RISCATTO AGEVOLATO DELLA LAUREA, QUANDO CONVIENE (E CHI DEVE EVITARLO)
Trasformare in contributi gli anni di studio, pagando poco più di 5 mila euro l’anno, e anticipare così la pensione, è un’idea che tenta moltissimi dipendenti. Ma attenzione: in alcuni casi non conviene. E con il passaggio al calcolo contributivo, meno conveniente, il risparmio attuale viene rapidamente vanificato. Ecco, caso per caso, come funziona
Il riscatto della laurea è sempre in cima ai pensieri delle persone che lavorano. E la possibilità di averlo con un forte sconto — pagando solo poche migliaia di euro per ogni anno di studio — aumenta ancora di più l’interesse. Ma bisogna fare bene i conti. Per capire se conviene davvero ed evitare brutte sorprese economiche o legate alla tempistica. Il rischio in qualche caso è di spendere e non arrivare al risultato di anticipare la pensione (vedi box con le elaborazioni di Progetica) oppure di avere una rendita decisamente più bassa di quella ottenibile continuando a lavorare fino a raggiungere i requisiti previsti.
La tendenza, con il passare degli anni, è che si andrà in pensione sempre più tardi. E per di più con bel divario tra il primo assegno pensionistico e l’ultimo stipendio. Ecco allora che si guarda alle possibili soluzioni o per rendere più sostanziosa la rendita o per anticipare la data di addio al mondo del lavoro rispetto agli attuali limiti di età anagrafica e contributiva: 67 anni di età (64 per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996) per la pensione di vecchiaia, o 41/42 anni e 10 mesi di contributi per la pensione anticipata di donne ed uomini. Requisiti che tra l’altro possono salire perché agganciati alle speranze di vita.
Una delle strade percorribili è proprio quella del riscatto del corso di laurea, che può essere richiesto con la procedura ordinaria oppure con la formula light (è stata introdotta nel 2019).
Con la procedura ordinaria, il costo del riscatto dipende dal livello degli stipendi: per un dipendente si può ipotizzare il 33% dello stipendio lordo percepito nei 12 mesi precedenti la richiesta. Quindi, il conto può essere piuttosto salato. Anche se è possibile rateizzare la spesa fino a 120 mesi, godendo però nell’immediato del beneficio della deducibilità al 100% di quanto versato. Con la formula light, invece, il costo del riscatto si abbassa notevolmente ed è pari a 5.264 euro per ogni anno di laurea. Per un corso di cinque anni bastano 26.320 euro, con la possibilità sempre godere della deducibilità al 100% e di rateizzare in 10 anni.
Le regole
Il nuovo regime agevolato prevede la possibilità di riscattare tutti gli anni di studio, eccetto quelli fuori corso, indipendentemente dal periodo di frequenza. Con la circolare numero 6 del 22 gennaio 2020, infatti, l’inps ha esteso la possibilità del riscatto agevolato della laurea anche ai periodi di studio prima del
1996 (non devono però essere stati versati più di 18 anni di contributi fino al 1995), quando era in vigore il sistema retributivo. In pratica del riscatto light, che prevede il pagamento di una sorta di cifra fissa e non più legata strettamente agli stipendi percepiti al momento della domanda, possono beneficiare anche coloro che avranno la pensione calcolata con il sistema misto, il più vantaggioso retributivo per gli anni fino al 1995, e contributivo dal 1996 in poi. Il vantaggio di pagare meno però comporta una scelta dolorosa, optare per il calco della pensione interamente con il sistema contributivo decisamente meno vantaggioso, come dimostrano gli esempi qui sotto. Il riscatto della laurea, normale e agevolato, è praticamente aperto a tutti, anche solo per periodi parziali (non per gli anni fuori corso), a due condizioni. In primis, l’arco temporale degli anni di studio non deve essere coperto da versamenti contributivi. E poi, al momento della domanda il contribuente deve essere titolare di almeno un contributo obbligatorio nell’ordinamento pensionistico in cui viene richiesto il riscatto. Quindi, non può presentare domanda chi non ha mai versato contributi all’inps (per esempio gli iscritti unicamente alle casse professionali). Fanno eccezione i soggetti inoccupati.