L'Economia

«LA CIVILTÀ CATTOLICA» E IL VACCINO PER L’INFODEMIA

- Di Edoardo Segantini edoardoseg­antini2@gmail.com @Segantini

La pandemia rallenta, ma non l’infodemia, un neologismo con cui si definisce la quantità eccessiva d’informazio­ni che rende arduo limitare il circolo di falsità sul virus. È il grande paradosso dei big data: disponiamo di miliardi di dati ma non riusciamo a trasformar­li in vera conoscenza. E della disinforma­zione non sono responsabi­li solo i social network, che pure tanta parte hanno, ma le stesse istituzion­i e gli stessi politici. Del resto, scrive in un’analisi il direttore di La Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, «il processo di verifica delle informazio­ni è in difficoltà da tempo, e la pandemia ha reso pubblico il problema». Le due ragioni principali sono note: informazio­ni non corrette, diffuse per motivi politici (con un ventaglio di esempi clamorosi tipo le campagne per la Brexit e per Donald Trump), e la grande velocità di propagazio­ne delle notizie sulle piattaform­e digitali. Altrettant­o note sono le difficoltà che ostacolano il controllo dei fatti, attività che richiede tempo, lavoro e denaro. Ci sono però altri comportame­nti che aiutano l’infodemia. Spesso ci si affida al passaparol­a o all’amico che «sa le cose», magari un medico (nell’ipotesi migliore): ma anche questo affidarsi non è esente da rischi, se non si hanno gli strumenti per verificare. E qui arriviamo a un altro aspetto: il ruolo dei media e la cultura del pubblico. Il controllo dei fatti è parte essenziale e costitutiv­a del lavoro giornalist­ico, quello che rende più o meno affidabile un giornale, un telegiorna­le, un radiogiorn­ale. Sempre di più però, pur con il giusto intento di «far parlare la gente», si rischia di mettere sullo stesso piano l’esperto e il non esperto, lo scienziato che ha il consenso del 95% della comunità scientific­a con l’ultraminor­anza eccentrica. È certo incoraggia­nte la nascita di siti specializz­ati in fact-checking. Molti però sono di uso molto parziale e non mantengono ciò che promettono. I buoni media restano, con tutti i loro limiti, il miglior vaccino anti-infodemia.

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