Hedge fund, ingresso più «popolare»
Assogestioni ha proposto al Mef di abbassare da 500 mila a 100 mila euro la quota minima per investire negli alternativi riservati, i fondi senza vincoli e con la possibilità di andare a leva. E intanto i nuovi Pir...
Abbassare la soglia da 500 mila a 100 mila euro per investire nei fondi alternativi riservati, gli hedge fund di casa nostra. Ovvero quei fondi destinati anche ad un pubblico privato con una notevole capacità patrimoniale e in grado di rischiare, oltre che di pazientare per ottenere dei risultati. La proposta, che Assogestioni, l’associazione dei gestori attivi sul mercato italiano ha portato al ministero dell’economia, mostra che se da un lato le famiglie italiane sono giustamente preoccupate e meno propense del solito a prendersi dei rischi, dall’altro è sempre utile lasciare aperta la porta delle opportunità. I gestori hanno intanto portato a casa in questi mesi il rilancio dei Pir, i Piani di risparmio esentasse concentrati su Piazza Affari per chi resta almeno cinque anni, e l’istituzione, ormai in dirittura di arrivo dei Pir alternativi, una versione dei Piani che investe prioritariamente in aziende italiane quotate molto piccole o addirittura in imprese non quotate.
La consultazione
«Se il Mef reputerà utile aprire un percorso di discussione sulla nostra proposta— spiega Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni — in genere si passa prima da una consultazione pubblica, per poi arrivare alla decisione finale».
Ma che cosa sono questi fondi? E come funzionano? Parliamo di 50 miliardi di asset (in Italia i fondi di tutti i generi hanno uno stock pari a mille miliardi circa) che hanno tre caratteristiche particolari, spiega Galli, e che sono stati regolamentati venti anni fa, quando ancora non c’era la Mifid e il mercato era molto diverso da quello che è oggi. La prima particolarità è che non hanno vincoli: possono investire dove vogliono. Inoltre hanno massima discrezionalità nello stabilire le regole di sottoscrizione e di liquidabilità delle quote. Possono per esempio stabilire scadenze mensili o anche più rare per chi volesse riscattare. Infine possono fare leva, indebitarsi, e quindi con i tassi bassi aumentare l’esposizione del portafoglio in modo efficiente. La proposta di riforma, inviata al ministro Gualtieri,potrebbe avere un impatto anche su un altro asset, i fondi immobiliari, che rappresentano altri 57 miliardi e che, per il momento, sono soprattutto fondi chiusi riservati. «Sarebbe un modo ulteriore per allargare al mercato retail le possibilità di investimento
In dirittura di arrivo i piani di risparmio esentasse che possono investire anche in piccole aziende non quotate
oggi offerte solo agli attori istituzionali», spiega ancora Galli. Che poi illustra le linee guida dell’idea che renderebbe l’italia simile a quanto accade in altri Paesi europei dove per questi prodotti non c’è una soglia oppure, se c’è, è appunto intorno a centomila euro.
Il primo paletto è l’obbligo di acquistare questi fondi nell’ambito di un servizio di consulenza, e quindi a seguito di una valutazione di adeguatezza; il secondo limite riguarda la concentrazione del portafoglio finanziario dell’investitore in questi prodotti che non può essere superiore al 10-20%, che a fronte di una sottoscrizione minima iniziale di 100.000 euro, presuppone un consistente portafoglio finanziario, comprensivo non solo di strumenti finanziari e i depositi bancari ma anche i prodotti finanziari assicurativi.
«Nell’attuale contesto di mercato può essere un valore aggiunto, anche per rilanciare il Paese, il fatto che chi ha più possibilità, con una serie di tutele, possa investire in strumenti molto legati all’economia reale», conclude Galli.
Intanto, al netto dell’estrema volatilità dovuta alla crisi da Covid, Piazza Affari potrebbe tra poco accogliere l’effetto dei nuovi Pir (che potranno essere Eltif, fondi di private equity o alternativi) e che si aggiungono a quelli già noti, con un limite annuo di investimento per il 2020 di 150 mila euro.
Una proposta ad hoc con un richiamo «patriottico» al risanamento post pandemia che, in questa fase, dovrebbe rinsaldare il legame tra Tesoro e investitori. Il Btp Italia, in offerta da oggi e sottoscrivibile online potrebbe risultare più attraente per le famiglie. Per almeno tre ragioni.
La prima è che ci sono buone probabilità che la prima cedola, pagata il prossimo 15 novembre, possa beneficiare di un recupero dell’inflazione. Perché a quell’epoca, consumi e andamento dell’economia, potrebbero essere lanciati verso il ritorno alla normalità. Ne consegue che il flusso cedolare complessivo dovrebbe essere la somma della cedola minima stabilita venerdì pari a 1,40% (oltre il doppio rispetto all’ultima emissione pari allo 0,65%) e la rivalutazione semestrale del capitale, corrisposta, appunto, attraverso un ulteriore flusso cedolare. Nel caso il tasso d’inflazione si mantenesse su valori bassi, verrà accreditata la cedola minima garantita. A completamento del quadro, va ricordato che entro il 21 maggio, il Tesoro potrebbe ancora modificare il valore della cedola minima garantita, nel caso lo ritenesse opportuno: e la modifica può essere solo al rialzo.
La seconda ragione è la durata dell’emissione, cinque anni. Un arco temporale nel corso del quale il tasso d’inflazione dovrebbe gradualmente aumentare, consentendo a chi avrà il titolo in portafoglio di beneficiare di entrate da interessi semestrali di buon livello. L’ultima