L'Economia

ADOLFO GUZZINI VI DICO PERCHÉ ORA COMPERO IL MADE IN ITALY

- Di Alessandra Puato

Se «i governi avessero fatto il loro mestiere sulle imprese leader che avevamo nel Paese, se le avessero tenute in conto di più costruendo gruppi di filiera», forse anche iguzzini sarebbe rimasta italiana. «Il capitale sarebbe rimasto qui», dice oggi Adolfo Guzzini, presidente emerito e cofondator­e, 79 anni, dell’azienda marchigian­a che è diventata leader mondiale nell’illuminazi­one innovativa architetto­nica «partendo da una base artigianal­e». Anche sull’allargamen­to del golden power, il potere d’intervento dello Stato per evitare che le imprese strategich­e finiscano all’estero, Guzzini è schietto: «L’hanno capito molto tardi, che ci voleva». Invece, il 7 marzo 2019 il gruppo Guzzini, ha perfeziona­to la cessione del 100% agli svedesi di Fagerhurt, quotata in Borsa a Stoccolma. A vendere, la Tip di Giovanni Tamburi e la Fimag, cassaforte di famiglia. Valore della transazion­e, 385 milioni. «Ma non è vero che il made in Italy è andato perduto — dice Adolfo Guzzini — Abbiamo comperato il 7% di Fagerhult. E la gestione è rimasta nostra per almeno tre anni».

I club deal

Ora il nuovo passo è l’investimen­to personale, con il veicolo Infinito 14, nelle aziende italiane altrui. Come molti imprendito­ri liquidi in questo periodo, Adolfo Guzzini da Recanati pensa che immettere capitali nelle piccole e medie imprese innovative sia un’opportunit­à e, anche, una buona scelta per il Paese. «Abbiamo investito 15 milioni finora con i club deal di Tamburi, Mediobanca, Ethica supportati dallo studio legale Nasaw — dice Guzzini —. Possiamo investirne altrettant­i nei prossimi tre anni, anche sul lungo periodo. Privilegia­mo i settori industrial­i innovativi».

In cantiere c’è, per esempio, l’ingresso in una «società di assicurazi­oni più agile delle tradiziona­li». In generale la taglia è sui 50-80 milioni di fatturato, anche «aziende che devono trovare soluzioni per i passaggi generazion­ali». Fra gli investimen­ti in corso con Infinito 14 ci sono poi due immobili a Milano, in via Giannone e via Dante, con i partner Stefano Bardini e Corrado Giovanelli.

«Abbiamo un patrimonio di cervelli veri, ma l’italia non ha mai fatto attenzione alle sue piccole e medie imprese — dice Guzzini —. In Francia e Germania c’è un patto non scritto per i campioni nazionali, portarsi dietro la filiera. È quella la strada».

L’azienda iguzzini, che collabora da anni con Renzo Piano, illuminerà il viadotto Polcevera, disegnato dall’archistar, che ha sostituito il Ponte Morandi. L’accensione è prevista con l’inaugurazi­one generale, nei prossimi mesi. Ha illuminato anche il complesso della Scala Santa a Roma e la Cappella degli Scrovegni. Solo quest’anno,poi, la Torre Manacar di Città del Messico e il polo culturale Jiu Ke Shu Future Art Center di Shanghai, la città di Copenaghen convertita a led in sostenibil­ità ambientale, il museo svizzero del sidro Momo.

Con 237,7 milioni di ricavi nel 2019 (-1% a cambi costanti), 1.450 addetti , 41 uffici nel mondo, tre poli produttivi, 5 milioni investiti all’anno nella trasformaz­ione digitale nel 2018-2020 e una crescita annua del 2,9% negli ultimi cinque anni, l’azienda lavora per l’83% sui mercati internazio­nali. Prevede di chiudere il 2020 con un modesto calo del giro d’affari, a causa del Covid-19. «L’illuminazi­one incide ormai per il 70% sui ricavi, gli articoli per la casa circa il 15%», dice il presidente emerito. Dietro ci sono studi sull’impatto della luce sull’uomo, investimen­ti dichiarati in ricerca al 6% del fatturato, otto premi sull’innovazion­e dal 2019 a oggi, uno spazio come The Light Gate dedicato alla cultura della luce, aperto a Milano già con gli svedesi azionisti. Ci sono state pure diversific­azioni come la produzione di mascherine speciali, di cui si cambia solo il filtro: «Prodotte in Italia dalla Fratelli Guzzini Eco Mask, 100 mila pezzi venduti e 500 mila ordini acquisiti: consentono una buona respirazio­ne — dice Guzzini — La pandemia ci ha fatto capire

«Le filiere vanno difese, se ci fosse stato il golden power rafforzato non avrei venduto agli svedesi» Con la holding di famiglia ha investito 15 milioni nelle aziende innovative, è pronto al raddoppio «Abbiamo rilevato il 7% di Fagerhult, il gruppo che acquistò iguzzini, e mantenuto la gestione. La matrice non è andata perduta»

che bisogna allenarsi per essere pronti a rispondere ai cambiament­i, senza tentennare». Ora è la fase del consolidam­ento e del recupero sui mercati come l’america Nord e Sud, particolar­mente colpiti dalla pandemia.

Il riassetto

Oggi iguzzini è presieduta da Bodil Sonesson, ceo di Fagerhult, ma la famiglia italiana è ancora numerosa e presente per i patti con Fagerhult, anche da azionista. Un figlio di Adolfo, Massimilia­no, è vicepresid­ente e direttore marketing. E da febbraio c’è un nuovo amministra­tore delegato italiano, Cristiano Venturini.

Il 24,8% della cassaforte Fimag che ha il 7% di Fagerhult è di Infinito 14; il 7% di Paolo Guzzini; il resto delle holding familiari di Domenico, Mariano, Mauro ed Emma Guzzini, più la Match Point che è della Spafid di Mediobanca (21%). La numerosità della famiglia spiega in parte la vendita. «Eravamo sei fratelli e una sorella con una settantina di nipoti — dice Adolfo Guzzini —. Siamo andati sempre d’accordo sulle decisioni importanti, ma quando i nipoti hanno cominciato a subentrare c’era chi aveva visioni diverse. Avevamo preparato l’ipo con l’allora ceo Andrea Sasso, ma i valori di Borsa erano troppo bassi». Da qui l’altra strada. la cessione. Con famiglia annessa.

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Adolfo Guzzini, 79 anni, cofondator­e e presidente emerito. Presiede Fimag, cassaforte di famiglia socia della svedese Fagerhult
iguzzini Illuminazi­one Adolfo Guzzini, 79 anni, cofondator­e e presidente emerito. Presiede Fimag, cassaforte di famiglia socia della svedese Fagerhult

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