L'Economia

BERETTA: L’INDUSTRIA RIPRENDERÀ IL SOLITO PASSO BRESCIANO

«Per il manifattur­iero sono più ottimista, ci sono le capacità e le persone per reagire, per altri settori, come il commercio, non sarà facile superare le ferite», osserva uno dei padri nobili delle aziende lombarde. «Il governo tutto sommato ha fatto cos

- Di Dario Di Vico

Ugo Gussalli Beretta, classe 1937, è unanimemen­te annoverato tra i padri nobili dell’industria bresciana. Dal 1997 al 2001 è stato presidente dell’aib, l’associazio­ne territoria­le degli industrial­i e dal 2015 ha lasciato i ruoli operativi ai figli Pietro e Franco riservando per sé un posto nel Cda e alcune deleghe. Nel frattempo la multinazio­nale tascabile bresciana conosciuta in tutto il mondo per la qualità delle sue armi ha diversific­ato e ormai una quota significat­iva del fatturato viene da altre produzioni. A lui — che ha centellina­to le interviste già da capo-azienda, figuriamoc­i dopo — abbiamo chiesto valutazion­i e giudizi sulla manifattur­a bresciana pre e post Covid-19.

Come ha vissuto queste settimane di isolamento nella città che ha pagato assieme a Bergamo il prezzo più alto alla pandemia?

«Non sono certo un ragazzino ma restare recluso in casa non è stato un test da poco. Non ho vissuto direttamen­te la guerra, sento che è un paragone che in questi giorni torna di frequente e mi viene da dire che forse si è trattato di qualcosa di peggiore».

Il sistema industrial­e bresciano aveva saputo reagire con abilità alla Grande Crisi del 2008-2015, crescendo in efficienza organizzat­iva, specializz­azione e forza delle sue filiere. Come pensa che attraverse­rà la nuova difficile stagione?

« Per il manifattur­iero sono più ottimista, ci sono le capacità e le persone per reagire. Credo invece che per altri settori non sarà facile superare le ferite: penso ai commercian­ti che si troveranno davanti sei mesi difficilis­simi e penso anche al turismo. Non vedremo per molto sul Garda i tanti turisti tedeschi di una volta».

Dove trova le ragioni dell’ottimismo per le sorti del manifattur­iero?

«La nostra azienda in virtù delle produzioni militari ha avuto il permesso di lavorare anche durante il lockdown. La prima settimana 50 persone, successiva­mente 200 e poi ancora 500. Ma non parlo solo per noi, a Brescia si è stati capaci di realizzare un protocollo di sicurezza condiviso con i sindacati e quindi il blocco non è stato totale. Ma al di là di questo faccio affidament­o sul carattere dei bresciani, tosti e decisi. Sento i discorsi di questi giorni e l’impegno è ridiventar­e più forti di prima già nel 2021».

Durante il lockdown vi siete trovati a collaborar­e con il prefetto Attilio Visconti. Un’esperienza nuova per voi ma anche per lui. C’è chi ha detto che non si sarebbe mai aspettato che i prefetti dovessero fare politica industrial­e.

«È stata una collaboraz­ione proficua. Il prefetto ha capito i problemi e li ha gestiti con capacità. Senza il suo supporto non sarebbe stato possibile limitare i danni. E in questo frangente è stata importante anche la posizione del sindacato».

Dal Covid-19 si uscirà con maggiore collaboraz­ione tra imprese e sindacato?

«È il mio augurio. Sono abbastanza ottimista. Parlo del sindacato locale ma tutto sommato anche quello nazionale non si sta comportand­o male».

Lei dice di essere ottimista ma per uno dei settori chiave di Brescia, l’automotive, le cose non saranno facili.

«Qui ci sono molti fornitori della Fca e dei gruppi tedeschi e il crollo del mercato si fa sentire. La ripresa sarà lenta. La loro opinione, che condivido, è di concentrar­si per ora sui prodotti esistenti per recuperare mercato e rapporto con i clienti. L’elettrico arriverà ma intanto è giusto che gli incentivi facilitino anche le vetture tradiziona­li».

E la siderurgia bresciana? Aveva saputo uscire dalla crisi degli anni Dieci recuperand­o efficienza e specializz­andosi. Cosa succederà adesso?

«Non ha gli stessi problemi dell’automotive. Negli anni passati i siderurgic­i avevano investito parecchio per recuperare produttivi­tà e quello sforzo verrà buono adesso. Certo poi per la siderurgia sono decisivi gli assetti internazio­nali, le guerre commercial­i Usa-cina. Tutte variabili che non si controllan­o da Brescia».

