I dolci minibond (con sorpresa) di Domori
Riportata in utile la società con il bilancio 2019 (profitti netti a 22 mila euro da una perdita precedente di 430 mila euro), Andrea Macchione, amministratore delegato di Domori dal 2018 (ex Fontanafredda, Nutkao, Intesa), si avvicina alla Borsa e all’eventuale apertura del capitale a soci esterni con un primo passo: l’emissione di due minibond, per due milioni di euro.
Il marchio di cioccolato premium del gruppo Illy, che dall’anno scorso comprende l’inglese Prestat, fa parte del Polo del gusto, la subholding del gruppo guidato da Riccardo Illy, ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Il Polo raduna tutte le attività extra-caffè della famiglia triestina: oltre a Domori, che distribuisce lo champagne Taittinger, anche le marmellate Agrimontana, il tè Damman Frères, il vino Mastrojanni. Lo stesso Illy aveva annunciato all’economia di essere alla ricerca di un socio finanziario per le aziende del Polo, lo scorso anno. Ora Domori fa da apripista. È prevista l’emissione parallela, quest’autunno, di un minibond a breve scadenza, 12 mesi (31-12-2021), da un milione, «per il carotaggio del mercato», dice Macchione. E uno a lungo termine, «sei anni, con eventuale copertura del Fondo di garanzia» (scadenza prevista 31-12-2026) per un altro milione di euro. I tassi non sono ancora definiti, «dipenderanno dalla prima reazione del mercato». Investimento minimo: 50 mila euro. L’operazione è seguita dall’advisor Frigiolini & Partners, specialista nei monibond, strumenti quotati per apportare capitale di sviluppo anche alle piccole e medie imprese.
«È un avvicinamento alla Borsa progressivo — dice Macchione —. Prima del coronavirus avevamo ipotizzato due piccole emissioni per arrivare a una più grande nel 2022, abbiamo rimodulato il piano». Il fatto che il minibond sia quotato aiuterà Domori a familiarizzare con il mercato finanziario: «Cominciamo ad accogliere gli investitori in modo indiretto nel capitale», dice Macchione. La prima emissione sarà finalizzata, nota il manager, a supportare l’acquisto della materia prima, il cacao; la seconda a sostenere gli investimenti per l’innovazione tecnologica e l’integrazione con Domori della neoacquisita Prestat. L’ipotesi è che Domori possa essere pronta per la quotazione in Borsa alla scadenza del secondo minibond.
Domori, che fa capo al gruppo Illy e all’omonima famiglia per il 100%, ha da poco chiuso il bilancio 2019 con ricavi a 19,5 milioni (+7% dal 2018) che dovrebbero toccare quest’anno i 30 milioni, comprendendo l’acquisizione di Domori e l’effetto Coronavirus che ha fatto abbassare le stime (Riccardo Illy ha dichiarato l’anno scorso di puntare ai 50 milioni in quattro anni). Il margine operativo lordo è salito negli ultimi due anni, dichiara l’azienda, da 80 mila euro a 660 mila e l’utile raggiunto è anche il risultato dell’allargamento delle attività a birra e superalcolici. La distribuzione di prodotti di terzi (anche infragruppo) è salita, dice Macchione, del 10% (+26% il solo Taittinger) a 8,4 milioni di ricavi, il marchio Domori del 4% con un +11% nel retail, con nuovi gusti delle tavolette. Da quest’anno la rete vende poi anche la birra artigianale del Birrificio San Gimignano, in accordo con Bottega, i vermouth su ricetta di Lamberto Gancia che di Domori è vicepresidente. Altro progetto con Gianluca Franzoni, presidente e fondatore di Domori e fondatore di Gelato Libre: brick di gelato da preparare a casa.