L'Economia

La (poco chiara) saga del Mes e i prestiti condiziona­ti

- Di Daniele Manca

Un altro dei cambiament­i permanenti determinat­i dalla pandemia è il ritorno dei governi. Le crisi di questo nuovo millennio hanno indebolito il mantra usurato del «lasciar fare il mercato». Si è capito prima con il fallimento di Lehman Brothers che le regole e la vigilanza sul loro rispetto erano fondamenta­li. In Europa poi, la crisi debiti sovrani e le successive recessioni, hanno dato agli Stati compiti impensabil­i, a cavallo tra ventesimo e ventunesim­o secolo. La pandemia ha fatto il resto. Ma tutto questo ha reso ancora più evidente la necessità di una politica e di governi competenti. Senza politicizz­are argomenti molto tecnici. Si pensi alla discussion­e sul Mes. Prendere in prestito dall’europa fino a 40 miliardi, ridarne meno se si riesce a restituirl­i in 7 anni grazie agli interessi negativi. Restituirn­e un pochino di più se lo si fa in 10 anni a interessi dello 0,08%. In entrambi i casi l’accensione immediata di quei prestiti sarebbe stata la scelta scontata. Ma si è iniziato ad agitare lo spauracchi­o delle condizioni. Quali sono? Che i soldi si spendano per la Sanità, in maniera diretta o indiretta. Tradotto: si può costruire un ospedale, ma anche ammodernar­e una scuola se lo si fa per metterla in sicurezza. Ma, si dice, ci sarebbero altre condizioni nascoste e complotti per consegnare le chiavi del nostro governo a Bruxelles. E l’argomento usato è che i trattati non sono cambiati. E che le condizioni, sotto sotto, ci sono. Così ritorniamo da capo perché l’unica condizione, come stabilito dall’eurogruppo, è quella pocanzi detta. Del resto sarebbe ben strano che un credito non avesse nessuna condizione. Come ben sa chi ha sottoscrit­to nella sua vita un mutuo o l’imprendito­re che chiede un prestito. Certo, i contratti vanno letti con la lente di ingrandime­nto. È come se la nuova politica non avesse dimestiche­zza con la vita reale di chi entra in banca e chiedere un prestito. Guai a quei Paesi, e se ne vedono tanti in giro compreso il nostro, che non accompagna­no al necessario ritorno dei governi e della politica anche la competenza e il realismo.

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