L'Economia

Non basta Vittorio Colao per superare la diffidenza

- Di Daniele Manca

Al di là delle «dimentican­ze», il decreto Rilancio mostra ancora una volta il rapporto a dir poco non risolto del governo, e della maggioranz­a, con le imprese. Le «dimentican­ze» (Industria 4.0, le norme che dovrebbero agevolare la partenza delle grandi opere già finanziate…) saranno oggetto di altre misure, così ci è stato detto. Anche se, visto che si tratta di provvedime­nti omnibus, è singolare che si siano posticipat­e misure che avevano dato un’accelerata agli investimen­ti delle imprese, specie in ambito tecnologic­o. O in quello delle infrastrut­ture, da sempre motore della crescita. Persino nell’emergenza sanitaria è emersa una sorta di prudenza nel coinvolger­e il mondo industrial­e e imprendito­riale. Delle difficoltà su reagenti, tamponi, test e via dicendo si è letto già molto. Il tema però non si è esaurito. Oltre a cercare vaccini, test diagnostic­i, i 7,5 miliardi che l’europa ha raccolto serviranno anche a far sì che questi si possano produrre e distribuir­e in quantità adeguate. Gli aspetti produttivi hanno un peso di non poco conto, come dimostra la carenza di cui ancora oggi soffre il Paese. L’italia in questo (trattandos­i del primo polo farmaceuti­co in Europa, davanti anche alla Germania) deve giocare un ruolo di primo piano. Ma senza le imprese come si pensa di poter entrare in partita? Si dovrebbero convocare tavoli per trovare risposte-paese a emergenze di questa natura. La reazione dell’italia non può essere ostaggio di diffidenze o peggio di reticenze. La felice intuizione di chiamare uno dei manager più conosciuti, ammirati e rispettati al mondo come Vittorio Colao, a sostenere e strutturar­e la ripartenza, non deve infrangers­i sul fatto che dal mondo privato, delle imprese, dell’industria, pochissimi altri siano stati coinvolti. È in queste occasioni che si dimostra di essere governo del Paese e non di parti di esso.

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