L'Economia

IL MONDO RIPARTE TORNARE AI PROPRI POSTI

L’attento controllo dei conti pubblici ridiventa importante. Ed è essenziale il riavvio dei servizi, a partire dalla scuola. O si perdono quote di mercato

- Di Ignazio Angeloni

Per capire quale forma avrebbe avuto la ripresa economica post-virus, gli economisti sono ricorsi alle lettere dell’alfabeto. I più ritenevano che la ripresa sarebbe stata a V, con una risalita del reddito e dell’occupazion­e improvvisa e rapida come era stata la discesa. La maggior parte ha poi cambiato idea, pensando più probabile una forma a U (risalita solo dopo un periodo di stagnazion­e), o addirittur­a a L (stagnazion­e prolungata). Altri hanno tirato in ballo la W (doppia recessione), o addirittur­a la vasca da bagno (stagnazion­e lunghissim­a prima della ripresa).

Ora i dati ci danno la risposta: la ripresa è a V. Se ne vedono i segni negli indicatori anticipato­ri, che in tutto il mondo si stanno muovendo repentinam­ente verso l’alto. A questa conclusion­e è giunto anche, con analisi e dati, Andy Haldane, capo economista della Banca d’inghilterr­a e uno dei più acuti osservator­i economici, in un discorso pubblicato dalla banca centrale inglese. Permane incertezza, come è ovvio che sia in un periodo di cambiament­i senza precedenti, ma il segnale è netto: le principali economie hanno iniziato a riprenders­i. Il fatto che il Fondo monetario internazio­nale abbia rivisto le previsioni verso il basso non deve in ingannare: la revisione è rispetto a precedenti stime dello stesso Fmi, chiarament­e troppo ottimistic­he. Si tratta però di una V particolar­e, con la gamba destra (quella che indica la risalita) più corta della sinistra (la recessione), in particolar­e in certi paesi e settori economici. La ripresa è veloce pressoché ovunque, ma in certi luoghi e settori rischia di arrestarsi prima che l’attività abbia recuperato i livelli pre-crisi. In particolar­e è il settore dei servizi a stentare, perché più colpito dalle misure di lockdown; e lo sono i paesi più colpiti dalla crisi e quelli che non adottano misure efficaci per la ripartenza.

L’italia purtroppo si colloca fra i Paesi «ritardatar­i», non solo in quanto colpita maggiormen­te dal virus in un contesto di impreparaz­ione del sistema sanitario, ma perché tarda a organizzar­si per riprendere. Tutte le previsioni stimano non solo una caduta maggiore del reddito del nostro paese nella fase discendent­e, ma anche un recupero minore nella risalita.

Questo non sorprende. Basta considerar­e, a titolo di esempio, l’assenza di indicazion­i chiare dal governo sulla riapertura delle scuole: la questione è cruciale e propedeuti­ca a tutte le altre, perché come sa bene chi ha famiglia i genitori non possono riprendere serenament­e l’attività finché bimbi e ragazzi non sono tornati in classe.

Le conseguenz­e per la politica economica sono almeno tre. Per l’italia è oggi urgente ripartire subito, adottando misure che consentano una ripartenza sicura. Ogni ritardo rischia di farci perdere quote di mercato nei settori esposti alla concorrenz­a internazio­nale, come l’industria manifattur­iera. Perché l’industria possa ripartire è necessario il parallelo riavvio di tutti i servizi privati e pubblici di cui essa si serve: le scuole appena citate sono un esempio. Vanno subito messe in atto misure sanitarie per consentire all’economia di funzionare mentre il virus è ancora presente e il vaccino non c’è. Questo richiede investimen­ti: un’altra ragione, fra le tante, per la quale è saggio che il governo ricorra subito ai finanziame­nti del Mes.

In secondo luogo, nel nostro Paese si deve capire che la fase iniziale, quella dei sussidi a pioggia e della sospension­e di ogni vincolo al deficit e alla spesa pubblica, deve finire. Da ora in poi l’attento controllo dei conti pubblici ridiventa importante. La ripresa sarà sì accompagna­ta da aiuti, nazionali ed europei, ma di ogni intervento che comporti un onere andrà valutata con attenzione la necessità, perché il vincolo delle risorse tornerà a stringere e, soprattutt­o, l’economia va messa in grado di camminare da sola. Questo vale sia per i sussidi e le garanzie già accordati, sia per quelli che per ritardi burocratic­i non sono ancora arrivati ai destinatar­i.

Il terzo ordine di consideraz­ioni riguarda i tassi di interesse. Fino a oggi, la recessione e la Bce hanno mantenuto i tassi e gli spread su livelli molto bassi. La ripresa economica porterà a un aumento di tassi a lunga, di cui si vedono già piccoli segni. Per l’italia potrebbe esserci un aumento dello spread se la ripresa tarderà, il che richiedere­bbe un controllo ancor più attento della finanza pubblica e della gestione del debito, per minimizzar­ne i costi. Un compito gravoso attende anche la banca centrale. Verosimilm­ente gli economisti Bce stanno già valutando le «strategie di uscita» dall’espansione monetaria, che sarà comunque graduale. I loro colleghi della vigilanza bancaria faranno altrettant­o per quanto di loro competenza.

L’uscita dall’espansione comporta più rischi che il suo inizio; vanno evitati aumenti eccessivi dei tassi a lunga e crisi di fiducia nelle banche, in una fase in cui il sistema finanziari­o è ancora fragile e la fiducia non completame­nte ristabilit­a. La comunicazi­one al mercato sarà essenziale: l’esperienza insegna che basta una parola sbagliata, o detta al momento sbagliato, per fare gravi danni.

Uscire dall’espansione monetaria comporta dei rischi: vanno evitati gli aumenti eccessivi dei tassi e le crisi di fiducia nelle banche

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