LO STREAMING HA FAME «L’ITALIA NON PERDA TEMPO»
Gli schermi (piccoli e grandi) hanno bisogno di nuovi contenuti, ma il settore è fermo. Donvito e Habib, soci di Indiana production: «Servono regole per ripartire. E dobbiamo farlo in fretta o la concorrenza estera ci batte»
Nulla può essere paragonato al cinema, il cinema appartiene al nostro tempo: è la cosa da fare, diceva Orson Welles. Passato qualche decennio, la passione di Welles si trova a fare i conti con il mondo d’oggi, in cui il cinema rischia di non essere «cosa da fare» per ancora molto tempo per l’emergenza sanitaria mondiale. In Italia il mondo dello spettacolo chiede risposte e il governo a modo suo ci prova, con il decreto Rilancio in cui ha sostanzialmente rafforzato i fondi per i crediti d’imposta per il cinema. «Il governo sta mostrando attenzione al settore del cinema e della cultura — commentano Marco Cohen, Fabrizio Donvito e Benedetto Habib, i tre soci della casa di produzione Indiana —, ma saremo in grado di valutare la reale efficacia di queste misure solo dopo che saranno attive. Il decreto raccoglie un orientamento positivo per sostenere il settore e le sue professionalità, ma i nodi attuativi sono ancora tutti da sciogliere e ci auguriamo che questo avvenga nel più breve tempo possibile».
Stop alle produzioni
Bisogna fare in fretta, insomma. È bene avere una visione sul futuro, sul lungo. «Ma il problema è come ripartire adesso. Come farlo in tempi brevi e in sicurezza». È categorico Fabrizio Donvito.
«Siamo in una situazione anomala –— gli fa eco Habib, arrivato nel 2008, come direttore finanziario —. Siamo di fronte a un deficit di offerta, non di domanda anzi. In tutto il mondo c’è fame di contenuti». Ma il sistema al momento è fermo. È ferma la produzione cinematografica, quella televisiva e quella pubblicitaria. I tre settori in cui indiana opera, dividendosi tra Milano, Roma e Los Angeles. Nata come una società di produzione pubblicitaria, Indiana ha poi intrapreso la via del cinema, con oltre 30 film prodotti (tra i titoli, Il Capitale Umano, Moschettieri del Re, Amici come prima, La prima cosa bella, Tutto il mio folle amore), per arrivare poi anche alle serie televisive (come Pezzi Unici, prodotta con Rai Fiction, diretta da Cinzia TH Torrini, con Sergio Castellitto andata in onda lo scorso anno), per non farsi trovare impreparati dall’arrivo sui mercati delle piattaforme streaming.
E adesso lo stop. In termini di numeri significa aver fatturato complessivamente tra cinema, serie e pubblicità fino a marzo 7,5 milioni. «Nel 2019 il valore della produzione è stato di 40 milioni — spiega Habib — e per il 2020 le attese erano di superare quella cifra. Speriamo di poter recuperare: vorremmo metterci nelle condizioni di riprendere nel periodo estivo».
Indiana ha dovuto fermare a dieci giorni dalla fine delle riprese, la serie girata a Palermo «Inchiostro contro piombo», su L’ora, il primo giornale a sfidare la mafia con inchieste giornalistiche. «Siamo riusciti a finalizzare Curon, la serie per Netflix e siamo riusciti a portare tre film in post-produzione — sottolinea Habib —, ma certamente la serie su L’ora, storia di denuncia e di racconto eroico del giornalismo, è la prima attività che cercheremo di riprendere».
Tutele
40 milioni Il fatturato di Indiana nel 2019
La grande incognita è quando. E non basta l’intervento del governo per rimettere in moto la macchina da presa. Serve un piano, una strategia. «Servono regole, anche severe — spiega Donvito — ma che ci diano modo di ricominciare». Per esempio? «Elementi di garanzia per le assicurazioni e la possibilità di eseguire test diagnostici in sicurezza per ritornare sui set — risponde Habib —. Il punto è che ci stiamo abituando a muoverci in assenza di riferimenti». Un‘incertezza che rischia di essere pericolosa per il mercato italiano che deve fare i conti anche con il contesto internazionale, anch’esso colpito dalla pandemia. «È una tragedia — conferma Donvito — che ha colpito tutto il mondo. Proprio per questo si può dire che la tragedia sia democratica: partiamo tutti dallo steso punto. Noi italiani, gli Stati Uniti, l’europa... siamo tutti ugualmente colpiti». Ecco perché l’italia deve stare attenta a non partire in ritardo: le piattaforme (visto che di grande schermo per il momento non si può parlare) non aspettano, hanno bisogno di nuovi contenuti. Se la Germania o la Spagna partono prima, l’italia si troverà ad avere uno svantaggio enorme.
In qualche modo però si cerca di guardare al futuro con i nuovi progetti, tra cui la serie tratta dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa «Il Gattopardo», la cui sceneggiatura è in fase di scrittura con la Bbc. In ogni caso sarà un futuro «in rosa», commenta Donvito: «Dal gruppo di sviluppo, alla regia, fino alla sceneggiature, sono dieci le donne che hanno firmato in qualità di registe o sceneggiatrici le ultime produzioni della casa di produzione». Ma l’appuntamento che potrà forse segnare la vera svolta sarà a settembre a Venezia. Il presidente della Biennale Roberto Cicutto, ha assicurato che la Mostra del Cinema si farà, forse in gemellaggio con il Festival di Cannes. «L’ultimo momento di “spensieratezza” per il nostro mondo è stato il Festival di Berlino. Abbiamo davvero bisogno a settembre della Mostra del cinema in Laguna: quest’anno potrebbe avere un significato diverso e siamo fiduciosi che Cicutto e il direttore Barbera faranno un grande lavoro».
Un fondo statale per salvare 300 mila aziende dal rischio insolvenza. Uno scudo per tutelare le linee di credito commerciale, da impresa a impresa, coperte dalle compagnie assicurative. La proposta sostenuta da Coface Italia, società attiva nei crediti commerciali e nel risk management, assieme ad altri operatori del settore, ha trovato spazio nel decreto Rilancio varato dal governo. Per la misura sono stati messi a disposizione fino a due miliardi di euro.
In sintesi, il decreto prevede che Sace, società per azioni di Cassa depositi e prestiti, conceda una garanzia sull’assicurazione dei crediti. Con il supporto di Confindustria, Ania, l’associazione delle imprese assicurative italiane, e gli assicuratori hanno proposto uno schema vicino al modello tedesco: «Una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti commerciali». Questo permetterebbe di salvaguardare transazioni tra aziende per un valore che va dai 20 ai 35 miliardi di euro nel 2020.
Lo scenario
Le modalità di gestione del fondo saranno definite nei prossimi giorni con un decreto specifico, ma per comprendere l’utilità del paracadute statale è interessante analizzare lo stato dell’arte del credito commerciale (o di fornitura) nel nostro Paese. Dalla manifattura ai servizi, parliamo di polizze che coprono le aziende, ad esempio le società fornitrici, dal rischio di mancato pagamento sulle dilazioni concesse. Oggi l’assicurazione del credito