Ignazio Visco
«L’evasione fiscale è ancora molto forte e, anche per questo, l’italia ha bisogno di una riforma profonda della tassazione», ha spiegato il governatore di Bankitalia nelle Considerazioni finali di via Nazionale
Di una riforma fiscale complessiva quindi c’è urgente bisogno. Più di quando ancora non sapevamo cosa fosse una pandemia. Ma diversamente da quanto accadeva fino a qualche mese fa, la riforma fiscale deve oggi essere parte integrante della strategia di ricostruzione del Paese. E quindi non c’è dubbio che l’irpef vada riscritta, come molte altre parti del sistema tributario: l’equità verticale è ancora un miraggio e il profilo di progressività dell’irpef è insoddisfacente e colpisce solo alcuni redditi mentre l’iniquità orizzontale è una realtà fin troppo evidente. Ma nel farlo sarà necessario disegnare una struttura di incentivi in grado di avvicinare le donne ed i giovani al mercato del lavoro — ad esempio, introducendo l’età come un fattore su cui basare la tassazione — e rendere alle imprese più conveniente irrobustire i mezzi propri ed investire. Il che sottolinea come l’imposta sulle società richieda oggi un intervento almeno altrettanto significativo, passando alla tassazione degli utili distribuiti. Non riducendo, quindi, ma spostando nel tempo la tassazione degli utili aziendali. Se la direzione di marcia fosse questa, tre temi — fino ad oggi trattati, più che con cautela, con pavidità dalle classi politiche degli ultimi decenni — diverrebbero ineludibili.
Primo: le spese fiscali. È difficile stimarle con precisione ma il loro valore non è lontano dal 10% del Pil. Per ragioni anche comprensibili e legittime, negli ultimi mesi si sono moltiplicate. Forse non era possibile nell’emergenza fare altrimenti, ma se l’obiettivo è la crescita, è necessario imboccare una strada diversa. In un lavoro recente uno di noi ha messo in evidenza come il numero delle spese fiscali sia fortemente correlato ad alcune variabili strategiche come il disavanzo e il