PENSIONI DA VIRUS LA SPESA SALIRÀ A 240 MILIARDI MA SENZA LAVORO È INSOSTENIBILE
La crisi sanitaria spingerà molte persone ad accettare la penalizzazione economica prevista da Quota 100 o da altre misure di abbandono anticipato perché una rendita decurtata è meglio di zero reddito Ma questo rischia di mettere di nuovo a dura prova il
In questi ultimi sette anni dal 2012 al 2018, per una serie di leggi quali Quota 100, le otto sanatorie, Ape sociale, opzione donna e agevolazioni per i precoci, oltre 340 mila lavoratori hanno potuto andare in pensione con requisiti di età e anzianità contributiva molto più favorevoli di quelli previsti dalla riforma Fornero, per un costo stimato attorno ai 30 miliardi. Nonostante ciò il nostro sistema di protezione sociale, in primis quello pensionistico, si è dimostrato solido e sostenibile. Nel 2018 il rapporto attivi/pensionati (1,45 attivi per ogni pensionato), il tasso di occupazione totale (pari al 58,5% pari a 23 milioni e 215 mila attivi), quello femminile (49,6%) e quello degli over 50 (al 60,5%), sono stati i migliori di sempre; il numero di pensionati è stato il più basso di sempre (16 milioni e 4 mila).
Nel 2019 sono entrate in vigore Quota 100 e altre agevolazioni: opzione donna, Ape sociale, anticipazioni per il blocco della anzianità contributiva e per i lavoratori precoci, quelli che hanno lavorato per almeno 12 mesi effettivi prima dei 19 anni di età. In totale, a fronte di ben 471.262 domande, escludendo le 202 mila richieste di anticipo di tre mesi, sono state concesse 264.765 pensioni (oltre a 107 mila anticipi di tre mesi).
Il balzo
Pertanto il numero di pensionati nel 2019, per la prima volta dal 2009 è di nuovo aumentato a circa 16 milioni e 250 mila. L’anticipo medio effettivo, escludendo opzione donna che però ha un costo modesto, è di poco più di 24 mesi il che significa un riassorbimento e un ritorno ad un rapporto positivo in circa 2 anni.
Lo scorso anno è comunque aumentato anche il tasso di occupazione globale raggiungendo un nuovo record con oltre 23.400.000 unità (tasso 59,2%), valore che però a dicembre ha cominciato a calare (-75.000) e sono diminuite le ore di cassa integrazione. Su questo trend positivo è piombato come uno tsunami la pandemia di Sars Cov-19. Quali riflessi avrà sulle pensioni? Probabilmente effetti molto gravi a partire dalla propensione al pensionamento; infatti si pensava che le richieste con Quota 100 si riducessero a non più di 50 mila nel 2020 e 2021, perché oltre l’80% dei potenziali beneficiari ha la pensione calcolata con il sistema misto (60% e più di contributivo) e quindi l’opzione per coloro che hanno una età di 62 anni avrebbe comportato la riduzione di circa il 10% permanente della prestazione (da una media del 73% a circa il 65% nel 2020 e ancor meno nel 2021); anche opzione donna era vista in calo.
Ma la pesante situazione occupazionale prodotta da Covid-19 costringerà molti soggetti rimasti senza lavoro e senza ammortizzatori sociali a richiedere la pensione: meglio una prestazione ridotta che zero entrate. È quindi prevedibile quest’anno un aumento dei pensionati di circa 160 mila unità e con un anticipo medio di oltre tre anni.
Nel contempo la riduzione dell’occupazione iniziata già a dicembre 2019 proseguirà nel corso dell’anno e non è escluso che si scenda sotto i 23 milioni. Così il rapporto attivi pensionati potrebbe ridursi pericolosadegli mente sotto l’1,4 riportandoci ai valori del 2015 con pesanti ripercussioni sulla sostenibilità del sistema pensionistico tanto più che si avranno ampie riduzioni sul versante delle entrate contributive che nel 2019 avevano raggiunto il record di 210 miliardi.
Per l’anno in corso è ipotizzabile una perdita di gettito contributivo pensionistico di circa 11 miliardi, al netto dei 12 di contribuzione figurativa a carico dello Stato e della perdita di gettito per le prestazioni temporanee.
Sul lato delle prestazioni la differenza tra le cosiddette cancellazioni relative alle persone decedute che sono aumentate di quasi 20 mila unità causa Covid e le nuove liquidate comprese quelle relative a quota 100 e provvedimenti, collegati, produrrà un incremento notevole della spesa che si potrebbe attestare a circa 240 miliardi rispetto ai circa 225 del 2018 e ai 230 del 2019.
Il peggioramento
Il drastico peggioramento del rapporto tra entrate contributive e spese per prestazioni (i contributi dovrebbero coprire solo l’83%% della spesa totale), potrebbe causare un disavanzo di circa 41 miliardi contro i 21 circa ultimi 4 anni. Lo scorso 20 marzo ipotizzando che la «crisi» si concluda il 20 maggio e supponendo un parziale recupero negli ultimi 6 mesi dell’anno, avevamo previsto una perdita di Pil pari all’11% (da circa 1.800 miliardi a circa 1.600) e un incremento del debito pubblico dagli attuali 2.360 miliardi a 2.460 miliardi; il rapporto debito/pil aumenterebbe vertiginosamente al 153,7%, quota davvero elevata, tanto più se si considera una perdita di gettito fiscale di almeno 70 miliardi.
Se nella crisi del 2008 con una perdita di Pil di 7 punti ci fu una riduzione di 378.000 occupati, nel 2020 potremmo arrivare a quasi 600.000 unità.
Però mentre nella crisi del 2009-2010 le aziende usarono massicciamente il part time e il contratto a termine per limitare le perdita di produzione, stavolta le filiere più colpite cominceranno a tagliare proprio quei posti di lavoro, colpendo donne, giovani e basse professionalità, con scarse prospettive di riassunzione nel breve termine; considerando gli autonomi si potrebbe arrivare attorno al milione di disoccupati in più. È certamente giusto in questa situazione pensare al sostegno del reddito ma a maggio i soldi finiranno e se le imprese non verranno messe in condizione di lavorare la situazione si farà critica, anche sul fronte del costo del finanziamento del nostro debito Certo la burocrazia del protocollo di sicurezza (oltre 20 pagine) e la responsabilità civile e penale delle imprese se un dipendente si ammala di Covid, non aiutano; un piano di ammodernamento di ospedali, carceri e servizi sanitari (36 miliardi dal Mes, il Fondo Salva Stati, senza condizionalità) e quasi 100 miliardi di interventi pubblici potrebbe lenire la crisi.
Nell’anno in corso perderemo 11 miliardi di gettito Inps al netto dei 12 di figurativi a carico dello Stato
Se gli occupati scendono sotto i 23 milioni, il rapporto tra attivi e pensionati sarà sotto 1,4: troppo basso