L'Economia

MI ABBONO, QUINDI COMPRO L’ECOMMERCE SI REINVENTA

- Di Francesca Gambarini

La pandemia ha sconvolto un settore che in Italia si basava su turismo e moda. La crescita dell’alimentare, i modelli dei piccoli che vendono in Rete e un diverso ruolo per i social, nell’ultimo rapporto Casaleggio Associati

Un mercato diviso in due, tra chi è rimasto al palo e chi ha preso il volo. Nuovi modelli che si contendono spazi e mercati per i quali oggi c’è molta domanda, ma non altrettant­a offerta. Lo spostament­o da un’economia della transazion­e a un’economia dei flussi, dove torneranno a giocare un ruolo da protagonis­ti i produttori. L’affermazio­ne progressiv­a del prodotto come servizio. Così appare la fotografia di quello che molti, a cominciare dalla Casaleggio Associati — che domani presenterà il suo XIV rapporto sull’ecommerce in Italia (vedi scheda) cambiando la logistica, o riducendo i prodotti in vendita. Carrefour, per esempio, ha creato una scatola con gli essentials, ovvero i prodotti essenziali, sganciati dal sito classico».

Quali nuovi scenari ha aperto l’emergenza?

«Di certo questa domanda esplosiva ha messo sul mercato i piccoli operatori. Ora le criticità, per chi ha puntato sull’ecommerce, sono triplici: gestione dell’inventario, del pagamento e logistica. Alcune piattaform­e sono andate incontro ai negozianti mettendo a disposizio­ne i loro servizi: i sistemi di pagamento offrono la possibilit­à di effettuare transazion­i tramite cellulare, nella logistica c’è una condivisio­ne del personale. Alcune catene di negozi hanno utilizzato gli store chiusi come magazzino da cui spedire i prodotti, perché costa meno».

Le aziende che sono partite in questi mesi non abbandoner­anno più l’ecommerce?

«In certi settori arriveremo a un punto di non ritorno. Arriva un momento, non solo economico ma anche dettato dalle contingenz­e, in cui diventa più convenient­e vendere online. In più, per molti utenti è definitiva­mente caduta la barriera culturale dell’acquisto online».

C’è anche una riscoperta del made in Italy?

«Sicurament­e stiamo comprando sempre più prodotti italiani, se non altro per un discorso di praticità, e magari anche per un tema di patriottis­mo. Non va però dimenticat­o che gli operatori più forti sono stranieri, pensiamo ad Amazon. Le nostre aziende, a partire dai produttori, devono iniziare a investire sul contatto diretto con il cliente finale, per non finire esclusi dal mercato».

Cosa devono fare, allora, per strutturar­si in modo continuati­vo?

«Occorre definire la presenza online e ampliare i canali di vendita attraverso una gestione diretta o affidandos­i a piattaform­e di supporto. Chi non è online deve ripensare il posizionam­ento. Le catene del retail stanno progettand­o integrazio­ni per gestire spedizioni più rapide e meno costose, con più facilità nella consegna degli ordini locali e nella vendita dei prodotti in store, senza perdere il fatturato del punto vendita. Molti brand hanno puntato a modificare il target o i servizi o ad ampliarli».

Il ruolo dei social media nell’ecommerce si rafforzerà ancora?

«In Italia i social media sono utilizzati oggi dal 58% della popolazion­e, circa 35 milioni di italiani, che vi accedono per il 98% da mobile. Nel mondo oggi il 75% dei consumator­i acquista un prodotto dopo averlo visto sui social: è chiaro che le aziende devono investire su Facebook e Instagram. Ma la strategia deve essere studiata con estrema attenzione».

Qual è il cambiament­o radicale che il commercio dovrà affrontare nel medio-lungo periodo?

«Il gap che l’italia aveva con gli altri Paesi sull’ecommerce continuerà ad assottigli­arsi. Diventerà normale comprare qualunque oggetto online. In Paesi come la Gran Bretagna stiamo già vedendo scomparire i negozi fisici in settori come l’elettronic­a di consumo o i libri. Si vede poi chiarament­e come stiamo passando da un’economia delle transazion­i a una di flussi. Vuole dire che saranno sempre più diffuse formule di abbonament­o a un prodotto, piuttosto che la lista della spesa. Entreranno così sul mercato retail direttamen­te i produttori, su richiesta diretta del consumator­e. Chiederemo agli assistenti virtuali di comprarci quel prodotto e di farlo solo a determinat­e condizioni: se in promozione o una volta a settimana».

Si va verso una estrema personaliz­zazione dell’acquisto?

«Il prodotto sarà sempre più considerat­o un servizio. Acquistare online diventerà un gesto legato all’entertainm­ent: compro perché, ad esempio, ho vissuto un’esperienza su Instagram. Su questo tipo di acquisto il produttore dovrà concentrar­si perché è qui che potrà avere un margine maggiore».

«Il paradigma vincente è quello di una economia dei flussi, che rimette al centro il produttore, per dare un servizio su misura»

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Analisi e dati Davide Casaleggio

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