Investimenti ed export, Takeda rilancia sull’italia
Farmaceutico: 50 milioni dal nuovo «big» nato dalla fusione con Shire
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla ricerca di cure e vaccini contro il coronavirus, i Paesi guardano alle aziende del farmaceutico come uno dei motori più efficienti per spingere la ripresa, a suon di investimenti, export, nuovi posti di lavoro. In Italia il settore ha chiuso il 2019 a 33,5 miliardi di ricavi e investimenti a 3,1 miliardi.
A rafforzare il quadro arriva ora la nascita della nuova Takeda Italia, che prende vita dalla fusione tra il colosso biofarmaceutico giapponese Takeda con l’americana Shire. Tre i pilastri della strategia del gruppo, specializzato in soluzioni terapeutiche nelle aree di oncologia, malattie gastrointestinali, neuroscienze, terapie derivate dal plasma, vaccini e malattie rare: i centri produttivi a Rieti e a Pisa, dedicati alla produzione di plasma derivati, gli oltre 900 professionisti impegnati sul territorio nazionale nel garantire l’accesso alla salute e le 17 nuove terapie che l’azienda porterà ai pazienti italiani nei prossimi cinque anni. A Rieti, importante centro per il frazionamento del plasma, arriveranno fondi per 50 milioni di euro, un investimento che aumenterà la capacità di produzione, in ottica di un potenziamento dell’export, e sono previste assunzioni. Alla guida di Takeda in Italia c’è Rita Cataldo, nata in Libano, cinque lingue parlate, tra cui l’arabo, una laurea in chimica e curriculum internazionale nei big del pharma. «La forza della nuova Takeda sarà soprattutto nelle malattie rare, terapie innovative e avanzate», spiega Cataldo. L’italia è già il secondo mercato europeo per Takeda dopo la Germania, con un fatturato che supera i 560 milioni di euro (includendo Shire). Che cosa cambierà in questa nuova fase? «Il nostro Paese ha grande capacità di creare valore, possiede competenze e capitale umano. Prendiamo un sito come Rieti, esempio di innovazione, dove i dipendenti hanno un’alta formazione e con vocazione internazionale. Tutti punti di forza su cui si dovrà lavorare in questi mesi. Per Takeda investire in Italia vuole dire preservare questo importante know how, che potrà aiutare il Paese ad affrontare la crisi economica e sanitaria». Su quest’ultimo fronte, Takeda sta collaborando con altre aziende globali impegnate nella lavorazione del plasma, per lo sviluppo di una potenziale terapia efficace nel trattamento del Covid-19. Alta è anche l’attenzione del gruppo per la digitalizzazione delle cure e l’assistenza ai pazienti da remoto. «Lo sviluppo digitale di Takeda è iniziato tre anni fa, abbiamo formato i dipendenti e collaborato con le università — ricorda Cataldo —. In questa emergenza si è visto che chi era avanti nel processo ha potuto aiutare di più i pazienti, grazie ai suoi servizi, ad esempio consegne a casa o assistenza domiciliare in alcune patologie. Due aspetti sempre più importanti nella convivenza con il Covid». Takeda ha per esempio attivato la piattaforma Myhospitalhub, al San Raffaele di Milano e al Gemelli di Roma, per la gestione di pazienti cronici soprattutto in questo periodo di forte pressione. Ultimo tra i progetti, il gruppo ha poi lanciato Takeda@home, servizio di consegna a domicilio in tutta Italia, per i centri che ne faranno richiesta, dei propri farmaci per i pazienti con malattie come mieloma multiplo, emofilia, immunodeficienze primitive, angioedema ereditario. Aiuterà i pazienti più vulnerabili a evitare di doversi recare in ospedale.