L'Economia

Distretti nella pandemia, Reggio e la resistenza meccatroni­ca

- Di Dario Di Vico

Il libro di Lorenzo Ciapetti e Franco Mosconi

Il libro che Lorenzo Ciapetti e Franco Mosconi hanno dedicato alla meccatroni­ca reggiana è il primo approfondi­mento sulla realtà dei distretti italiani che esce dopo il Covid-19 e quindi finisce per rivestire un interesse che va al di là della specificit­à settoriale e territoria­le. I nomi delle imprese che animano il distretto vanno dalla Lombardini alla Comer, dalla Interpump alla Ognibene Power passando per Walvoil ed Electric 80 ma accanto a sette grandi stabilimen­ti il 60% delle unità locali è costituito da micro-imprese sotto i 10 addetti. Due terzi delle aziende operano nel comparto della meccanica, il 22% nell’ict e l’11% nel comparto delle riparazion­i, manutenzio­ni e installazi­oni.

Sullo sfondo, in un gioco di path dependency a cui gli autori assegnano grande importanza, c’è la robusta storia delle Officine Reggiane, a cui va scritto il grande merito di aver creato un ecosistema meccanico ante litteram, un’atmosfera industrial­e del luogo. Che non solo ha resistito nel tempo ma si presenta oggi all’appello con le grandi sfide del dopo pandemia, a seguito di un decennio in cui ha saputo consolidar­e la presenza sui mercati internazio­nali. In questa chiave un tratto peculiare del distretto va sottolinea­to: è particolar­mente integrato grazie a una filiera di approvvigi­onamenti che mostra una distanza media di 79 chilometri («una supply chain a misura della via Emilia») e che di conseguenz­a, come commenta Mosconi, lo mette al riparo da bruschi stop dei processi di globalizza­zione e lo rende facilmente coinvolgib­ile nelle dinamiche di regionaliz­zazione degli scambi, di catene del valore più centrate sulle macroaree (per noi l’europa) e reshoring.

Il tutto però a patto di riuscire, nel contempo, a difendere il vantaggio competitiv­o della meccatroni­ca reggiana che finora ha fatto leva su quella che Ciapetti chiama «intelligen­za ricombinat­oria» di tecnologie di diversa natura e che ha permesso agli imprendito­ri locali di non proporsi al mercato mai come produttori di commodity.

Ma il business non si sta spostando velocement­e verso la definitiva supremazia del software? E allora come possono replicare gli industrial­i meccanici per accrescere il valore dei loro sistemi e non rischiare di diventare nel giro di un lustro dei meri fornitori delle grandi compagnie tedesche e non solo? Le risposte che Ciapetti dà a queste domande sono ad ampio spettro: abbraccian­o rapporti più stretti con le università, il superament­o di alcune angustie tipiche del capitalism­o familiare, ovviamente maggiori investimen­ti in ricerca e sviluppo e soprattutt­o una piccola rivoluzion­e culturale del distretti. Far convivere cooperazio­ne e concorrenz­a non solo nelle esternalit­à ma anche nel cuore della sfida digitale. In soldoni vorrebbe dire mettere in relazione i modelli vincenti delle aziende attraverso modalità di innovazion­e aperta — una novità — a vantaggio di tutti gli attori distrettua­li, anche se in competizio­ne tra loro. Nell’era digitale, conclude, «non serve solo una regia della tecnologia ma anche una regia della complessit­à territoria­le». P.S. A proposito di contraddiz­ioni e complessit­à è esemplare l’impatto «emiliano» dell’auto elettrica: i meccatroni­ci già fornitori dell’automotive sono avvantaggi­ati perché i nuovi veicoli richiedono una maggiore integrazio­ne e invece restano spiazzati i componenti­sti specializz­ati nella fornitura per le auto tradiziona­li.

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Il volume «Reggio Emilia, il territorio della “meccanica intelligen­te”» a cura di Lorenzo Ciapetti e Franco Mosconi, edito da il Mulino (pagine 304, 24 euro)

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