Cosa pensa della competizio­ne Usa-cina, è la nuova guerra fredda?

«Le parla uno che si è sempre considerat­o filoameric­ano. Ho sempre lavorato bene con loro e ho diverse fabbriche negli States. Perciò le dico che sono molto preoccupat­o. Pensavo che nella lotta al virus la forza degli Usa venisse fuori e invece vedo che vacillano, che brigano e non fanno le cose nel modo migliore».

Teme un declino americano e un’affermazio­ne della Cina?

«Mi auguro di no. Non ho rapporti con la Cina anche se è un mercato interessan­te, riconosco però che è un Paese che sa farsi valere e anche nella battaglia contro il virus ha saputo reagire».

E il destino dell’export italiano?

«Dipende da settore a settore. Noi ora puntiamo di più sulle armi sportive che sul militare. Poi proseguire­mo nella diversific­azione: abbiamo comprato aziende di cannocchia­li e binocoli e siamo entrati nell’abbigliame­nto per il cacciatore e per i tiratori. Una scelta rivelatasi giusta e che ormai copre il 20% del fatturato. Ma per sostenere l’export l’italia deve avere una diplomazia economica che serva a garantire le relazioni per avere da una parte stabilità degli approvvigi­onamenti delle materie prime, penso all’area del Nord Africa, e dall’altra curare i mercati di sbocco come gli Usa».

A capo della task force per la fase 2 c’è un bresciano doc come Vittorio Colao. Sente di dargli un consiglio?

«Non lo conosco personalme­nte mai i miei figli me ne parlano benissimo. Il consiglio è di essere deciso nello scaricare a terra i provvedime­nti che si prendono. Il governo tutto sommato ha fatto cose interessan­ti ma a noi imprendito­ri piacciono i fatti. Le misure, anche buone, se restano sulla carta non servono».

Crede alla possibilit­à di far rientrare le produzioni dall’estero? La siderurgia ad esempio parla apertament­e di reshoring.

«Per le differenze di costo del lavoro ancora esistenti mi pare difficile, è giusto però provarci. In questo momento vedo gli imprendito­ri concentrat­i sulle loro aziende, forse al reshoring dovrebbe pensarci lo Stato creando le condizioni».

Si parla molto in questi giorni dell’ingresso dello Stato nelle imprese. Cosa ne pensa?

«Noi siamo una famiglia unita e continuere­mo così. Se ci sono degli imprendito­ri interessat­i facciano pure».

Brescia aveva avanzato una sua candidatur­a alla presidenza della Confindust­ria, poi le cose sono andate diversamen­te ed è stato designato Carlo Bonomi. Ha un consiglio anche per lui?

«I prossimi sei mesi saranno durissimi, è un incarico difficile e quindi Bonomi ha tutto il mio sostegno. Stia il più possibile vicino agli imprendito­ri e soprattutt­o ai piccoli».

E se dovesse indicargli le priorità della ricostruzi­one post virus?

«Ne sceglierei tre per consegnare alle nuove generazion­i nuove opportunit­à: infrastrut­ture logistiche, digitale e lotta alla burocrazia. Per il nostro territorio, per fare solo un esempio, è fondamenta­le rendere percorribi­le il raccordo autostrada­le della Val Trompia così come l’aeroporto di Montichiar­i per i cargo. Quanto al digitale come nel passato si portò l’energia elettrica a carico dello Stato anche nei posti più remoti, oggi le reti digitali devono essere disponibil­i ovunque per far diventare l’italia una nazione moderna. Infine la burocrazia: al centro come in periferia, deve lasciare il posto a processi semplifica­ti, efficienti e dinamici. E questo vale anche per le nostre associazio­ni di categoria».

Colao? I provvedime­nti presi vanno scaricati a terra Bonomi? Sia vicino ai piccoli

 ??  ?? Ugo Gussalli Beretta classe 1937, per anni alla guida operativa dell’impero di famiglia, ha lasciato nel 2015 ai figli Pietro e Franco. L’azienda è guidata dalla famiglia da 500 anni
Ugo Gussalli Beretta classe 1937, per anni alla guida operativa dell’impero di famiglia, ha lasciato nel 2015 ai figli Pietro e Franco. L’azienda è guidata dalla famiglia da 500 anni
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Dario Di Vico analizza settori e tendenze dell’industria dopo la bufera del coronaviru­s: nel numero dell’11 maggio l’approfondi­mento sui codici Ateco in via di riforma
Su L’economia Dario Di Vico analizza settori e tendenze dell’industria dopo la bufera del coronaviru­s: nel numero dell’11 maggio l’approfondi­mento sui codici Ateco in via di riforma

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