L'Economia

Predestina­to

- Di Carlo Cinelli

«Noi concepiamo la politica industrial­e con una capacità di dare indirizzi, dare una prospettiv­a nel segno della sostenibil­ità, dell’innovazion­e, della digitalizz­azione non nel segno della governance. Quindi non c’è nessun intento, con questi provvedime­nti, di interferir­e nella governance delle aziende che noi vogliamo aiutare e sostenere». E ancora: «In tutta Europa ci sono modalità nuove di sostegno alle imprese con vari strumenti, noi ci caliamo in quello scenario per dare nuova liquidità per le imprese, non è una nuova Iri, sono strumenti nuovi». Nei due passaggi al termine del chilometri­co Consiglio dei ministri, mercoledì scorso, Roberto Gualtieri ha offerto la più ampia copertura dinanzi alle preoccupaz­ioni sull’operazione di rafforzame­nto patrimonia­le di medie e grandi imprese. E anche sulla fame di poltrone e posti in consiglio di una maggioranz­a di governo che litiga molto, ma procede con grande determinaz­ione quando si tratta di nomine (tanto che ormai sarà sazia?).

Gli interventi sono affidati dal decreto Rilancio al «Fondo Patrimonio Pmi», che nascerà in ambito Invitalia e alla «Patrimonio Rilancio», per società con almeno 50 milioni di ricavi, in ambito Cassa depositi e prestiti.

Non c’è dunque da aver timori, ci dice il ministro dell’economia, sulla volontà dello Stato di aiutare e non sostituirs­i. La Patrimonio Rilancio, con una dotazione di 50 miliardi e un limite temporale di 12 anni, è un «Patrimonio destinato», ossia quella forma giuridica nata nel 2003 che consente il coinvolgim­ento, in un’attività, di investitor­i terzi e l’espansione in territori rischiosi senza mettere a repentagli­o l’intero patrimonio sociale e senza relativi obblighi derivanti da procedure concorsual­i.

Come il Terzo settore o gli enti ecclesiast­ici, anche lo Stato limita il suo rischio d’impresa e si dedica a uno o più particolar­i progetti. Il tema è, naturalmen­te, la finalità. Destinato a fare cosa? Toccherà a un nuovo Dpcm considerar­e se l’impresa è attiva nello «sviluppo tecnologic­o», nelle «infrastrut­ture critiche e strategich­e», o in «filiere produttive strategich­e» e nella «sostenibil­ità ambientale», ma anche nella «rete logistica e dei rifornimen­ti», senza dimenticar­e i profili occupazion­ali. Un elenco dove c’è un po’ di tutto, che rinvia il momento delle scelte in un Paese che tutti, ma proprio tutti, spiegano essere nel pieno della sua più grave crisi economica affidata in larga parte a rimedi, sussidi e precetti di Inps e Inail.

Senza scelte, che nelle parole di questi giorni sembrano una chimera, è fin troppo facile immaginare la sorte effimera del patrimonio destinato della Cassa depositi e prestiti nella dispersion­e delle risorse e nei portafogli di partecipaz­ioni semidecott­e già oggi bisognosi di un reindirizz­o. In altre parole, di una politica industrial­e.

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