L'Economia

E i prestiti green valgono 485 miliardi

- Ga. Petr.

Con una crescita del 51%, il 2019 è stato un anno record per i green bond, obbligazio­ni che raccolgono risorse destinate a finanziare attività a impatto positivo sull’ambiente e in particolar­e sul clima. E nel 2020 si attende un’ulteriore crescita di questo mercato, che nel primo trimestre può già contare su nuove emissioni a livello globale per 35 miliardi di dollari, contro un valore complessiv­o salito a 485 miliardi. Uno sviluppo favorito anche dalla nascita di nuove forme di obbligazio­ni, che vanno oltre il green.

La fotografia

Secondo i dati della Climate Bonds Initiative, nel 2019 le nuove emissioni di green bond (includendo anche i prestiti green) hanno toccato i 257,7 miliardi, dai 170,6 miliardi del 2018. Quasi 500 emittenti a livello mondiale, di cui la metà al debutto, hanno collocato sul mercato poco meno di 1.800 green bond. Tra i maggiori emittenti ci sono le grandi aziende, in particolar­e quelle non finanziari­e, che hanno raddoppiat­o le emissioni (da 29,5 miliardi a quasi 60) e rappresent­ano il 23% del mercato. Il mercato leader è quello europeo, con il 45% delle emissioni globali, davanti ad Asia-pacifico (25%) e Nord-america (23%).

A livello di singoli Paesi, in testa si trovano Stati Uniti, Cina e Francia. Fra le borse valori, invece, la leadership è del Lussemburg­o, dove nel 2019 sono stati quotati green bond per quasi 20 miliardi di euro. «Ma una delle novità più importanti di questi ultimi anni è stata la crescita costante delle emissioni statali — spiega Johann Plé, gestore del fondo Axa Wf Global Green Bonds —. In particolar­e, nel 2019 oltre all’olanda, il cui green bond sovrano è stato il primo di un Paese con rating AAA, sono entrati in questo mercato anche Cile e Hong Kong».

Un’altra tendenza che si va affermando è lo sviluppo di prodotti obbligazio­nari che vanno oltre il green. «Parliamo di bond assimilabi­li a livello concettual­e in tutto e per tutto a quelli verdi, che declinano però diversamen­te, anche nel nome, l’impatto che intendono produrre attraverso le attività finanziate — argomenta Plé —. Ne sono un esempio i sustainabi­lity bond, i social bond e gli SDGS bond, collegati agli obiettivi di sviluppo sostenibil­e dell’onu. Ma forse i più innovativi sono i transition bond, che finanziano attività non ancora definibili come green in senso stretto ma che vanno

Tra le novità il debutto degli Stati: dopo l’olanda, primo emittente con la tripla A, si sono fatti avanti anche Cile e Hong Kong

Yo Takatsuki, capo Esg research e Active ownership di Axa Im. Le società attente ai criteri Esg hanno retto meglio l’urto e oscillato di meno in questa crisi

comunque nella direzione di un’economia a minore tasso di emissioni di CO2».

Lo scopo

Johann Plé è convinto che i transition bond possano contribuir­e a canalizzar­e investimen­ti più rispettosi dell’ambiente da una più ampia gamma di settori industrial­i e possano rafforzare lo slancio in corso contro il cambiament­o climatico: «Tuttavia, al momento non rientrano nella nostra filosofia d’investimen­to in quanto finanziano progetti di energia da combustibi­li fossili. Piuttosto, in Axa continuiam­o a concentrar­ci su obbligazio­ni verdi di emittenti con una strategia ambientale credibile e progetti significat­ivi. In particolar­e, guardiamo con interesse soprattutt­o al debito emergente, che inizia a essere molto attraente, anche se dovrebbe continuare a incorporar­e una volatilità più elevata visto che non beneficia della potenza di fuoco di Fed e Bce. Tant’è che la nostra esposizion­e verso quest’area è arrivata a rappresent­are circa il 12% del portafogli­o».

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