FABBRICHE APERTE VIAGGIO TRA RIPRESA E SOLIDARIETÀ
«Ancora fiducioso», si dirà Daniele Lago, a dispetto delle mille difficoltà attraversate con il lockdown, lo stop forzato dell’azienda, la chiusura dei negozi. «Fiducioso» perché per lui, una delle figure più originali del design italiano e perciò imprenditore simbolo del settore al di là dei volumi di fatturato (40 milioni, con 200 dipendenti), nel post Covid ci sarà ancora più spazio per una nuova idea del vivere e dell’abitare. E, dopo questa esperienza, non ha dubbi: l’intera industria del mobile saprà sfruttare al meglio la rivoluzione digitale che in questi mesi ha cambiato il modo di approcciare le cose.
L’appuntamento è per il 29 novembre. Nonostante le difficoltà, molte aziende già pronte a presentarsi ai cittadini
Ritorna Open Factory, la manifestazione che vuole far capire l’importanza della nostra manifattura e il suo ruolo anche sociale. Quest’anno una sezione dedicata ai campioni della lotta al Covid. Domani l’anteprima su corriere.it
Storie
Michele Moltrasio di Gabel, a sua volta uno dei brand più conosciuti del comparto cui appartiene - comprende i marchi Gabel1957, Somma1867, Vallesusa,
Pretti –, racconterà perché la sua azienda è considerata una «sartoria industriale», come la qualità del made in Italy permette di essere competitivi nel mondo della biancheria per la casa. Giuseppe Conti, di Saib, azienda piacentina di Caorso da 123 milioni di euro di fatturato nel 2018 racconterà come perfino sui pannelli truciolari si possa fare innovazione e qualità. E poi, ancora, Alberto Nicolini, amministratore delegato di Castagna Univel, leader nella produzione di packaging alimentare con sede a pochi chilometri da Codogno, prima zona rossa d’italia: lui, che durante tutta la fase del lockdown ha dovuto lavorare anche il sabato e la domenica per garantire il confezionamento dei prodotti destinati alle nostre tavole, racconterà quale l’importanza abbia avuto in quel periodo difficile tenere aperta l’intera filiera produttiva dell’agroalimentare e di una serie di altri settori. E ancora: Walter Bertin, che con la trevigiana Labomar fa ricerca e produzione di integratori alimentari e dispositivi medici conto terzi (per 57 milioni di ricavi), e la cui storia è un po’ il paradigma delle tante altre che Open Factory 2020 vuole raccontare. La storia cioè di come, nel pieno dell’emergenza, imprenditori come Bertin abbiano riconvertito parti delle loro fabbriche per produrre e mettere a disposizione gratuita delle forze dell’ordine, che ne erano sprovviste, gel igienizzanti (per esempio, nel caso specifico: in altri si è trattato di mascherine, o di camici e tute usa-e-getta per medici e infermieri). Dopodiché, la scoperta è stata che dalla linea produttiva temporanea-d’emergenza poteva nascere una produzione stabile, da aggiungere a quelle già presenti. La Labomar l’ha avviata. Oggi ha un nuovo settore di business.
Saranno questi imprenditori e queste aziende — in rappresentanza di tante altre che hanno già aderito e stanno confermando la loro partecipazione a Open Factory, l’opening di cultura industrial-manifatturiera organizzato da L’economia e Italypost, in calendario quest’anno per domenica 29 novembre — che domani mattina alle 11, racconteranno in una diretta streaming trasmessa su Corriere.it perché, soprattutto in questo 2020, è importante che ogni imprenditore apra anche solo per mezza giornata le porte della sua azienda al pubblico.
Certo, in una fase come questa dedicare energie a un opening richiede sforzi, coraggio e capacità