Il ruggito del Leone salva Verona
L’operazione Verona rafforza Generali nel controllo del territorio e taglia la strada ai concorrenti esteri sul mercato domestico. Accolte le indicazioni dell’authority
Con il blitz su Cattolica, Generali ha avviato la seconda operazione di consolidamento nel mercato finanziario italiano, i cui principali protagonisti si dimostrano così tutt’altro che disposti a stare alla finestra e a lasciare occasioni e spazio a soggetti internazionali. Mentre Intesa riceve l’ok Consob per l’offerta su Ubi, il Leone annuncia la partnership strategica che porta Trieste a essere azionista di riferimento con il 24,5% (appena sotto la soglia d’opa) nella compagnia di assicurazioni presieduta da Paolo Bedoni, che si avvia a cambiare statuto, governance e trasformarsi da cooperativa in spa. In entrambi i casi non si tratta di operazioni che cambiano la morfologia dei gruppi che le hanno decise e costruite e del mercato: non sono analoghe ai grandi M&A che avevano portato Generali a rilevare l’ina nel Duemila o Intesa a unirsi con il San Paolo-imi nel 2006. Oggi Generali capitalizza circa 20 miliardi e Cattolica, anche dopo il balzo seguito all’annuncio, 870 milioni circa; Intesa vale ora intorno ai 30 miliardi e Ubi poco più di 3. Sono dunque investimenti che vengono effettuati per crescere, consolidare leadership e, soprattutto nel caso della Cattolica, anche per confermare un presidio sul mercato domestico.
Il dossier
Il dossier relativo alla compagnia in difficoltà circolava da qualche tempo e con esso anche i nomi di possibili gruppi interessati, fra i quali l’italiana Vittoria assicurazioni, le francesi Axa e Groupama e la tedesca Allianz. Generali ha colto l’opportunità e il group ceo Philippe Donnet ha presentato l’operazione in consiglio, che ha approvato la decisione all’unanimità con l’assenza dei rappresentati dei gruppi azionisti Caltagirone e Del Vecchio.
Generali si è impegnata a diventare socio rilevante con il 24,5% di Cattolica attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da 300 milioni, condizionato alla trasformazione della compagnia in spa. Il Leone parteciperà poi pro quota all’ulteriore aumento da 200 milioni destinato al mercato, facoltà che consentirà a Trieste di mantenere per il momento invariata la partecipazione.
Il tutto si svolgerà in tempi relativamente brevi. L’assemblea straordinaria convocata dal board di Cattolica delibererà entro fine luglio le modifiche statutarie e di governance e quindi in autunno si procederà agli aumenti, riservato e non.
Le richieste Ivass
La doppia ricapitalizzazione consente a Cattolica di procedere secondo le prescrizioni dell’ivass: l’authority di vigilanza sulle assicurazioni guidata dal direttore generale della Banca d’italia Daniele Franco, ha imposto che la compagnia procedesse subito all’aumento per rimettersi in carreggiata con gli indici patrimoniali, il solvency ratio, scivolati ai limiti a causa delle oscillazioni dello spread provocate dal Covid, cadute di valore che hanno avuto un impatto sui 14 miliardi di Btp che Cattolica ha in portafoglio. Impatto già peraltro “attenuato” dal fatto che la compagnia rispetto al 2018 aveva ridotto la quota dei titoli di Stato dal 70 al 55% degli investimenti. Per Cattolica dunque l’operazione si configura a tutti gli effetti come un salvataggio, sebbene la compagnia, che ha vissuto anche un periodo travagliato nella governance dopo la rottura con l’ad Alberto Minali, presenti buoni fondamentali: nel 2019 ha confermato il risultato operativo di 350375 milioni e conseguito un utile di 120, accantonato a riserva.
Ed è anche guardando ai fondamentali che Generali ha deciso di non indugiare nell’operazione. Che è stata impostata come forte partnership industriale. Su aree “care” a Donnet, che le ha indicate come pilastri nel piano strategico: rafforzamento in Europa, in questo caso in Italia; crescita nell’asset management (parte del portafoglio investimenti di Cattolica sarà gestito da Generali) e nei rami danni; ampliamento dell’offerta di servizi
Al momento, con il primo step dell’operazione, Trieste «rileva» 3,5 milioni di clienti a meno di 100 euro l’uno
L’intervento proposto da Donnet approvato all’unanimità dal board Assenti i rappresentanti dei gruppi Caltagirone e Del Vecchio
tecnologici (Iot e telematica per auto, casa, imprese); sviluppo del business salute; riassicurazioni. Per ottenere questi obiettivi attraverso la partnership con Cattolica, Generali investirà, anche partecipando all’aumento non riservato, circa 350 milioni, un decimo dunque delle disponibilità riservate dal piano industriale, pari a 3,5 miliardi, alla crescita attraverso acquisizioni.
Un investimento che potrà avere ritorno economico per Generali in tempi relativamente brevi (si pensi anzitutto all’asset management) e che comunque rappresenta una buona finestra dal punto di vista finanziario. Cattolica oggi, dopo il rialzo di circa il 30% seguito all’annuncio, quota meno di 5 euro, contro gli oltre 7 prima del covid e gli oltre 8 di un anno fa. Facendo un calcolo semplice Generali mette sul tavolo 350 milioni per diventare azionista di riferimento con un quarto del capitale di una società che ha 7 miliardi di premi (la Country Italia del Leone ne ha per 24,2 miliardi), è il settimo gruppo assicurativo italiano e il quinto nei danni, ha una rete di 1.400 agenzie circa, di cui la maggioranza nel Centro Nord, e conta su 3,6 milioni di clienti. Si potrebbe dunque dire che Trieste al momento “paga” meno di 100 euro a cliente. Anche se è forse meglio sottolineare “al momento”, perché siamo alla Fase 1. Quando tutte le condizioni saranno realizzate il Leone potrebbe anche decidere di passare a una fase avanzata.