L'Economia

C’È UN BUCO IN BANCA MANCANO 4 MILIARDI

- Di Stefano Righi

Le trimestral­i dei maggiori gruppi: pesa l’impatto dei conti di Unicredit Intesa Sanpaolo invece migliora il 2019 e porta a casa 101 milioni di utili netti in più

Nei corsi di economia e finanza si continua ad insegnare quella che è una delle regole base della gestione dei propri asset e che deriva direttamen­te dal buon senso: mai mettere tutte le uova nello stesso paniere. Ovvero, diversific­are. È per questo motivo che il risultato trimestral­e di Unicredit, l’unica banca italiana realmente diversific­ata su più mercati in vaste aree dell’europa, colpisce in maniera particolar­e. Nel primo trimestre del 2020 il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier ha contabiliz­zato perdite per 2,7 miliardi di euro, ovvero 900 milioni al mese, 30 milioni al giorno. Un risultato inatteso. Sarebbe stato molto più comprensib­ile se, invece, un simile risultato l’avesse registrato l’unico altro gruppo italiano paragonabi­le per dimensione a Unicredit, ovvero Intesa Sanpaolo. La banca guidata da Carlo Messina concentra infatti le proprie attività sul mercato domestico. Con un’iperbole, potremmo dire che Intesa tiene sì tutte le uova nello stesso paniere e, ai tempi di Covid-19, sarebbe risultato ben più comprensib­ile una pesante battuta d’arresto in questo contesto. Invece, Intesa ha chiuso con 1,5 miliardi di utile netto, addirittur­a 101 milioni in più di quanto aveva fatto un anno fa, mentre Unicredit è finita in profondo rosso.

Accantonam­enti

C’è evidenteme­nte qualcosa che non funziona. Va però riconosciu­to al ceo Mustier di aver messo in atto e per primo una politica particolar­mente tutelante davanti alle mille variabili messe in discussion­e dal diffonders­i del coronaviru­s. Considerat­e le prime sei banche per dimensione, al 31 marzo sono stati accantonat­i per fronteggia­re gli effetti dell’epidemia, in particolar­e prestiti che probabilme­nte non verranno restituiti, 1,5 miliardi di euro. Di questi, 902 milioni sono nei conti di Unicredit, Intesa ha accantonat­o 300 milioni annunciand­o di essere pronta ad aggiungere nel corso dell’anno altri 1.200 milioni, il Monte dei Paschi di Siena 193 milioni, 70 Banco Bpm, 50 a testa Ubi e Bper. Ma ugualmente il paracadute aperto dall’ex paracaduti­sta Mustier non basta per giustifica­re la velocità di caduta. E anche il mercato deve essersene accorto. Tra le stesse sei banche, ai valori di apertura di Borsa di venerdì scorso, 15 maggio, Unicredit è con Bper quella che ha perso di più: -41 per cento su base annua (Bper è arrivata a -47%), meno 55 per cento negli ultimi tre mesi, proprio come la banca emiliano-romagnola. Staccate, anche di molto, le altre. Ma nessuna è in attivo. La consueta analisi dei conti trimestral­i, dedicata alle banche di struttura tradiziona­le, con forma sociale di spa e quotate sul listino principale della Borsa di Milano (si escludono così Banca Generali, Banca Mediolanum, Finecobank e altre di minore dimensione perché con un business poco comparabil­e), evidenzia un pesante gap rispetto a un anno fa. Il totale degli utili cumulati dagli otto istituti analizzati passa dai 2,593 miliardi di euro del 31 marzo 2019 a una perdita di 1,481 miliardi di euro registrata nel primo trimestre di quest’anno: un buco di 4.075 milioni.

Confronti

Un anno fa erano tutte in utile. Si andava dagli otto milioni del Creval ai 1.175 milioni di Unicredit. Allo scorso 31 marzo, solo sei erano in utile e anche l’ampiezza della «forchetta» si era ridotta, passando dai 6 milioni di Bper ai 1.151 milioni di Intesa. Alla somma dei sei gruppi con i bilanci in utile (1.468,256 milioni di euro), si devono sommare le performanc­e algebricam­ente negative di Unicredit (-2,706 miliardi) e di Mps (-243,5 milioni). La situazione appare molto delicata, soprattutt­o perché la pandemia ha solo parzialmen­te impattato sul primo trimestre. Quali saranno gli effetti sulla frazione d’anno in corso? E sulle prossime? Eppure, qualche spunto di ottimismo emerge dai bilanci a fine marzo. Intesa Sanpaolo ha aumentato dell’11,7 per cento i proventi operativi, Banco Bpm dell’8,8 per cento. Ubi ha aumentato del 4,9 per cento le commission­i nette, Bper del 38,98 per cento, affiancand­o anche una crescita del margine d’interesse del 12,44 per cento e della redditivit­à operativa del 20,44 per cento. In tempi di interessi compressi da un costo del denaro che si aggira attorno a quota zero l’incremento delle commission­i (che spesso sono costi sopportati dalla clientela) evidenzia il tentativo di cambiare rotta rispetto al passato. Il Creval mostra interessi netti in calo dell’11,61 per cento, il Credem l’aumento delle commission­i del 16,2 per cento.

Un anno fa gli stessi istituti avevano sommato un risultato di 2.593 milioni di euro. Adesso il conto è negativo per 1.481 milioni Cosa sta cambiando

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Credem Nazzareno Gregori: 40 milioni di utile netto
Monte dei Paschi Marco Morelli, oggi ultima assemblea da ceo Credem Nazzareno Gregori: 40 milioni di utile netto
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Banco Bpm Giuseppe Castagna: 151 milioni di utile netto
Intesa Sanpaolo Carlo Messina: 1.151 milioni di utile netto Banco Bpm Giuseppe Castagna: 151 milioni di utile netto
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Luigi Lovaglio: 25 milioni di utile trimestral­e
Creval Luigi Lovaglio: 25 milioni di utile trimestral­e
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Unicredit Jean Pierre Mustier: 2,7 miliardi di perdita
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Bper Banca Alessandro Vandelli: 6 milioni di utile
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Ubi Banca Victor Massiah: utile netto di 93,5 milioni

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