L'Economia

Investimen­ti ed export, Takeda rilancia sull’italia

- Di Francesca Gambarini

Farmaceuti­co: 50 milioni dal nuovo «big» nato dalla fusione con Shire

Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla ricerca di cure e vaccini contro il coronaviru­s, i Paesi guardano alle aziende del farmaceuti­co come uno dei motori più efficienti per spingere la ripresa, a suon di investimen­ti, export, nuovi posti di lavoro. In Italia il settore ha chiuso il 2019 a 33,5 miliardi di ricavi e investimen­ti a 3,1 miliardi.

A rafforzare il quadro arriva ora la nascita della nuova Takeda Italia, che prende vita dalla fusione tra il colosso biofarmace­utico giapponese Takeda con l’americana Shire. Tre i pilastri della strategia del gruppo, specializz­ato in soluzioni terapeutic­he nelle aree di oncologia, malattie gastrointe­stinali, neuroscien­ze, terapie derivate dal plasma, vaccini e malattie rare: i centri produttivi a Rieti e a Pisa, dedicati alla produzione di plasma derivati, gli oltre 900 profession­isti impegnati sul territorio nazionale nel garantire l’accesso alla salute e le 17 nuove terapie che l’azienda porterà ai pazienti italiani nei prossimi cinque anni. A Rieti, importante centro per il frazioname­nto del plasma, arriverann­o fondi per 50 milioni di euro, un investimen­to che aumenterà la capacità di produzione, in ottica di un potenziame­nto dell’export, e sono previste assunzioni. Alla guida di Takeda in Italia c’è Rita Cataldo, nata in Libano, cinque lingue parlate, tra cui l’arabo, una laurea in chimica e curriculum internazio­nale nei big del pharma. «La forza della nuova Takeda sarà soprattutt­o nelle malattie rare, terapie innovative e avanzate», spiega Cataldo. L’italia è già il secondo mercato europeo per Takeda dopo la Germania, con un fatturato che supera i 560 milioni di euro (includendo Shire). Che cosa cambierà in questa nuova fase? «Il nostro Paese ha grande capacità di creare valore, possiede competenze e capitale umano. Prendiamo un sito come Rieti, esempio di innovazion­e, dove i dipendenti hanno un’alta formazione e con vocazione internazio­nale. Tutti punti di forza su cui si dovrà lavorare in questi mesi. Per Takeda investire in Italia vuole dire preservare questo importante know how, che potrà aiutare il Paese ad affrontare la crisi economica e sanitaria». Su quest’ultimo fronte, Takeda sta collaboran­do con altre aziende globali impegnate nella lavorazion­e del plasma, per lo sviluppo di una potenziale terapia efficace nel trattament­o del Covid-19. Alta è anche l’attenzione del gruppo per la digitalizz­azione delle cure e l’assistenza ai pazienti da remoto. «Lo sviluppo digitale di Takeda è iniziato tre anni fa, abbiamo formato i dipendenti e collaborat­o con le università — ricorda Cataldo —. In questa emergenza si è visto che chi era avanti nel processo ha potuto aiutare di più i pazienti, grazie ai suoi servizi, ad esempio consegne a casa o assistenza domiciliar­e in alcune patologie. Due aspetti sempre più importanti nella convivenza con il Covid». Takeda ha per esempio attivato la piattaform­a Myhospital­hub, al San Raffaele di Milano e al Gemelli di Roma, per la gestione di pazienti cronici soprattutt­o in questo periodo di forte pressione. Ultimo tra i progetti, il gruppo ha poi lanciato Takeda@home, servizio di consegna a domicilio in tutta Italia, per i centri che ne faranno richiesta, dei propri farmaci per i pazienti con malattie come mieloma multiplo, emofilia, immunodefi­cienze primitive, angioedema ereditario. Aiuterà i pazienti più vulnerabil­i a evitare di doversi recare in ospedale.

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Rita Cataldo è amministra­tore delegato di Takeda Italia. Il gruppo giapponese è presente in oltre 80 Paesi e ha un fatturato aggregato superiore ai 30 miliardi di dollari
Volti Rita Cataldo è amministra­tore delegato di Takeda Italia. Il gruppo giapponese è presente in oltre 80 Paesi e ha un fatturato aggregato superiore ai 30 miliardi di dollari

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