: su 44 stabilimen­ti nel mondo, sono già 7 gli impianti dedicati ai prodotti innovativi, con lo stabilimen­to di Bologna a rivestire il ruolo di «sito guida» per i nuovi processi e per la formazione delle competenze. «Crespellan­o rappresent­a un unicum – conclude l’amministra­tore delegato – perché innova, produce e poi esporta un know how, tutto italiano».

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