11 ANGELA MERKEL IL GRAN FINALE
L’economia e il modello «austero» cambiano gli equilibri dell’unione. Berlino sempre più potente
Forse è bene che i partiti italiani — tutti — predano o riprendano in mano la questione tedesca. Non succederà che lo facciano volontariamente. Ma l’evoluzione economica e politica in Europa, successiva alle prime fasi della pandemia, lo imporrà comunque. Perché la Germania sta prendendo il centro di tutto ciò che accade nella Ue e attorno a essa: per gestione della crisi sanitaria, per ripresa economica, per stabilità politica, per modello di governance finanziaria. E, soprattutto, per una capacità di leadership che non si era vista da decenni, forse superiore a quella di Helmut Kohl quando impose al mondo la riunificazione tedesca nel 1990. Al cuore di tutto, Angela Merkel.
Il caso spesso si diverte ad accelerare cronaca e storia: nei prossimi sei mesi, Berlino avrà la presidenza di turno del Consiglio dell’unione europea e avrà la chance di guidare il continente in una fase nuova. Proprio nel momento in cui, all’uscita dai lockdown, la Germania si trova molto rafforzata relativamente ai partner europei. In questo semestre si dovranno decidere quantità e modi del Recovery Fund e quantità e modi del bilancio 2021-2027 della Ue. A fine anno, il Paese sarà ancora più egemone di prima. L’unico in grado di dare una prospettiva alla Ue.
I risultati
Il fatto che la Germania abbia contato circa novemila morti da Covid-19 — contro i 35 mila italiani, i quasi 30 mila francesi, i 28 mila spagnoli — segnala una struttura statale (federale) che tutto sommato ha funzionato, almeno in campo sanitario. Senza dubbio meglio di altre. Sul versante dell’economia, la Germania ha subito colpi, ma sembra decisamente in fase di ripresa. L’ifo di Monaco prevede per il terzo trimestre dell’anno una crescita del 6,9%, seguita da una del 3,8% nel quarto, dopo che il Pil è calato del 2,2% e dell’11,9% nei due primi trimestri del 2020.
Su base annua, il calo complessivo sarà del 6,7% rispetto al 2019 e secondo l’ifo sarà seguito da una crescita del 6,4%. Significa che alla fine del 2021 il Pil tedesco avrà quasi recuperato il livello dell’anno scorso. La disoccupazione, salita dal 5 al 5,9%, dovrebbe tornare al 5,6% l’anno prossimo. Pochi dei maggiori Paesi europei riusciranno a fare qualcosa del genere.
Questi risultati sono il prodotto di più fattori. Da una parte, la struttura industriale tedesca è robusta. Sempre l’ifo segnala che l’indice delle aspettative degli esportatori è passato dai meno 26,7 punti di maggio ai meno 2,3 punti di giugno: con i settori auto e farmaceutico tra i più ottimisti.
E, per quel che riguarda i consumi interni, il governo Merkel ha deciso un taglio dell’iva strutturato in modo intelligente. In un’analisi pubblicata su lavoce.info, Francesco D’acunto, Daniel Hoang e Michael Weber notano che la riduzione dell’iva del 3% decisa dal governo di Berlino è entrata in vigore immediatamente dopo che è stata annunciata e scadrà a fine dicembre. Si evita così il rinvio degli acquisti in attesa che scatti la riduzione della tassa e si spinge chi deve comprare a farlo in fretta: il governo invita a spendere nel momento in cui l’economia ne ha più bisogno. Un provvedimento — dicono gli autori dello studio — molto più efficace di altri.
In parallelo, il governo tedesco ha deciso una serie di aiuti alle persone e alle imprese colpite dalla crisi che, tra interventi diretti e garanzie, supera abbondantemente i mille miliardi. Questo, rispetto alle altre economie europee che stanno ricevendo uno stimolo molto inferiore, non significa solo che tra un anno o due la differenza di efficienza tedesca sarà presumibilmente ancora maggiore. È un segnale politico potente, anche se oggi molti stentano a riconoscerlo: vuole dire che il modello di Berlino degli anni scorsi, quasi unanimemente criticato ,in Italia e non solo, perché «austero», si è dimostrato vincente.
Avere avuto surplus del bilancio pubblico e un debito sotto controllo ha significato potere spendere massicciamente nel momento della crisi e della necessità: l’ifo prevede un deficit di 175,8 miliardi quest’anno (5,4% del Pil) e di 76,5 miliardi il prossimo (2,2% del Pil). È un insegnamento che nei prossimi anni informerà la conversazione sulle regole di bilancio non solo in Germania ma in tutta Europa.
I governi europei dovrebbero avere chiaro che la «svolta» di Berlino non sta nell’abbandono dei bilanci in ordine, che anzi si sono dimostrati assolutamente necessari per avere risorse da impiegare nei momenti di crisi. Dovrebbero avere chiaro che, dunque, la «svolta» non significa che d’ora in poi la nave europea veleggerà felice nel mare del debito con la bandiera tedesca. Dovrebbero avere chiaro che è vero il contrario: servono conti in ordine negli anni buoni per potere costruire la famosa Resilienza necessaria nelle crisi. Anche questo è un fattore di egemonia non di poco conto: è il modello tedesco che si afferma nel momento più difficile.
La performance della Germania nella pandemia non può coprire le pecche economiche del Paese. Il settore auto, portante, è in piena fase di transizione, con incognite sul futuro. Il sistema bancario è frammentato e fragile. La concorrenza nei servizi è bassa. Il caso Wirecard ha ricordato che il modo di fare business non è sufficientemente trasparente e che gli intrecci tra affari, politica, agenzie di regolazione sono ancora troppo stretti. E la relazione economica con la Cina e il suo mercato è un problema che rimane al centro delle preoccupazioni di Merkel, di fronte all’aggressività crescente di Xi Jinping. Nel complesso, però, il Paese uscirà prima e meglio dalla crisi da virus rispetto alla maggior parte degli altri. Ed entro fine anno il quadro dell’aumentata egemonia sarà probabilmente ancora più chiaro, se non completato.
Durante la presidenza di turno della Ue, Merkel sarà nella condizione, volente o meno, di tessere nuovi equilibri. In qualche modo andrà incontro ai Paesi del Nord, frugali, con qualche concessione e qualche convincimento sul Recovery Fund: d’altra parte sono già legatissimi a Berlino, in economia come in politica. La trattativa sul bilancio settennale della Ue le darà la possibilità di soddisfare molte delle domande di risorse avanzate dalle Nazioni dell’est, anch’esse già nella sfera d’influenza economica tedesca. Il Recovery Fund sosterrà (e vincolerà) i mediterranei, alcuni dei quali — l’italia — sono già pienamente interni alle catene di produzione con il cuore in Germania. Il tutto con il motore dell’asse Berlino-parigi riacceso anche se non a pieni giri.
Germania al centro di tutto. Più di prima. È il gran finale di Angela Merkel, la sua eredità.