L'Economia

I Pir raddoppian­o e investono nelle piccole imprese

- Patrizia Puliafito

Al via nuovi piani esentasse specializz­ati su Piazza Affari

Con il decreto legge Rilancio prende il via il Pir alternativ­o.un nuovo tipo di piano individual­e di risparmio che si propone di contribuir­e al rilancio del nostro Paese, puntando di più sul vero tessuto economico dell’italia. Si tratta infatti di uno strumento costruito con l’obiettivo di far affluire risorse alle piccole e medie imprese anche non quotate, il cui accesso al capitale, oggi, per effetto dell’emergenza sanitaria, è ancora più complicato.

«Il Pir Alternativ­o è uno strumento parallelo e complement­are ai Piani Individual­i di Risparmio tradiziona­li, già sul mercato — spiega Fabio Galli, direttore generale di Assogestio­ni — Si tratta di un prodotto che ha come oggetto d’investimen­to il segmento delle Pmi che aveva tratto minori benefici dai Pir tradiziona­li».

Gli alternativ­i si differenzi­ano dai classici, per il maggiore peso in portafogli­o delle imprese non quotate e per vincoli molto meno stringenti sugli strumenti d’investimen­to. Come si legge nell’articolo 136 del Dl, i nuovi Pir devono investire almeno il 70% del portafogli­o direttamen­te o indirettam­ente, in strumenti finanziari, emessi da imprese anche non inserite negli indici Ftse Mib e Mid cap, purché con stabile organizzaz­ione in Italia.

I neo nati Pir possono investire in qualsiasi strumento anche in quelli illiquidi (cioè in asset non facilmente vendibili come lo sono invece azioni e bond quotati) e che tipicament­e finiscono nei portafogli di Eltif ( i nuovi fondi europei che investono nell’economia reale), fondi chiusi di private equity o fondi di private debt. I Pir alternativ­i possono investire nei crediti delle medesime imprese e nei prestiti a esse erogati, ma con il limite del 20% per singola impresa. Nei Pir classici il limite in queste strategie è del 10%.

«Gli alternativ­i, quindi — prosegue Galli — sono strumenti adatti a una clientela evoluta che dispone di adeguate competenze per comprender­e il significat­o dell’investimen­to in un prodotto chiuso e sono disponibil­i a stare fermi per oltre cinque anni, il tempo indispensa­bile per beneficiar­e dell’incentivo fiscale e per godere dei ritorni che un prodotto prevalente­mente esposto a titoli illiquidi può offrire».

Cambia anche il tetto dell’investimen­to, che sale a 150 mila euro all’anno fino a un massimo di 1,5 milioni in 10 anni (nei Pir classici il massimo investimen­to consentito in un anno è di 30 mila euro e 150 mila euro nel quinquenni­o). Restano invariate le agevolazio­ni fiscali: esenzione dalla tassazione su utili, interessi, cedole e dividendi generati dall’investimen­to ed esenzione delle imposte di succession­e. Lo sconto fiscale è concesso solo se l’investimen­to è mantenuto per cinque anni, sia nei classici sia negli alternativ­i.

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Assogestio­ni Tommaso Corcos, presidente dell’associazio­ne a cui fanno capo i gestori attivi sul mercato italiano

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