PER NON SCOTTARSI PROTEZIONE ALTA
Un’azienda su sei si ritiene a rischio sopravvivenza, ma l’investimento in polizze può calare per la scarsa liquidità. Soluzione: prodotti nuovi. La ricerca Cerved-aiba
Evitare che le aziende affrontino la crisi «da sole e senza rete». Al tempo del coronavirus, la sfida per il settore assicurativo è aiutare le imprese a non sottovalutare i rischi: sia che si tratti di tutelarsi rispetto a catastrofi naturali, hackeraggi o nuove pandemie. Una necessità ben inquadrata dall’ultima indagine Cerved per Aiba, l’associazione di riferimento per i broker assicurativi, che pone l’accento sull’aumento dei rischi per mancata assicurazione dell’impresa. I dati — anticipati in esclusiva all’economia del Corriere della Sera — verranno presentati il 30 giugno durante l’assemblea generale dell’associazione: sono uno strumento utile per capire come le aziende italiane stiano affrontando la crisi economica post Covid-19. Premesso che un’azienda su sei considera a rischio la propria sopravvivenza, il 66,5% degli imprenditori spiega che metterà in atto cambiamenti organizzativi importanti.
I timori
A preoccupare «il Paese che produce» è soprattutto la ridotta liquidità che potrebbe tradursi in un calo degli investimenti sulle polizze assicurative. Con danni per l’intero settore delle polizze che nel 2018 valeva 145 miliardi di euro, di cui 16 miliardi realizzati dai broker. «Se da un parte, con la crisi le aziende sono state messe di fronte alla loro vulnerabilità — dice Luca Franzi, presidente di Aiba —, dall’altra la mancanza di risorse potrebbero indurle a ridurre la spesa assicurativa. Paradossale in un momento di grande fragilità per tutto il sistema». I rischi di mancata assicurazione, secondo l’analisi, interessano soprattutto le micro-imprese e quelle realtà attive nei settori maggiormente colpiti dal lockdown: turismo, automotive, ristorazione e costruzioni. La preoccupazione dell’associazione è che proprio nel momento del bisogno le aziende rinuncino a tutelarsi. «C’è un tema di cultura assicurativa mancante — sottolinea Franzi —. In Italia rispetto ad altri Paesi europei siamo sottoassicurati del 50%: la copertura assicurativa non è vista come strategica dall’imprenditore. In più le coperture per i danni ai beni sono tassate al 22,25%, il che non incoraggia la sottoscrizione».
I contratti
Storicamente, poi, gli imprenditori preferiscono assicurare i beni tangibili: dai macchinari alla fabbrica. Si spiega così la scarsa popolarità delle polizze per i danni indiretti, una garanzia sul mancato fatturato per il blocco dell’attività che in pochissimi sottoscrivono.
«Il problema è anche la poca chiarezza delle polizze — dice Franzi —. Su questo gli assicuratori dovrebbero riflettere. Abbiamo un impianto della contrattualistica estremamente farraginoso e questo non aiuta le imprese a fidarsi dell’assicuratore». In questo contesto, secondo il presidente di Aiba, diventa centrale la consulenza del broker che, potendo operare con qualsiasi compagnia assicurativa, deve guidare l’impresa verso soluzioni il più possibile su misura. «Certo, nei prossimi mesi ci aspettiamo una riduzione della raccolta per via delle difficoltà economiche dei clienti, ma vediamo anche nuove opportunità di dialogo con gli imprenditori», aggiunge Franzi. Ora che le aziende sono portate a investire sul digitale, ad esempio, acquisiranno sempre più importanza le polizze legate alla cybersecurity o all’impresa 4.0. E dovrà cambiare anche l’offerta assicurativa.
«L’automazione — dice Franzi — sta cambiando le nostre aziende. Ci sono fabbriche senza operai, eppure i danni per un errore da software che causa,