Invece della banca, i prestiti dai fondi «Ma date anche a noi la garanzia pubblica»
L’impennata dei capitali privati alle aziende
Decollano i prestiti privati alle imprese, proposti dai fondi di private debt in alternativa alle banche. Il tasso medio è intorno al 5%, più alto dunque di quanto si possa ottenere in questo periodo in un istituto di credito, considerate le linee agevolate del decreto Liquidità. In cambio, le aziende hanno un finanziamento su misura, in diverse forme (dai bond al classico prestito a rate) e l’affiancamento di un partner non solo finanziario, che può aiutarle a crescere, anche all’estero. Nel 2019, dicono i dati Deloitte-aifi, gli investimenti di private debt hanno toccato gli 1,31 miliardi, il quintuplo dai 276 milioni del 2015 e il 28% in più dal 2018.
Il numero di operazioni nei cinque anni è più che quadruplicato da 60 a 252. Quasi un terzo dei finanziamenti (74 operazioni su 252) è andato a beni e servizi industriali, seguono il manifatturiero-alimentare (30) e il medicale (21). Con la crisi da Covid-19 il fenomeno si sta allargando. La rac «In questo momento ci sono tantissime richieste — dice Anna Gervasoni, direttore generale dell’aifi, che raduna i fondi di private equity, venture capitale e private debt, e professore di Economia e gestione delle imprese all’università Cattaneo-liuc —. Gli operatori continuano a lavorare, ma stanno esaurendo i soldi e fanno fatica a fare raccolta. Perciò abbiamo chiesto al governo di dar loro una mano».
Le proposte
Due le proposte dell’aifi: estendere a questi fondi l’incentivo fiscale previsto per fondi pensione e casse di previdenza, come detassazione del capital gain, introdotto nel 2017. E introdurre un credito d’imposta per i fondi pensione e le casse di previdenza che investano in questi fondi alternativi, in proporzione all’ammontare del credito. «Potrebbe avere un effetto volano importante sull’economia reale — dice Gervasoni—. Questo è il classico debito su misura ritagliato sull’impresa, con rate o sottoscrizioni di emissioni obbligazionarie. Un debito stabile e e di medio-lungo periodo, concentrato sui distretti industriali italiani e spalmato su tutto il Paese. Chiediamo che questi fondi siano inseriti fra le asset class del pacchetto a tassazione zero per fondi pensione e aziende. E che possano accedere alle garanzie pubbliche di Sace e del Fondo centrale previste per i prestiti bancari».
La condizione per la concessione di questi prestiti richiede un piano industriale di crescita, il bilancio deve essere in utile. Fra le aziende alle quali sono andati questi finanziamenti emergono finora le medie taglie. L’anno scorso, per esempio, la piemontese Venchi (cioccolato) è stata finanziata con 5 milioni di private debt da Amundi fondo sviluppo export; l’emiliana Mgm Mondo del Vino con 15 milioni da Anthilia; il gruppo edile Psc, Basilicata, con 5 milioni da Riello Investimenti Impresa Italia. E ancora: l’industria farmaceutica galenica senese ha ricevuto 5,5 milioni da Green Arrow Debt Fund; la lombarda Oleodinamica Marchesini 23 milioni di Muzinich Private debt fund; la toscana Dedalus, comunicazioni ed elettronica, 30,9 milioni da Tikehau. Nella tecnologia informatica lavora anche la veneta Global display solutions in cui ha investito 8 milioni Mediobanca, erogatrice anche di 10 milioni alla lombarda Imi Fabi, chimica e materiali.
Nel medicale sono state finanziate la casa di cura Santa Maria Maddalena di Vicenza (7 milioni da Anthilia) e il gruppo torinese Primo (8,2 milioni da Equita Private debt). «In un caso su quattro sono aziende che hanno già fra gli azionisti un fondo di private equity», dice Gervasoni. Chi chiede un finanziamento di private debt, volendo, può trovare un azionista.